3. Sophrosyne

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Se resti dove sei non va bene,
sei complice del tuo dolore.

Becky.

Ero in un cimitero. Ero veramente in un cimitero. Pensavo che Forest Hills Cemetery si facesse per dire o che nei dintorni si trovasse un locale di cui ignoravo l'esistenza, invece no. Ero davvero in un cimitero, e stavo andando ad una festa.

Il lontano rimbombo della musica si faceva sempre più udibile mentre procedevamo più a fondo, dove la densità del verde degli alberi aumentava e diventava sempre più fitto intorno a noi. L'aria fredda pizzicava la pelle, costringendomi a stringere i denti e strusciare le mani tra di loro. Il fruscio delle foglie sotto i nostri passi si intrecciava al leggero ululato del vento, assumendo un tono inquietante con l'oscurità che ci avvolgeva.

Un brivido mi percorse la schiena, aumentando la tensione nell'aria e nella mia testa per quella stronzata che stavo facendo mettendo piede in quel posto.

«Ma é legale questa assurdità?» Sbottai ad un certo punto, incapace di tenere le parole in bocca.

Lily, con i suoi occhi grandi e i capelli biondi che sventolavano per il vento, rivolse lo sguardo verso di me. Era la ragazza che il primo giorno di scuola mi sedeva davanti. Dopo la lezione del professor Landon aveva cominciato a parlarmi, ed era stata così tanto insistente che avevo dovuto arrendermi alle sue grinfie. Erano tre giorni che non mi lasciava in pace, riempiendomi con la sua parlantina e costringendomi perfino ad andare a quella stupida festa.

Io ad una festa? Ma che mi salvata in mente?

«Non lo so, ma è una sorta di tradizione ad Harvard.»  Mi spiegò. «Dicono che da quando Jace Pressley ha preso il comando sia più divertente.»

Jace.

Il solo sentire pronunciare quel nome mi provocò un groviglio di sensazioni nello stomaco.

Mi fermai. Immobile e frenata sul terreno soffice, mi bloccai sui miei passi. Un forte istinto mi suggeriva di tornare immediatamente a casa, ma il ricordo di ciò che mi attendeva tra quelle mura mi fece optare per affrontare piuttosto un idiota viziato.

Magari neanche mi avrebbe notata, ed io mi stavo facendo delle paranoie inutili. Ci sarebbero stata un sacco di ragazze con cui avrebbe potuto giocare, perché doveva scegliere proprio me?

La determinazione prese il sopravvento sulla voglia di ritirarmi.

«Qualcosa non va, Becky?» Lily mi toccò un braccio, ma io mi scostai subito, balzando indietro.

Non doveva toccarmi, dannazione. Non c'era bisogno di toccarmi.

Un tensione abbastanza palpabile nell'aria si creò tra di noi, forse ero stata troppo brusca, ma non potevo spiegargli quanto odiassi il contatto fisico e soprattutto il perché.

«Scusa, io non...» Le parole mi morirono in gola, sentì il calore dell'imbarazzo pulsare sugli zigomi, quando mi resi conto che infondo non aveva fatto nulla di male.

Ma lei non capiva, nessuno capiva.

Lily sorrise leggermente imbarazzata, e si afferrò una ciocca di capelli tra le dita, restando in silenzio. Ce la stavo mettendo tutta per aprirmi, essere lì era già un enorme passo avanti, avevo bisogno dei miei tempi.

Esitai un istante ma poi scossi il capo, avanzai in silenzio con lei affianco e, giunte al punto d'arrivo, rimasi completamente spiazzata dalla visione che si stagliava davanti a noi.

Una parte del cimitero, proprio quella sotto la chiesa, era contornata da lanterne di vetro che illuminavano il buio spettrale e le lapidi di marmo. Al centro, proprio sulla croce creata in cemento sul terreno, si trovava una specie di piano bar pieno zeppo di alcolici illegali. La gente ballava, beveva e si ingozzava di alcool come se tutto quello, in un posto del genere, fosse normale.

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