-Capitolo 6-

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IG: Scrittr1ceanonima_

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Talìa:
Quando mi sveglio sono le otto del mattino.
Oggi è domenica, dunque io e mamma solitamente ci dedichiamo alla pulizia della casa e a cucinare le nostre amate lasagne, mentre papà si occupa dei soliti conti per quanto riguarda le spese di casa. Se ne sta tutta la mattinata seduto davanti al computer.
Lo vedo abbattuto. Stanco.
Lui non lo sa, ma io sono a conoscenza dello sfratto. L'ho sentito parlare con mamma l'altra sera ed è stato terribile.
Non esiste dolore più grande di vedere la tua famiglia cadere sempre più giù, in quell'abisso della disperazione, e non poter fare nulla.
Mentre rifletto me ne sto sulla soglia del salotto con le mani infilate ai lati del cardigan grigio.
C'è un momento in cui mi sento in colpa per non aver potuto prevenire prima questa situazione, per non essermi diplomata e non aver scelto un futuro migliore. Ma persino all'epoca non c'era la possibilità economica per far sì che io continuassi gli studi.
Soprattutto dopo la morte dei miei nonni materni, visto che fino a quel momento erano loro che finanziavano la mia istruzione.
Adesso però mi sento ancora più in colpa per aver accettato un lavoro del genere, proprio ora che dovrei regalare soltanto soddisfazioni alla mia famiglia.
Glielo devo.
Ma non ho il coraggio di affrontare questo discorso con loro.
Mi vergogno.
L'unico motivo che mi spinge a tenere questo segreto è il fatto che lo stipendio perlomeno non sarà pietoso come al solito. Spero.
Il lavoro da queste parti scarseggia, e con il mio grado di istruzione devo accontentarmi di ciò che mi capita tra le mani.
È questione di occasioni.
Spesso, quando faccio questi pensieri mi domando come sarebbe stata la mia vita se non fossi nata nella miseria. Se al posto di abitare in un quartiere pieno di gente povera e tossica, fossi cresciuta in una villa circondata d'oro e da persone ricche, tipo quelle dei film. Oppure se avessi deciso di diventare un'infermiera, o un importante avvocato.
Sarebbe stato tutto diverso.
E probabilmente la mia mente non sarebbe così contaminata da ciò che ho visto nel corso dei miei diciannove anni, perché la malavita mi ha accompagnato sin dalla nascita, inutile negarlo.
In ogni caso non riesco a vedermi in un'altra versione.
Sono stanca, sì, però mi ritengo fortunata.
Perché nel mio mondo, nel mondo della gente che sopravvive per vivere, è un lusso avere anche solo un tetto sopra la testa.
So bene che la mia casa non è un bel posto da vedere, sono palazzi popolari sul punto di crollare, ma è la stessa struttura in cui ho passato tutta la vita, con una famiglia che ha lavorato duramente per mettermi del cibo sotto i denti.
Anche se non ho mai avuto cose carine.
E nemmeno i miei genitori, ma a prescindere da questo ci siamo sempre amati.
Perciò se c'è una cosa che la vita mi ha insegnato è proprio il fatto che non devi aspettare che vada via la tempesta, ma devi ballare sfacciatamente sotto la pioggia. E io l'ho sempre fatto tenendomi stretta la mia sanità mentale e il mio essere me stessa.
Io sono questa e non sono mai cambiata.
È così che deve funzionare in questo mondo del cazzo.
In questi dieci minuti tiro fuori tutti i pensieri più profondi di me stessa, ma poi papà mi riporta con i piedi per terra e la realtà riemerge, dolorosa.
Mi trovo nel salotto di casa mia. Una casa piccola ma accogliente e colorata.
Tutti noi la trattiamo come una reggia, sopratutto mamma che è fissata con l'ordine e la pulizia.
"Hai saputo dell'accoltellamento che c'è stato l'altro giorno? È successo proprio sotto il nostro naso, nel parco difronte casa. E con questo episodio siamo a quota nove, maledetti delinquenti!" Questa confessione di papà mi fa rabbrividire all'improvviso. Tanto che il suo sguardo sputa fuoco nel vedere il mio volto scioccato. Probabilmente starà pensando al fatto che un giorno potrei trovarmi io a posto del tizio accoltellato. Le immagini sono lì, nella sua testa.
Ormai lo conosco.
Infatti quando serra i pugni non è difficile capire il perché.
In ogni caso scuoto la testa per fargli capire che non ne so nulla di questa storia e lui sospira. L'attimo dopo apre il cassetto della scrivania. Mi lancia addosso una boccetta di spray al peperoncino lasciandomi a bocca aperta.
Non so da dove abbia preso questa robaccia ma ogni tanto mi sorprende.
"E questo?" Indico l'arma in questione mentre la esamino girandola tra le mani. Lui incrocia le braccia al petto e mamma si affianca a me, è confusa anche lei.
Ha le rughe sulla fronte quando la guardo.
"Ci vorrebbe più sicurezza da queste parti!" Esclama lei portando le mani sui fianchi, mentre sistema il mollettone tra i capelli.
"Già, ma nel frattempo che aspettiamo un miracolo, questo mettilo in borsa. Per precauzione bambina." Papà continua a fissarmi seduto davanti alla scrivania, lo fa come se non avessi scelta.
È molto serio. Infatti tossisce mentre attende che la sua adorata bambina lo rassereni.
Quindi faccio come dice e infilo lo spray nella borsa.
"Tu sei il mio orgoglio Talía, sei la mia gioia. Non vorrei mai che ti accadesse qualcosa di brutto perché potrei morire."

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