50. Mai Sonno

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Si guardava compulsivamente allo specchio, i capelli tutto sommato erano passabili, ma l'outfit proprio non la convinceva. Continuava a cambiare posizione, una gamba avanti, poi dietro, poi si metteva di profilo. Si accarezzava la pancia, le cosce, lo scollo. Chiudeva il bottone della giacca e poi lo riapriva.
Non riusciva ad essere soddisfatta in nessun modo.

Alla fine optò per essere più se stessa possibile, il pantalone a zampa le fasciava perfettamente le gambe e scendeva morbido allargandosi sulle caviglie. Una camicetta bianca svasata avvolgeva il suo petto, lasciando appena scoperto il decoltée non troppo pronunciato, infine una giacca blu elettrico completava l'abbigliamento con un tocco di colore.
Ai piedi, degli stivaletti con un piccolo tacco, voleva pure rimanere comoda. Inoltre aveva avuto una slogatura alla caviglia da poco, non poteva azzardare con calzature poco ortodosse.

Il suo cavaliere non aveva lasciato trapelare troppe informazioni sulla loro meta, e questo le metteva ancora più ansia.
Diede un'ultima spruzzata di profumo e una passata di gloss sulle labbra quando vide il messaggio che la informava del suo arrivo.

Il cuore le tremava nel petto ad ogni passo verso la sua auto, ma gran parte dell'ansia iniziale scomparve quando si trovò il volto sorridente del ragazzo davanti.
La baciò istintivamente su entrambe le guance, guardandola per un attimo dopo averla salutata bene.

«Sei davvero bella» disse Pietro semplicemente, per poi mettere in moto l'auto.
Elisa arrossì, cercando di non dare troppo nell'occhio «anche tu non scherzi» rispose buttandola sul ridere, per sdrammatizzare ed evitare di svenire dall'emozione davanti a lui.

La voce della radio parlottava in sottofondo, mentre si muovevano tra le strade semibuie della città.
«Andiamo a Vinci?» chiese notando la strada che stava imboccando.
«Andiamo nel mio posto preferito in assoluto» rispose con un mezzo sorrisetto compiaciuto, guardandola solo con la coda dell'occhio.

Sperava davvero di stupirla, in maniera positiva. Ci aveva pensato così tanto.







***







«Dobbiamo rifarci per la cena, non è giusto che abbia pagato tutto tu» borbottò infastidita la corvina.
«La prossima fai tu, non ti preoccupare, sono stato io ad invitarti, era scontato che dovessi pagare io» tentò di calmarla, sorridendo per come le si arrossavano e gonfiavano un po' le guance quando si arrabbiava.
«Non sono d'accordo.» ribattè offesa, incrociando le braccia appena sotto al seno e facendo un broncio.
«Vabbè, adesso mi segui in quel posto oppure no?» le prese per mano, invitandola a seguirlo.
«Non era il ristorante?» domandò confusa, stringendo le dita del ragazzo tra le sue.
«No, era solo il primo assaggio, il posto speciale è un po' più lontano..» camminò davanti a lei, cercando di farla avvicinare e fargli recuperare il suo passo.

Lo seguì in religioso silenzio, osservando le tacite strade del borgo, finché non si trovarono davanti ad un muretto che offriva una vista mozzafiato sulle colline, in lontananza erano invece ben visibili le luci della vicina Empoli.

«È bellissimo, Pietro» balbettò incredula.
Il ragazzo si sedette sul muretto, facendo penzolare le gambe nel vuoto, sopra ad un campo sottostante.
La riccia imitò con non poca remore, aveva un po' paura dell'altezza e di sbilanciarsi, dato che non era proprio il ritratto della stabilità come persona. Era maldestra e sfortunata, per giunta, poteva anche rischiare di cadere giù data la sua fortuna.

«Sai, qui venivo spesso da più piccolo, quando sentivo che alcuni pensieri erano troppi per essere esorcizzati tra le mura di camera mia. Quando non avevo sonno, e quelle mura diventavano veramente troppo strette, ho rischiato che mia madre mandasse i carabinieri a cercarmi qualche volta..» una debole risata sfuggì al controllo delle sue labbra, sentiva come una forza che lo spingeva ad aprirsi con lei come mai aveva fatto «qui ho scritto molte canzoni, quando ero più grande, e usavo la scusa di allungare il tragitto per rientrare a casa. In realtà molte volte venivo qui, perché era l'unico luogo dove la mia mente si aprisse, per respirare a pieni polmoni la semplicità della vita che si vede in un borgo, la lentezza che non esiste in città, quelle luci in lontananza che ti ricordano che qualcosa c'è ma non ti può opprimere né contenere.» si grattò la fronte, forse in lieve imbarazzo.

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora