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"Allora, parleremo mai?" Ron ruppe il silenzio soffocante che si era prolungato tra loro da quando avevano salutato i bambini alla stazione. Era ovvio di cosa Ron volesse parlare dal suo tono cupo e dal modo in cui le sue mani si stringevano sul volante, mentre le lanciava un'occhiata attenta.

"Ron, abbiamo appena il tempo. Io devo andare al lavoro e tu devi prendere una passaporta", disse Hermione con fermezza mentre Ron parcheggiava l'auto nel garage. Tirò il freno a mano e si appoggiò al sedile con un sospiro, girando la testa per fissarla nella penombra del garage. I suoi capelli erano folti come sempre, ma tra il rosso c'erano più fili grigi che mai, e i suoi occhi erano stanchi e ombrosi: sembrava vecchio e sfinito.

"Lo dici ogni volta che litighiamo".

"Perché non lo Abbiamo!" Hermione protestò. "Se non siamo impegnati con i bambini, allora io ho il lavoro al Ministero, e tu sei fuori metà del tempo con la squadra di Quidditch, e... semplicemente non abbiamo tempo". Ma le sue parole suonavano vuote e tristi anche a se stessa, come se si fosse arresa. Amava Ron, ma le cose erano così difficili, in quel momento. Continuavano a litigare e a litigare, sempre per le stesse cose: Hermione troppo concentrata sul lavoro, i lunghi periodi di lontananza da casa di Ron, il rifiuto di Hermione di trasferirsi più vicino alla Tana e, sotto sotto, il maledetto complesso di inferiorità di Ron. Non si risolveva mai nulla, così le stesse maledette discussioni continuavano a ripetersi, ancora e ancora.

"Non si può risolvere un problema ignorandolo, Hermione. Avrò anche la portata emotiva di un cucchiaino, come ti piace tanto dire, ma lo so anch'io".

"Beh, quando troverai il modo di rimediare al fatto che mi dici sempre che il mio lavoro è inutile e senza valore, potremo parlarne", disse lei, piena di amarezza, spalancando ferocemente la portiera dell'auto.

"Non è giusto".

"Io penso di sì", disse lei, scendendo dall'auto e sbattendo la portiera dietro di sé. Gli passò davanti mentre lui scendeva, chiamandola per nome quando raggiunse la porta di casa.

"Ti amo, Hermione". Le parole la bloccarono, con la mano sulla maniglia e la gola stretta dall'emozione. Si voltò a guardare Ron in piedi accanto alla macchina, con il volto implorante e pieno di scuse, e oltre vent'anni di impegno che si estendevano tra loro. Il cuore le si strinse e le fece male.

"A-anch'io ti amo. Sì", confessò. La confondeva il fatto che pronunciare quelle parole ad alta voce le faceva sentire il cuore più pesante invece che più leggero, come delle catene alle caviglie che la bloccavano. Eppure lo amava, e le sue braccia che si stringevano intorno a lei le davano una sensazione di conforto, di calore e di casa, e non capiva perché si sentisse così... stanca. "Mi dispiace. Sono solo... stressata. E con Hugo che inizia la scuola..." cominciò, non credendo nemmeno alle proprie scuse. Ron però ci credette, perché lo voleva, e sorrise, annuì e la baciò dolcemente sulla bocca.

"Lavoreremo su alcune cose, ok? Quest'anno, con entrambi i ragazzi lontani a Hogwarts - quest'anno può essere per noi. Per... per riallacciare i rapporti, no? Per far tornare le cose come erano prima". Lui le rivolse un sorriso speranzoso e lei cosa poteva fare se non annuire? Scacciò la parte di lei che diceva che stavano solo girando in tondo all'infinito e insoddisfatti, e si concentrò su quella piccola parte di lei che diceva che forse le cose potevano essere diverse. Che forse le cose potevano essere di nuovo belle, come lo erano state all'inizio, dopo la guerra, e poi ancora quando i bambini erano piccoli. Quegli anni magici che erano svaniti in una routine noiosa e in un risentimento che stava lentamente crescendo.

"Ma ora devo proprio andare, 'Mione". La baciò di nuovo, più a fondo questa volta, ed era eccitante, dolce e abile, proprio come piaceva a lei, eppure la lasciò fredda.

FASCINATION (traduzione - MissiAmphetamine [Kaleidoscope])Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora