16. Kalepà tà kalà

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Ti ho amata prima di saperlo,
forse è solo così che si ama.

Jace.

Un riverbero di luce irritante mi investì il viso, costringendomi a coprirmi gli occhi con le mani. Con gesto malfermo, sfregai le dita sugli occhi ancora sonnolenti, aprendoli lentamente.

Mi voltai verso destra e cercando con una mano sul materasso vuoto, mi resi conto che lei non c'era. Non potevo averla sognata, era stata davvero li, avevo passato la notte ad osservarla e ad accarezzarle i capelli mentre dormiva, prendendo sonno solo alle prime luci dell'alba.

«Ma che cazzo?» Dove diavolo era finita?

Con un balzo, mi sedetti, sentendo la testa opprimersi per un breve istante. L'eccesso di alcol forse aveva lasciato un segno, anche se ero rimasto abbastanza lucido da permettermi di ricordare ogni dettaglio.

Ogni dettaglio della sera precedente con lei.

Mi alzai di scatto dal letto, dirigendomi verso il bagno per rinfrescarmi velocemente il viso, consapevole che era sabato e che per fortuna non c'erano lezioni.

Mi spinsi in corridoio fino alle scale, dove udii la risata di mia madre provenire dalla cucina.

Scesi in fretta e affacciandomi, rimasi paralizzato sulla soglia. Becky era lì, seduta al fianco di mia madre, il gomito piantato sulla superficie liscia del tavolo di marmo, gli occhi intenti su di una rivista che mia madre sfogliava e un sorriso dolce e divertito sulla bocca.

«Oh, tesoro, ti sei svegliato finalmente, sono le undici passate.» Mia madre attirò la mia attenzione, facendomi tornare con i piedi per terra.

Becky scattò con gli occhi su di me e drizzò le spalle sulla sedia, lasciando che il sorriso svanisse all'improvviso dal suo viso e lasciasse spazio all'imbarazzo.

Mi madre si alzò, versò del caffè in una tazza e mi incitò a sedermi con loro, ma io non lo feci, restai piantato dov'ero ad osservare solo lei.

«Io e Becky stiamo guardando l'ultima rivista di Vogue.» Mi spiegò, come se me ne fregasse qualcosa e fossi interessato a stare lì a guardare quelle stronzate.

Alzai le spalle e afferrai la tazza, mentre gli occhi lucenti di lei erano incollati come una calamita sul mio torso nudo. Si mordicchiò le labbra arrossendo, bramandomi come se fosse assetata, esattamente come la notte precedente.

Presi il caffè al volo ed in silenzio, e mi tirai fuori dalla stanza.

«Tra cinque minuti andiamo via.» Chiarii, fissandola dritta negli occhi.

Lei annuì semplicemente, e portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio distolse subito lo sguardo.

Salii di nuovo in camera, feci una doccia veloce e mi vestii, scendendo di nuovo al piano di sotto. Afferrai al volo le chiavi della macchina dal portaoggetti vicino all'ingresso e mi spinsi verso la cucina.

«Non negarlo, tesoro.»

Quando sentii la voce di mia madre mi bloccai prima di entrare nella stanza. Mi attaccai al muro sperando che non mi avessero già visto, e ascoltai la conversazione.

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