24. Resta con me

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«Non ti ho ringraziato ancora abbastanza per prima» si schiarì la voce avvicinandosi ad Andrea che stava trasportando uno scatolone con dell'attrezzatura elettronica appartenente a Jack.
«Ma scherzi? Dovere» rispose mentre adagiava la scatola nel retro del van. «..e piacere» aggiunse facendole un occhiolino.

«Sì, ma io non ti ho mai trattato bene da quando ci conosciamo, anzi» ammise le sue colpe, guardandosi la punta dei piedi dalla vergogna «mi volevo scusare con te, perché al primo momento di difficoltà ti sei fatto in quattro per me e probabilmente non me lo meritavo nemmeno.»
«Sbagliato» si allontanò da lei per recuperare altro materiale nel sottopalco.
«Tutti meritano aiuto in certi casi, anche il tuo peggior nemico»
«Mio dio Locci ti ho ringraziato, non ti stavo chiedendo di diventare il mio nuovo coach motivazionale» lo derise mentre si metteva dall'estremità opposta del mixer rispetto al corvino, e per aiutarlo a movimentarlo.

Ci aveva davvero pensato tanto quella sera, al suo atteggiamento che era stato sempre così prevenuto verso Andrea, a prescindere non aveva mai voluto conoscerlo veramente.
Di solito aveva un sesto senso verso le persone in generale, quando aveva un presentimento a pelle, non si sbagliava mai, o meglio quasi mai.
Si sentiva veramente una merda, e non solo perché lui le aveva salvato la pelle senza pensarci due volte, ma anche perché non sembrava intenzionato a farglielo pesare minimamente.

È veramente una brava persona, che si cela dietro a una maschera da cazzone, pensò.
Fu contenta di essersi sbagliata, in realtà, perché aveva capito di aver trovato sicuramente una persona su cui contare. O almeno, questo gli aveva trasmesso lui, e sperava fosse davvero così.
Avrebbe dovuto anche sdebitarsi, prima o poi.

Ci fu qualche momento di silenzio, durante il trasporto, perché quell'affare pesava veramente tanto e avrebbero sprecato del fiato conversando.

«Ma come facevi a saper gestire un attacco di panico, posso chiedertelo?» abbassò la voce, facendogli cenno di fermarsi, dietro la portiera posteriore del furgone.
«Magari te lo racconto un'altra volta» disse semplicemente, con un tono un po' fatuo, ed Elisa decise che non sarebbe stato il momento di indagare. Con un ultimo sforzo caricarono lo scatolone nella bauliera.

Andrea si sistemò il ciuffo azzurro di capelli che gli ricadeva sulla fronte e le sorrise serafico.
La mora strinse insieme le labbra, prima di alzarsi sulle punte dei piedi e abbracciare il corpo robusto del ragazzo davanti a lei, senza dire nulla. Fu ricambiata immediatamente, lui le lasciò anche una carezza sulla schiena prima di separarsi.

«Faster ti ricordo che sei stato con la migliore amica, ti metti in guai brutti così» la voce di Barto si fece sempre più vicina, a giudicare quel gesto che non era passato inosservato, a quanto pare.
«Coglione, pensa per te» rispose beffardo l'altro, allontanandosi con le mani in tasca.

La ragazza, nonostante la stanchezza che aveva addosso, insieme a quella sensazione di post-sbornia anche se non era mai stata ubriaca, decise di aiutare nelle operazioni di smontaggio palco, per velocizzare tutto. Era già molto tardi e per risparmiare sull'hotel sarebbero tornati direttamente a Empoli per la notte.

Quando si rese conto di essere stata abbandonata dalle ragazze - Huda e Ginevra - che si erano defilate con i rispettivi fidanzati nella macchina di Chicco, era ormai troppo tardi per diramare una qualsiasi richiesta di salvataggio. Si sarebbe sentita comunque in colpa a separare le coppie, e soprattutto a chiederlo senza che fossero loro a proporlo. Era giusto che ogni tanto avessero i loro spazi.

«Barto è l'unico che ha la patente da più di 3 anni, a noi ci fanno un culo come un paiolo de ci fermano, ed è Capodanno, è molto probabile che ci fermino»
«Possiamo fare tutta strada secondaria, senza autostrada e senza Fi-pi-li, o comunque solo in parte»
«Ghera è proprio un coglione, prima si offre di guidare e poi se la dà a gambe col su babbo»

Iniziò una discussione che tutti avevano paura non sarebbe finita mai, non avevano calcolato bene il numero di autisti, e avevano finito per bere tutti, ritrovandosi alle strette per mettersi alla guida.

«Posso guidare anche io, non ho bevuto molto» propose titubante Elisa, sperando con tutto il cuore che nessuno le dicesse di sì perché non aveva mai guidato qualcosa di così grande.

«Non se ne parla» si intromise subito Andrea «guida Barto, tranquilla» la ragazza tirò un respiro di sollievo dentro di sé, si sarebbe sentita maleducata e non proporsi nemmeno.

«Potrei guidare anche io, se volete andare sul tagadà» esclamò Pietro, scoppiando a ridere rumorosamente, ad un livello di voce decisamente troppo alto per le 3 di notte in un luogo abitato.
«Sssh»
«Duccio, mettilo a sedere» intimò Faster all'amico, che eseguì il compito senza fiatare, ridacchiando un po' per la camminata barcollante del biondo.

Presa da uno spirito di solidarietà, Elisa seguì Piccolo per aiutarlo. In realtà Fares stava piuttosto bene, voleva solo fare scena, ne era convinta.

«Dai allaccia sta cintura» si ritrovò a parlargli come parlava a Sveva.
«Mai allacciata la cintura nei sedili dietro in vita mia»
«Beh c'è sempre una prima volta» sorrise con metà bocca mentre gli allacciava la cintura, non era molto collaborativo il ragazzo «Sveva è più collaborativa di te, ed ha tre anni, Pietro» lo redarguì giocosamente.

Mente stava scendendo per andare a sentire la fine della discussione, il biondo la tirò per un braccio, avvicinandola a sé.

«No, resta con me» bisbigliò, sfiorandole i capelli con due dita.
Ormai aveva perso qualsiasi freno inibitorio, e non gliene importava nemmeno più di tanto. Aveva bevuto tanto consapevolmente, perché voleva arrivare a quel livello di ubriachezza che lo faceva fluttuare tra le nuvole, lontano dalle preoccupazioni di tutti i giorni.

Elisa deglutì, cercando di non darlo troppo a vedere, e non discostandosi dal tocco del ragazzo, perlomeno non subito e non di colpo.
Sentiva affiorare la pelle d'oca sulle braccia, per un secondo sentì il suo respiro spezzarsi, per poi farle riespandere i polmoni a pieno di botto.

«Basta che non mi vomiti addosso» rispose sistemandosi a sedere vicino a lui, che le appoggiò subito la testa sulla spalla.
«Sissignorcapitano» sghignazzò dopo aver pronunciato quella frase tutto d'un fiato, colpendole il collo col suo fiato tiepido, facendola leggermente rabbrividire.

Si accoccolarono sui sedili, e quando arrivarono gli altri stavano già dormendo così beatamente che nessuno ebbe il coraggio di svegliarli.






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N.d.A
Scusate se sono sparita per giorni, che dite però mi faccio perdonare con questo capitolo?
Come li vediamo questi Andrea ed Elisa amichetti? Pro o contro? E invece Pietro ed Elisa? Fatemi sapere subbbbbito nei commenti, vi aspetto come sempre, se vi va 🩷

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora