-Capitolo 23-

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Deian:"È morta

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Deian:
"È morta." Afferma Santo, mentre scalcio con la scarpa il corpo privo di vita della dottoressa Norma, il quale rotola sul pavimento a pancia in su. Il corpo mostra i vari maltrattamenti che ha subito.
Subito chiudo gli occhi, sospirando pesantemente.
Sono uno figlio di puttana certificato ma io non torturo le donne, Santo però è una testa di cazzo che non la pensa come me.
Mi volto di spalle passando la mano sul cenno di barba in modo irritato.
"Era una spia." Mi dice accigliato per il disagio, mentre anche nostro cugino fa capolino nel magazzino.
"Chiudi la bocca." Lo fulmino con lo sguardo.
Comincio a giocare nervosamente con il piercing.
Non mi piace la violenza sulle donne e sui bambini, è una cosa che mi ha sempre infastidito e lo sanno tutti.
Santo dopo se la vedrà con me.
"Deian, di quel figlio di puttana non c'è traccia in città, i nostri uomini stanno setacciando tutti i quartieri per catturarlo." Mi informa Adrian poco dopo, con le mani nelle tasche della tuta di Gucci.
Annuisco perché immaginavo che Jonas non si facesse trovare facilmente.
L'antimafia lo starà coprendo, ma finché non lo troveremo e non metteremo fine a questa caccia abbiamo pensato di assegnare una guardia personale per Talìa.
Lei non si accorgerà minimamente di averla intorno, è solo per una questione di sicurezza.
Anche se mi fido di lei non voglio che la interroghino, potrebbero farle del male per costringerla a parlare.
La scorsa sera presentarsi al locale è stata una grande cazzata da parte sua, ma sono riuscito ad ascoltare tutta la conversazione con Adrian e con Santo, ho dovuto farlo.
Ero nascosto proprio nella stanza accanto alla loro, e giuro che in vita non mi sono mai sentito tanto orgoglioso di una persona come lo ero nei confronti di Talìa in quel momento.
È stata fedele, proprio come aveva giurato sin dall'inizio.
Dal primo momento ho capito che quella ragazza era il mio riflesso, la mia copia in miniatura.
Se soltanto fossimo nati in un altro contesto lei sarebbe già la mia donna, perché Talìa è esattamente quello che non avrei mai immaginato di volere.
In certi momenti non posso fare a meno di pensare a come sarebbero andate le cose se ci fossimo conosciuti in tempi diversi.
Ma purtroppo non sempre la vita va come vorremmo.
Adesso voglio smettere di pensare a lei.
Devo dedicarmi agli affari e al mio futuro.
"I colombiani voglio vederci." Informo Santo e Adrian, che poco dopo scopro essere seduti intorno tavolo alle mie spalle, con una busta di coca sotto il naso.
Li guardo storto.
"È arrivata della merce nuova e ho deciso di aggiungere qualcosa al mercato, perciò organizzate l'incontro." Carico la pistola perché mentre sto parlando vedo Gabriel avanzare dall'entrata e  in compagnia di un tizio mal conciato, ed è allora che Santo e Adrian scattano al mio fianco.
Il malcapitato ha i capelli tinti di azzurro e i vestiti stracciati, cosparsi di sangue e fango.
Ripongo l'arma nel pantalone.
Peccato che abbia la lingua amputata.
"Mi stava seguendo." Gabriel torce le labbra in un sorriso crudele mentre inclino il capo per esaminarlo attentamente.
Si vede lontano un miglio che questo tizio è un coglione. Ed è anche uno dei pupazzi di Jonas, il figlio di puttana che pensa di incastrarci.
Qualunque sia la ragione per cui faccia questo lavoro, in questo momento credo proprio che stia cambiando idea altrettanto velocemente.
"Credeva che fossi talmente idiota da non capire che lavora per quel branco di pecore." Esclama Gabriel.
Porto le mani dietro la schiena, osservando il ragazzo scheletrico che trema dal basso.
Gabriel lo prende per il culo, il ragazzo non risponde.
Cerca però di gesticolare fino a quando Santo con un calcio lo fa gentilmente inginocchiare per terra.
Non gli do nemmeno il tempo di parlare che il coltellino svizzero che poco fa si trovava nella tasca del mio pantalone adesso si trova conficcato in un punto preciso della sua gola.
Dritto nella carotide, con una perdita di coscienza di cinque secondi e una morte dolorosa di dodici. Poi un colpo di pistola dritto dritto nella sua gamba.
Incomincia a dissanguarsi lentamente, mentre cade all'indietro e trascina le mani tremanti intorno al collo, tentando di urlare.
Il volto rosso e affaticato.
Rimango a contemplare la mia opera d'arte.
Il suo culo non sarebbe mai dovuto entrare in questo magazzino, quindi è dovuto morire per forza di cose.
L'amaro che ho in bocca mi porta a tirare indietro la testa, intanto che mi accendo una sigaretta. Bruno e il resto dei miei ragazzi, che prima si stavano allenando nella palestra del magazzino, decidono di assistere allo spettacolo insieme a noi.
Li sento ridere e dentro di me l'adrenalina scorre alla velocità della luce.
Questi ragazzi li ho cresciuti io. Sono gente che non ho niente da perdere, animali impazziti che ho imparato a controllare con il passare degli anni.
Li guardo di sottecchi e noto come godono del suo dolore in questo momento.
Poco dopo mi volto ed esamino ognuno di loro come se fossi la peggiore specie di predatore sulla faccia della terra. Le loro espressioni tornano infatti serie nel giro di mezzo istante, quando gli ronzo intorno con le braccia conserte.
"Chiunque provi ad intralciarmi la strada, farà la stessa fine. Ammazzerò tutti senza pietà se sarà necessario, perciò vi conviene non schierarvi contro di me. Non traditemi, mai."

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