1. Ansia da palcoscenico

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«Eeeeeli, sei pronta?» la voce squillante della sua amica le trapanò il cervello, tanto da dover allontanare il telefono dell'orecchio.
«Sono pronta, cretina» replicò mentre finiva di riempire la sua borsa con l'essenziale per la serata. «Però hai promesso che torniamo presto, domattina alle 9 devo guardare la Sveva..»
«Principessa, la sua carrozza la riaccompagnerà a casa prima dello scoccare della mezzanotte» la schernì scoppiando a ridere chi stava dall'altro capo della cornetta.
«Esci dai, che sono qua fuori» aggiunse poco dopo.

«Lore non c'è?» domandò prima ancora di essersi seduta sul sedile del passeggero.
«Ci aspetta al circolo vicino a casa del tipo che sta frequentando, non voglio sapere cosa stessero facendo fin'ora ma ovviamente lo molla per uscire con noi» Giada ingranò la prima, ripartendo tra uno scricchiolio e l'altro della Fiat seicento di sua nonna che aveva ormai oltre 20 anni di vita.

«Eccolo, il latin lover» esclamarono all'unisono non appena il loro amico apparve sul ciglio della strada.

«Sappiate che ho perso una scopata da favola per venire con voi in quei tugurio dell'Ottobit stasera, ricordatevelo quando mi accusate di non volervi abbastanza bene» sbottò lasciando senza parole le ragazze «e mi aspetto che mi offriate da bene» aggiunse per poi iniziare a ridere insieme alle sue amiche.

«Il venerdì malo è sacro, non si può tradire, per nulla al mondo» ricordò Giada, era tra le regole che avevano stipulato nel loro "Sleepover club" creato tanti anni prima copiando quasi di santa ragione la famosa serie tv che passavano su Disney Channel. Proprio come quelle ragazze i tre erano cresciuti insieme, erano inseparabili e avevano i loro rituali, a cui nessuno doveva tassativamente mancare.

Il venerdì malo che si chiamava così perché a sedici anni erano osessionate dal diventare delle "chiche male", e da un meme nato tra loro una notte ubriachi in discoteca era nato il nome della serata che da ormai sei anni nessuno dei tre saltava mai, salvo malattie o altri avvenimenti gravi.

Mentre intonavano le ultime note di "Start of something new" di High School Musical. la fidata seicento della nonna di Giada si era ormai addentrata nella zona industriale di Fibbiana, e ciò stava a significare che ormai erano arrivati.
Posteggiarono nel primo buco vuoto davanti a uno di quei capannoni che circondavano l'Ottobit e scesero di macchina, carichi per la serata.

«Non dirmi che è serata techno» esordì Lorenzo, sistemandosi gli occhiali da vista sul naso e aggiustandosi il colletto della camicia.
«No, molto meglio, serata karaoke!» Giada iniziò a saltellare sul posto e terminò la frase con voce stridula, Elisa alzò le spalle guardando l'amico rassegnata.

Si volevano così bene proprio per questo. Erano così diversi e così simili allo stesso tempo, non era possibile annoiarsi stando con loro.

Elisa sistemò alla bell'è meglio i suoi capelli, che in realtà aveva lavato la sera stessa quindi stavano abbastanza bene, ma non la convincevano quasi mai al cento percento.
Gli scuri ricci molleggiavano sulle spalle della ragazza, mentre si avvicinavano all'entrata osservò bene i suoi vestiti nell'insieme, non aveva scelto un outfit chissà quanto elaborato, indossava dei semplici jeans neri a zampa di elefante, delle sneakers e una camicetta azzurra oversize infilata solo da un lato all'interno dei pantaloni.
Era pienamente nella sua comfort zone.

Giada era come al solito una bambolina, con la lunga chioma rossa abboccolata accuratamente. Non usciva di casa mai - o quasi mai - con dei pantaloni, lei indossava sempre un vestito o una gonna, per quella sera la scelta era ricaduta su un tubino nero, il classico little black dress senza tempo, e ovviamente degli immancabili tacchi, più bassi del suo solito questa volta perché non superavano più di tanto i dieci centimetri. D'altronde era alta poco più di 1.55m, e non sopportava di dover guardare sempre tutti dal basso in alto.
Ma Giada non era solo bellezza e sensualità, si contraddistingueva anche per una profonda purezza d'animo, era la persona più pura e sincera che Elisa conoscesse. A volte era perfino troppo schietta, ma di sicuro non si poteva dipingerla come una di quelle persone che "te le manda a dire", se aveva da farti un commento, una confessione o una critica, te lo diceva in faccia, senza tanti giri di parole.
A volte poteva essere un'arma a doppio taglio, ed Elisa lo aveva un po' imparato a sue spese.

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora