-Capitolo 30-

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Deian:Santo e Gabriel bussano alla porta della mia camera per informarmi che mi aspetteranno in macchina una volta che sarò pronto

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Deian:
Santo e Gabriel bussano alla porta della mia camera per informarmi che mi aspetteranno in macchina una volta che sarò pronto.
Li ignoro ingoiando il cognac nel mio bicchiere per poi chiudermi in camera e cominciare a vestirmi.
Indosso una maglia di Valentino nera, attillata, un pantaloncino in jeans scuro e delle Jordan nere e bianche.
Dopo aver sistemato anche il Patek Philippe d'oro al polso, passo alla catena con la croce intorno al collo.
Ho appena finito di lavarmi, nella stanza riecheggia appunto l'odore del bagnoschiuma da uomo che utilizzo.
Per un momento mi torna in mente la discussione con Talìa perché il mio occhio ricade sulle lenzuola di seta che Perla ha cambiato poco fa.
Non voglio pensare a lei.
Non devo farlo. Anche se è dura.
Vado ad aprire la serratura della porta e allungo una mano nel quadro accanto per spostarlo leggermente e afferrare una pistola dal mio nascondiglio segreto dentro al muro.
Una volta sistemata nel retro del pantalone mi dirigo al posto auto dove mi stanno aspettando mio fratello e Gabriel.
Salgo alla guida e metto in moto mentre lascio entrare i due nella mia auto.
"Sei sicuro che siano gli uomini di Dominik?" Chiede Santo, lanciandomi un'occhiata dal lato del passeggero.
"Non lo so, ma chiunque siano, non erano i benvenuti." Ci sono stati dei problemi al locale.
Alcuni dei miei uomini hanno avvistato movimenti strani, in breve pensiamo che gli scagnozzi del padre di Katia siano entrati per studiare la situazione. Evidentemente stanno tramando qualcosa.
Il capo di questi stronzi, nonché il padre di Katia e Kesha si chiama Dominik, è uno zingaro turco ed è il cugino di mia madre, ma è capo di un clan criminale molto forte in Turchia.
"Sicuramente sarà incazzato per il regalo che gli abbiamo fatto." Commenta Adrian. Già, sono sicuro che sia per questo.
E non ha tutti i torti, dato che abbiamo strappato la vita di sua figlia e spedito il suo corpo su un aereo privato, diretto in Turchia.
"A proposito.." Santo si schiarisce la voce, mentre aggancia la cintura di sicurezza come un vigliacco.
Premo il piede sull'acceleratore soltanto per vederlo agitato. Probabilmente si ricorda che quando voglio riesco a farlo spaventare seriamente.
"Che femminuccia del cazzo!" Borbotta Adrian divertito.
Abbasso il finestrino e a seguire trascino una sigaretta tra le labbra. Oggi è una giornata piovosa, forse è per questo motivo che mi sento così rilassato.
"Smettila di fare il coglione! È una questione seria. Stamattina presto ho incontrato Fatima nel bel mezzo del corridoio." Dice mio fratello, rimembrando il fatto che domani mattina arriveranno i suoi esiti degli esami del DNA.
Sento questo nodo allo stomaco stringersi ancora di più quando mi ricorda della bionda.
"Devono arrivare gli esiti degli esami." E anche quelli di Talìa, penso tra me e me.
"Già." Rispondono in coro facendomi scattare lo sguardo sullo specchietto, per il loro tono preoccupato.
Hai miei occhi ovviamente non sfugge l'occhiata che si scambiano mio fratello e Adrian.
Vedo i loro sguardi, li capto e faccio lo stesso con i loro movimenti del corpo.
Poi un leggero barlume di panico attraversa i loro lineamenti, ma continuano a sembrare indifferenti.
"Che cosa c'è?" Domando di istinto. Santo sospira.
Io li conosco questi sguardi di intesa, e soprattutto conosco questi stronzi meglio delle mie tasche.
C'è qualcosa che devo sapere.
"Uhm.. Chantal mi ha detto di non dirti nulla." Mi irrigidisco frenando la macchina di colpo.
"Ma che cazzo!" Esclama uno dei due per l'irruenza con cui inchiodo, ma in questo momento non mi importa perché sono un pezzo di marmo. Talmente rigido da far fatica a voltare la testa per la paura che Talìa possa essersi esposta al pericolo.
"Di non dirmi cosa?" Le narici si dilatano mentre stringo forte il volante e guardo in faccia tutti e due.
Che cazzo stanno nascondendo?
Afferro bruscamente il polso di mio fratello.
"Parlate." I suoi occhi iniettati di sangue si incastrano nei miei, prima che nostro cugino si schiarisca a voce.
"Ti avverto Deian, se hai intenzione di farmi litigare con Chantal.." Adrian comincia a straparlare ma lo zittisco con uno sguardo.
Sospira.
"Abbiamo parlato con Fatima stamattina. A dir la verità è stato Santo a parlare con lei, che a quanto pare le ha riferito che ha sentito dire da Talìa che sarebbe andata a casa sua per cercare delle prove per quanto riguarda il rapimento dei genitori." Sento la vene del collo esplodere in questo momento.
Le avevo detto che avrei pensato io a tutto.
Perché non fa mai quello che le dico? Non ascolta. È una cazzo di ragazzina testarda e viziata.
"Senza protezione?!" Alzo la voce perché con tutti i problemi che sono emersi sarebbe folle una mossa del genere da parte sua.
Ma butto fuori l'aria dei polmoni quando Adrian scuote la testa in segno di negazione.
"Abbiamo mandato qualcuno a sorvegliarle. Non si accorgeranno di nulla e continueranno a giocare all'investigatore. Deian, la cosa migliore è lasciare credere a Talìa che ci stia aiutando in questa faccenda." Già. Lei non ama sentirsi una buona annulla, vorrebbe rendersi utile e il fatto di non poterlo fare la porta ad impazzire, soprattutto ora che si tratta dei suoi genitori.
Resta il fatto che Fatima non dovrebbe origliare le conversazioni altrui. Soprattutto, finché non avremo la certezza che è una di noi.
Poggio la testa contro il sedile, continuando a fumare la mia sigaretta e sciogliendo la tensione che si era formata nel mio corpo.
"Se mi state mentendo.." Inizio ma Santo mi interrompe l'attimo dopo.
"Ma porca di quella puttana Deian rilassati e fumati una canna. Pensi di avere a che fare con dei coglioni? Secondo te avremmo mai potuto lasciare le donne senza sorveglianza? Ti ricordo che c'è anche Chantal con lei." Faccio scrocchiare il collo, rivolgendo di nuovo lo sguardo sulla strada.
Cristo santo.
Ho bisogno di un posto in più dove poter incanalare questa rabbia, tutti questi problemi.
So che delle volte esagero, ma non è facile avere tutto questo sulle spalle.
In ogni caso, è giunto il momento di affrontare questa guerra interiore. Ho troppi problemi al momento ma non posso permettermi di perdere il controllo sul più bello.
Io non posso tirarmi indietro. Non sono nato per questo.
Quando metto in moto e riparto, osservo la pioggia cadere contro il vetro della macchina e formare delle piccole bolle che in seguito esplodono. Scorgo un piccolo barlume di sensi di colpa dentro di me se penso a Talìa.
Io la devo proteggere. Non posso lasciare che le capiti qualcosa perché morirei. E glielo devo.
Ricordo quando al Joia mi disse che voleva soltanto esibirsi senza andare a letto con i clienti, c'era una parte di me che si sentiva sollevata perché la volevo per me e per nessun altro.
Ma c'era un'altra parte di me, quella di cui sono sempre stato prigioniero, che voleva tirarla fuori da quel lavoro che non le si addiceva affatto.
Proprio per proteggerla.
Sin dall'inizio avevo capito che lei era quella giusta per me.
Tralasciando il fatto che quando si tratta di donne e bambini ho una certa debolezza. Non posso sopportare di vederli soffrire, forse per quello che ho passato con mio fratello, un po' per mia madre, ma con loro ogni istinto criminale mi abbandona.
Ho avuto tante lezioni. E poi Talìa, è intoccabile per me.
Oltre a questo, nient'altro di eclatante. I soldi non hanno mai fatto la mia felicità, questa è la triste verità.
Perciò, se sono così teso in questo momento è dovuto al fatto che tutta la mia vita si trova in quella casa del cazzo, e massacrerò chiunque pensa di potermela strappare.
"Tu devi fidarti di noi." Santo d'un tratto mi distrae dai pensieri. Non capisco perché mi stia dicendo questo ma io mi fido di loro, vorrei farglielo sapere. Altrimenti non sarebbero al mio fianco in questo momento.
In ogni caso rimango in silenzio e guido fino al Joia.

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