9. Saudade

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Mi rompo in mille pezzi,
ogni volta che mi fai male,
ma ho imparato a non far rumore.

Becky.

Il bordo di marmo freddo della cucina si serrò tra le mie mani, mentre gli occhi appannati rendevano sfocata la stanza intorno a me. La testa iniziò a girare, un peso crescente che minacciava di farmi cedere da un momento all'altro e lasciarmi schiantare al suolo, promettendo di farmi male. Con tutta la forza che potei, mi aggrappai alla superficie ruvida, stringendo così forte come se fossi sul punto di cadere nel vuoto.

Recuperai un respiro profondo, cercando di far disperdere quella sensazione di vertigine, facendo scorrere l'altra mano sul collo, rivelando un formicolio sottocutaneo e uno strato di sudore che permeava la pelle. Nell'istinto di sopravvivenza, mi mossi rapidamente verso la bottiglia d'acqua nelle vicinanze, svitai il tappo e ingoiai avidamente, sentendo scorrere il freddo in gola, in modo quasi soffocante.

Quell'attimo di difficoltà svanì all'improvviso, il controllo tornò, e la realtà si fece di nuovo vivida intorno a me, nello stesso istante in cui un'altra presenza riempì la stanza.

«Buongiorno, tesoro.» Mia madre mi passò una mano sulla spalla, e si sporse a lasciarmi un bacio sulla guancia.

Sbarrai leggermente gli occhi, paralizzata da quel contatto nauseante, una sensazione che si insinuò in ogni fibra del mio essere.

Osservai la sua figura avvolta nei vestiti eleganti, i capelli raccolti in una coda alta ed il trucco impercettibile sugli occhi blu, che avrebbe accentuato con il solito rossetto rosso prima di uscire di casa per di raggiungere il suo studio medico, come ogni giorno.

«Stai male? Hai un aspetto orribile, sei così pallida.» Mi prese per le spalle, costringendomi a voltarmi completamente verso di lei.

Appoggiò le mani fredde sulle mie guance, fissandomi dritta negli occhi con una tale intensità, come se non mi avesse mai guardata attentamente prima di all'ora.

«Da quanto tempo non mangi?» Mi toccò ancora, affondando i polpastrelli nella mia pelle.

Dentro stavo bruciando, ribaltando l'inferno, tormentata da quello che stava accadendo.

«Ho appena preso un caffè.» Mormorai, tirandomi indietro, sperando di liquidarla in quel modo.

Da quando tutto era ricominciato, mangiavo a stento, travagliata da una nausea costante che rendeva impossibile ingurgitare qualsiasi cosa. Solo al pensiero di dover masticare, ogni volta, una sensazione di voltastomaco si faceva strada dentro di me.

Lei mi scrutò da capo a piedi, osservando attentamente il mio corpo.

«Stai dimagrendo, non va bene.»

Alzò una mano, afferrò una ciocca di capelli e me la portò dietro l'orecchio per liberarmi il viso nascosto. Le sue dita accarezzarono la pelle fredda della mia guancia, ipnotizzata su di me dal suo stesso tocco.

«Sei così bella, tesoro mio.» Mormorò, facendo scivolare la sua mano verso il collo.

Tremai. Lo stomaco si aggrovigliò, facendomi salire la bile in gola.

Avevo trascorso il fine settimana da sola a casa; lei e Brad erano partiti per un weekend fuori città, mentre Ryan, sicuro della loro assenza, aveva goduto di due giorni di svago, rimanendo fuori casa. Erano tornati tardi la sera precedente, ed erano andati a dormire.

«Devo andare.» Mi ritrassi, togliendole il diritto di toccarmi. «Ho lezione tra poco.»

Lei mi fissò, i suoi occhi si riempirono con le fiamme, le pupille dilatate si scagliarono su di me come vetri rotti e taglienti. Drizzò le spalle, infuriata dal fatto che mi non fossi sottomessa a lei, ma non disse nulla. Si limitò ad alzare il mento e drizzare le spalle, facendomi un cenno del capo.

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