25. Cwtch

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Chi ama non ha
paura di rischiare.

Becky.

Seduta sul bordo del letto, mi avvolsi nel mio caldo cardigan nero cercando calore, alzarsi era stato un suicidio con quel gelo, sentivo il freddo pungente di quella giornata penetrarmi fino alle ossa. Nonostante l'irresistibile desiderio di nascondermi tra le coperte, saltare le lezioni era impensabile, ma dovevo ammettere che la vera ragione era la necessità di vedere Jace. Percepire la sua presenza era diventato un bisogno irresistibile che superava qualsiasi altro richiamo.

«Becky?»

Levai le spalle con timore, sentendo subito l'ansia farsi strada in gola, mentre la figura di mia madre si spingeva oltre la soglia che separava la mia camera dal corridoio.

Avanzò verso di me, avvolta in un elegante completo, simile a quelli che indossava quando lei e Brad partivano per brevi viaggi fuori Boston. Quindi, non era lii per costringermi a fare nulla.

Una scintilla di sollievo si accese dentro di me, ma qualcos'altro, una strana sensazione, prese il suo posto.

«Sei rientrata tardi ieri sera.» Attraversò la mia stanza con passo deciso, i tacchi alti scandivano il silenzio, mentre scrutava ogni dettaglio come se fosse la prima volta che varcava quella soglia.

«Ero ad una festa.» Strinsi le lenzuola nei pugni.

Per inciso; una festa a cui mio fratello mi aveva costretta ad andare. E menomale, visto come alla fine era andata a finire.

Mia madre non si curava mai di domandare come o dove trascorressi il mio tempo; a lei, da quando Brad era entrato nelle nostre vite, non era mai importato cosa facessi durante le mie giornate.

«C'era anche Ryan? Ti ha riaccompagnata lui?»

Mi fissò intensamente e rigirò tra le dita la piccola scatola che teneva tra le mani, di cui non ne capivo il contenuto.

«Sì.» Mentii, passandomi una mano sul collo.

Da quando Ryan se n'era andato, non lo aveva mai menzionato fino a quel momento, come se la sua assenza fosse stata un favore. L'aveva sempre trattato come se fosse un estraneo, come se non esistesse, e dopo quello che lei gli aveva fatto, il rapporto si era spezzato del tutto.

Si avvicinò, tendendomi la scatola. Le mie sopracciglia si aggrottarono mentre la prendevo in mano e mi rendevo conto che fosse un confezionamento di anticoncezionali.

«Prendila.» Mi ordinò. «Oggi o domani dovrebbe arrivarti il ciclo, comincia a prendere questa. Ogni giorno, sempre alla stessa ora, quindi vedi tu quando ti viene meglio, l'importante è che tua sia regolare.»

Un nodo mi contorse lo stomaco. Avvertii la bile salirmi in gola, mentre le ossa sembravano atrofizzarsi.

«Perché?» Digrignai tra i denti stretti, tremando.

Un anticoncezionale, nella mia situazione, voleva dire solo una cosa.

Un'insolita sensazione prese a serpeggiare dentro di me, come un'ombra che si insinua lentamente e divora ogni cosa. La pelle iniziò a sfiorare la sudorazione, mentre un'ansia crescente si espandeva nel petto immaginando cosa sarebbe potuto succedere, il battito irregolare che mi bloccava il respiro.

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