45. Anima libera

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Lui é il mio sole,
mi fa brillare come diamanti.

Becky.

Strinsi tra le mani il bordo del mio vestito bianco, lasciando che la leggera stoffa scorresse tra le dita mentre giravo su me stessa con grazia. I miei lunghi capelli ondeggiarono nell'aria, danzando con il movimento e creando un'atmosfera di eleganza. Con attenzione, sistemai il fiocco che reggeva la parte superiore dei capelli, assicurandomi che ogni ciocca fosse al suo posto in modo che nessuna finisse davanti al viso mentre suonavo.

Infine, quando udii il rumore distante del portone che si chiudeva, annunciando il momento perfetto per scendere al piano di sotto, uscii velocemente dalla mia camera e mi fiondai sulle scale.

Con papà fuori per lavoro e mamma addormentata, con la quiete che regnava in casa, mi diressi con emozione verso la sala, pronta a lasciarmi avvolgere dalla melodia del mio amato pianoforte.

Con passi veloci tra le scale e lungo il corridoio, mi sporsi nella stanza. E lì, davanti a me, giaceva il mio giocattolo preferito: prezioso, senza tempo, pronto a regalarmi ancora una volta gioia e nostalgia.

Lo amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Schiarii la voce e scrutai l'ambiente con occhi sognanti, immaginando un pubblico tutto mio ad ammirarmi. Con un salto vivace, mi posai sullo sgabello leggermente troppo alto, pronta a iniziare la mia performance solitaria, sapendo che da lì a breve avrei avuto compagnia.

Con solennità, alzai la mano sullo spartito e voltai pagina. Mi concessi qualche secondo per ammirare i tasti del pianoforte, muovendo le dita come se le stessi riscaldando per il frenetico movimento che avrebbero presto intrapreso.

Esalai un respiro profondo e premetti sulle note; lentamente, la musica cominciò ad insinuarsi nella stanza, colmando ogni angolo, sia dentro di me che attorno. La sensazione di benessere si diffuse, permettendo a un sorriso di aprirsi sul mio volto mentre chiudevo gli occhi, cercando di concentrarmi completamente su quel momento.

«Bu!» Le sue labbra si sporsero sul mio orecchio, spettinandomi i capelli.

Sobbalzai, lasciando a metà la musica che si interruppe bruscamente.

«Jace!» Borbottai, incrociando le braccia al petto, indispettita.

La sua dolce risata riecheggiò nella stanza, e si sedette al mio fianco, togliendosi dalla testa il cappuccio della sua felpa nera.

«Che stavi suonando?» Chiese. «Mi sembra di non averla mai sentita.»

Scossi il capo.

«Ho trovato questo spartito tra i vecchi libri di mia madre 'sta mattina mentre lei non c'era, ho pensato di cambiare.»

Jace rimase in silenzio, inclinò il capo e mi fissò curioso. Adoravo il modo in cui mi osservava, mi faceva sempre pizzicare le guance per l'imbarazzo.

«Continua, mi piace.» Soffiò, accomodandosi meglio al mio fianco.

Fiera di me, drizzarsi la schiena, raccolsi le ciocche di capelli cadute in avanti e li portai dietro le spalle. Ripresi a suonare il pianoforte con maestria, muovendo le dita con precisione tra i tasti bianchi e neri, consapevole della presenza di Jace accanto a me, mentre la sua figura veniva delineata nell'atmosfera vibrante di melodia.

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