28. Toska

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Sii forte e volta pagina.
É tempo che tu sia di
nuovo felice.

Jace.

Il rumore nell'acqua che fuori usciva dalla doccia era l'unico suono che rimbombava nella casa. Mi tirai a sedere, poggiando la schiena alla spalliera del letto e mi guardai intorno, lasciai andare un sospiro e mi passai una mano sul viso.

Lo stomaco mi bruciava, la testa stava per esplodermi.

Avevamo fatto l'amore - e odiai pensarla così, ma non riuscii a definirla una semplice scopata come le altre -, pur avendo ottenuto ciò che desideravo, anziché provare soddisfazione, mi pervadeva un senso di disgusto verso me stesso.

Il suo piccolo corpo perfetto, dominato da me; al solo pensiero mi si gonfiava di nuovo il cazzo.

Mi inclinai in avanti infastidito dalla luce che proveniva dalla finestra, sedendomi sul margine del letto e afferrai con forza i capelli, tirandoli leggermente all'indietro.

Notai il cassetto socchiuso del comodino, un'irresistibile tentazione. Con uno sguardo furtivo verso il bagno, dove Becky era sotto la doccia, girai la maniglia e lo aprii.

Le dita esplorarono il suo contenuto: libri, cuffie, e poi una Winston Blue. La mia Winston Blue, rubata quel giorno alla pista di pattinaggio.

Uno smorfia sorniona illuminò il mio volto, un brivido attraversò il mio stomaco al solo pensiero del perché l'avesse conservata.

Le punte delle dita afferrarono una collanina a forma di stella, mentre un profumo, il suo profumo, mi avvolse annebbiandomi la mente.

E poi l'occhio cadde su quel diario.

Con gesto deciso lo estrassi, accarezzai la copertina nera e ne sentii la consistenza sotto le dita, percependo qualcosa di brutto. Feci per aprirlo, ma il suono dell'acqua si spense improvvisamente. Velocemente, lo sistemai nel giubbotto di pelle, nascondendolo nella tasca interna in modo discreto.

Richiusi il cassetto e infilai i jeans, pronto a muovermi.

Nel frattempo, la figura di Becky, avvolta in un asciugamano bianco, fece la sua comparsa dalla soglia del bagno. I suoi capelli ancora bagnati le scivolavano sulle spalle, alcune ciocche aderivano ancora al viso, rendendola dannatamente attraente.

La sua presenza emanava un'aura angelica; era semplicemente splendida.

Mi avvicinai, avvolgendola con le braccia, e posai le labbra sulle sue in un bacio infervorato. Il suo profumo di fragola trasudava dolcezza e purezza, ma dentro di me covavano sensi di colpa e paranoie che minavano quello che sentivo.

In quel momento, la certezza del mio piano vacillava come se fossi in bilico tra passato e presente; ma era chiaro che non volevo più rinunciare a lei.

Era mia adesso. Mia e basta.

«Sei un po' pallida.» Feci una smorfia, allontanandomi con il viso.

Le sue guance si colorarono di rosso, si passò una mano dietro la nuca e si mordicchiò il labbro inferiore.

«Mi é appena arrivato il ciclo.» Disse imbarazzata.

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