Eri in grado di
incendiarmi l'anima.Jace.
Mi fermai sul bordo della strada, parcheggiandomi vicino al cancello, e mi accesi una sigaretta, fissando l'ora sull'orologio che avevo al polso. Mi osservai intorno, nel buio della sera che ormai stava calando lentamente. Le mie dita sbattevano incessanti sullo sterzo della macchina, illuminato dai lampioni che mi circondavano.
Amavo la notte, mi sentivo a mio agio, era come se potessi liberare tutto quello che avevo dentro e dare spazio alla mia fantasia perversa e malvagia.
Quando visti lo scattare dell'apertura del cancello, accelerai, sbarrandogli la strada. Non sapevo nemmeno perché lo stessi facendo in realtà, volevo solo guardarlo negli occhi e vedere cosa nascondeva quel figlio di puttana.
Ci scambiammo sguardi carichi di tensione attraverso i rispettivi finestrini, io con uno sguardo assottigliato su di lui e lui con lo stesso intento, come se già sapesse che prima o poi sarebbe successo, che ci saremmo inevitabilmente scontrati. Non compresi il motivo, ma un senso di nausea mi salì in gola quando incrociai i suoi occhi bui e terrificanti. Poi, un ghigno si dipinse sulla sua bocca, discese dalla macchina e io imitai il gesto.
«Jace Pressley.» Disse, a voce alta, ficcando le mani nelle tasca del cappotto elegante. «Prevedibile.»
Aggrottai le sopracciglia, evidentemente il tipo aveva una memoria notevole. L'avevo incontrato solo una volta, quella notte in cui mi aveva sorpreso nella sua casa, ed ero solo un bambino, ero cambiato parecchio da all'ora.
«Sei stato tu, vero?» Gli ringhiai contro.
Lui drizzò le spalle, schiantandomi addosso un'occhiata di confusione, ma poi sembrò rilassarsi e continuò a tenere la testa alta, come per farmi capire che non ci sarebbe stato nessuno scontro.
«A fare cosa, scusa?» Mi chiese, restando sulle sue, tirando fuori una mano per passarla sul mento privo di barba. «Non so di cosa tu stia parlando.»
Strinsi i pugni lungo i fianchi, ma cercai di non dare a vedere quanto fossi caotico dentro. Gli occhi mi bruciavano come il fuoco, potevo annusare l'odore di marcio lontano un miglio, riconoscevo quella puzza nauseante di violenza.
«Sto parlando di Becky.» Sapevo che aveva capito, ma visto che voleva fare il finto tonto, gli rinfrescai la mente.
«Non ho fatto nulla a mia figlia.» Alzò le spalle, sicuro di sé, senza vacillare nemmeno per attimo e lasciandomi capire che non aveva paura di me. «Ti ha detto qualcosa, per caso?»
Sbarrai leggermente gli occhi e a quel punto fui io vacillare, rendendomi conto che lei non mi aveva mai confessato niente. Dopo le parole che mi aveva rifilato poco prima, quando l'avevo accompagnata a casa, sembrava dire tutt'altro. Quindi, non potevo accusarlo direttamente come avevo in mente.
Lui se ne accorse, e gli angoli della sua bocca si tirarono sù in un ghigno.
«Non potrei mai fare del male alla mia bimba. Becky ha solo dei problemi con la sua testa, hai mai sentito parlare di autolesionismo, Jace?»
Restai paralizzato, mentre la mia testa cominciava a riempirsi di caos, come se lui mi stesse manipolando e io non me stessi rendendo conto.
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Sonder
RomanceDark Romance. Di droghe primarie e derivanti, ne avevo provate parecchie, ma nessuna delle mie esperienze passate aveva mai generato una dipendenza psicologica, a differenza di quanto era successo con lei dopo quel bacio. Era più pericolosa di una c...