26. Ego tu sum, tu es ego: unanimi sumus

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C'era qualcosa nei suoi occhi
che io non scorderò mai.

Jace.

Mi sedetti sugli scalini, accesi una sigaretta. Le mani tremavano, un fuoco ardente dentro di me mi rendeva difficile persino respirare. La testa piena di paranoie dopo aver scoperto una verità orribile, e quanto accaduto con lei poco prima era stata la goccia che aveva fatto traboccare il mio cazzo di vaso.

«Jace?» Cora, accanto a me, mi richiamò con voce preoccupata.

La sua mano si poggiò sul mio braccio, ma io la scansai in modo violento, ringhiandogli contro come se fossi un cane rabbioso e volessi morderla.

«Ei!» Tuonò Logan, difendendola.

«Vaffanculo.» Urlai in faccia anche a lui.

«Vuoi calmarti?» Esasperò lei.

Aspirai la sigaretta avidamente, ne trassi via quasi la metà, la testa pulsava dal dolore. Il petto bruciava, le vene sembravano esplodere mentre i polmoni si riempivano di veleno.

Ero andato a casa sua con l'intenzione di studiare la situazione e scoprire di più su Brad. Alla fine, il mio piano era andato a farsi fottere e nulla era andato come previsto.

«Allora?» Incalzò Logan.

Sapevo a cosa si riferiva, ma non ne volevo parlare. Tuttavia, dopo il grande aiuto che mi aveva dato, dovevo concedergli almeno una minima spiegazione subito.

«Evans è il mio vero padre.» Confessai a brucia pelo.

Logan mi guardò sconvolto, Cora si soffocò con la sua stessa saliva.

Avevo trascorso una notte insonne, cercando di capire come fosse possibile una cosa del genere. Non riuscivo a trovare un collegamento sensato. Avevo evitato mia madre come la peste prima di uscire di casa, e Deacon era scomparso nel cuore della notte.

Era tutto uno schifo.

Mi portai una mano sul petto, come se sentissi il cuore battere così velocemente da sfasciarmi tutto.

Il punto era che stranamente non ero incazzato per quello, ma il motivo principale, in quel momento, era solo lei. Era l'unica cosa che mi interessava.

In quell'istante, la vidi attraversare il confine di Harvard. Stringeva la borsa al petto come se fosse un rifugio, mentre il cardigan nero le conferiva un'aria elegante. I capelli volavano indietro col vento, le guance arrossate dal freddo e gli occhi blu pungenti come diamanti appuntiti.

Conficcai le unghie nella coscia, sentendo la gola graffiarsi solo al pensiero di quanto fosse accaduto poco prima.

«Jace?» Esasperò ancora Cora, piazzandosi di fronte a me. «Che cosa é successo? Parla, adesso.»

Lanciando un urlo soffocato, mi passai una mano sul viso leggermente sudato per il nervosismo e gettai il mozzicone per terra. Sentivo il calore ribollire nell'aria, come se ci fossero cinquanta gradi. Stavo impazzendo, completamente fuori di testa.

«Prende una cazzo di pillola anticoncezionale.» Sbraitai, senza curarmi che qualcuno potesse sentirmi.

Entrambi mi guardarono come se avessi appena sviluppato una testa extra, incapaci di comprendere.

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