27 - Charlotte

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Charlotte

«Dio, questa Quesadilla è buonissima» disse Michelle con la bocca piena, gemendo un po' mentre si gustava il cibo.

«Lo so. A parer mio, le Quesadillas di Carmen sono le migliori di tutta la California» pronunciai quelle parole mantenendo gli occhi fissi sulla donna Sudamericana che si dava da fare dietro al bancone. Avevo conosciuto Carmen qualche anno prima, quando casualmente io e Niki eravamo entrate nel suo locale con un buco, anzi no, una voragine allo stomaco. Io e la mia migliore amica avevamo pranzato lì, godendoci tutto quel ben di Dio, mentre Carmen ci raccontava di sé. Era nata e cresciuta in Messico, ma dopo aver sposato un uomo che si era in seguito rivelato violento, aveva deciso di camminare per chilometri e varcare il confine, nonostante si trovasse in stato interessante, pur di poter donare un futuro migliore a sua figlia. Certo, aveva rischiato in tutto e per tutto, considerando che varcare il confine a piedi non solo era pericoloso, a causa della natura selvaggia, ma era anche illegale. In poche parole, rischiava di essere sbranata dagli orsi, ma se fosse sopravvissuta a quello, rischiava comunque di essere espulsa dal paese. Ora sua figlia, Maria, aveva venticinque anni e si dava da fare nel ristorante di sua madre, condividendo con quest'ultima la passione per la cucina e per la propria cultura d'origine. Carmen e Maria ne avevano passate tante, ma alla fine ce l'avevano fatta. Avevano i documenti in regola ed un piccolo ristorante, i quali tavoli erano sempre occupati.

«Charlotte, mi stai ascoltando?» Michelle mi sventolò una mano davanti agli occhi, facendomi così risvegliare da quello stato di trance nel quale mi ero infilata.

«Scusami, mi sono distratta un attimo» scossi appena la testa, sbattendo le palpebre più volte. La ragazza mi rispose con una risata.

«Ho notato. – bevve un sorso di acqua – Ti ho chiesto come va con Liam» mi sorrise appena, ed io ricambiai.

«Bene, per fortuna è ritornato quello di sempre» ridacchiai. Mi era mancato il mio fratellone.

«Voi due siete molto legati» disse poi Michelle.

«Sai, dopo la morte di papà è stato lui a prendersi cura di me. Era solo un ragazzino, ma mia madre non stava bene in quel periodo e... – feci una pausa, cercando le parole giuste – e così è stato lui ad accudirmi, a prepararmi la merenda da portare a scuola e a cucinare sempre la cena» pronunciai l'ultima frase in un sussurro. Distolsi lo sguardo dal volto di Michelle, puntandolo poi sul piatto che avevo di fronte. Mi era sempre difficile parlare di papà.

«Mi dispiace, io non sapevo che-»

«Hey – la interruppi, puntando nuovamente gli occhi sul suo viso roseo e rivolgendole un sorriso – va tutto bene, dico davvero». Stavo diventando fin troppo brava a sminuire ciò che provavo in realtà. 

«Com'è successo? Se posso chiedere, ecco» la ragazza prese a giocherellare con una pellicina sul suo pollice, in evidente stato di nervosismo.

«Suicidio» mi limitai a dire. Michelle sgranò appena gli occhi, ma cercò di ricomporsi subito dopo.

«Scusa, non avrei dovuto chiederlo. Sono mortificata»

«Michelle, non c'è problema. Sono passati tanti anni, ormai.» scrollai le spalle. Rimanemmo in silenzio per qualche istante, lasciando che il brusio del locale rendesse un po' meno imbarazzante quel momento in cui nessuna di noi due si decideva a parlare.

«Sai, tu lo fai sempre» esordì poi la ragazza, scrutandomi con i suoi grandi occhi a mandorla.

«Che intendi?». Michelle si passo la lingua tra le labbra carnose, inumidendole, prima di proseguire.

THE LOVE LIST - Come farlo innamorare in 10 semplici passiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora