4. Gaman

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É troppo facile essere una scelta,
io sarò la guerra che avrai in testa.

Jace.

Nella scia silenziosa delle prime luci del mattino, un'atmosfera densa di oppressione avvolgeva l'aria che cercavo di inalare, sentivo come se ogni respiro che emettessi fosse un peso insostenibile sul petto. Le pareti si stringevano gradualmente, e l'ombra spettrale della mia anima si insinuò nella stanza e si incollò alla schiena, lasciando dietro di sé un senso di inquietudine.

L'ansia si manifestava sempre così quando diventavo troppo debole e la lasciavo vincere. Un tumulto sottile, un'orchestra di mostri che mi riempivano senza sosta lo stomaco. L'ansia mi controllava, mi avvolgeva, ero suo. Non avevo scampo. Mi stava soffocando, si stava stringendo intorno al mio collo come filo spinato, mi graffiava e si prendeva gioco di me.

Mi aggrappai con forza alla parete e spinsi su di essa come se volessi tenerla ferma, imponendogli di non cadermi addosso.

Ombre, mostri, voci e oppressione mi stavano con il fiato sul collo. Il sudore freddo penetrava dalla mia pelle, testimone di una lotta contro l'angoscia nella mia testa che minacciava di farmi fuori.

Il confine tra realtà e incubo si dissolse, e la sensazione di morire si fece sempre più tangibile, l'ansia stava aspettando che mi arrendessi per trascinarmi via.

Ero intrappolato, e dovevo liberarmi.

Quel silenzio opprimente che avevo intorno, era interrotto solo dal suono fievole di un ticchettio ormai irregolare che quasi sicuramente era il rumore del mio cuore che batteva incontrollato nel petto, e cazzo, non faceva altro che aumentare il peso dell'ansia che permeava l'ambiente della mia stanza, trasformando ogni angolo della mia testa in un labirinto di oscurità psicologica.

E non riuscivo a pensare ad altro, mentre cercavo di combattere il male che avevo dentro.

Due occhi blu, la pelle candida, il profumo dolce.

Cicatrici.

Quelle erano delle fottute cicatrici da tentato suicidio.

Prendi il controllo, maledizione Jace, che cazzo stai facendo? Riprendi il controllo.

Lanciai un urlo strozzato di frustrazione e sbarrai gli occhi. Tutto cessò, tutto smise di soffocarmi, tranne il respiro pesante ancora difficile da tenere a bada, ancora una volta ero riuscito a liberarmi di lei.

Ero riuscito a riprendere il controllo e ritornare alla realtà, ero stato forte.

Con una mano, scorsi sul mio viso per asciugare il sudore mentre barcollavo indietro, esausto mentalmente e fisicamente instabile. La stanchezza mi pesava sulle mie spalle come un macigno, quasi mi sarei arreso al buio se non fossi stato così spaventato che l'ansia mi prendesse ancora.

Mi liberai del giubbotto di pelle, lanciandolo sul mio letto matrimoniale ancora intatto, mi sfilai via le scarpe, i jeans e la maglietta nera. Mi fiondai nel mio bagno e poi dritto sotto la doccia, cominciando a strofinare in modo ossessivo il mio corpo, sperando di ripulire tutto lo sporco che aveva cercato di uccidermi.

Il sapore dolce dell'acqua mi comprimeva le labbra e mi rinfrescò la bocca arrida, il profumo di pulito riuscì a farmi sentire meglio e tornare del tutto al realtà.

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