44. Il piano

451 34 7
                                    

«Elisa non riesco a vederti così, porca troia, hai bisogno di riprenderti» le disse Duccio guardandola dall'altra parte del tavolino del RitroVino, con una tazzina da caffè davanti a lei e una lattina di birra per lui.
«Va bene, hai ragione, cosa ti viene in mente per farmi riavere?» si passò una mano sotto agli occhi, marcati da delle occhiaie che non era solita avere.
Non aveva mai sofferto di insonnia, ma ormai erano giorni che faticava ad addormentarsi la sera, e quando non poteva riposare più a lungo la mattina finiva per arrivare a lavoro con delle ore di sonno che non si contavano sulle dita di una mano.

«Non ti avevamo regalato Asmana per il compleanno? Sono passati tipo sei mesi e ancora non sei andata o sbaglio?» gli venne un lampo di genio. Bevve un sorso di liquido ambrato dal suo bicchiere.
«Non sbagli, vieni te con me?»
«Sarebbe l'occasione perfetta per chiarire con qualcuno invece..» provò a proporre il rosso, lasciando volutamente la frase in sospeso.
«Non fare scherzi, Pippi» strabuzzò gli occhi e la saliva le andò di traverso, facendola iniziare a tossire. Continuò a girare ancora un po' quel caffè che ormai si era freddato, per poi deglutirlo tutto d'un fiato.

«Va bene, vengo io, però prima o poi dovrete parlare di questa cosa» si spaparanzò sullo schienale della sedia, continuando a sorseggiare la birra, ormai quasi finita.
«Ti sembra il tipo di persona che discute di queste cose?» gli chiese tra i denti cercando di non attirare l'attenzione dei proprietari del bar che conoscevano bene tutti i componenti del collettivo.

Nel frattempo la mente del rosso macinava idee, un piano sul come far finire quei due insieme all'Asmana senza che potessero rifiutare, un qualcosa che doveva succedere all'ultimo per cui nessuno si potesse tirare indietro.
Aveva già una mezza idea di chi coinvolgere in quel piano diabolico, Andrea sarebbe stato il primo, forse anche Dario e Jack gli sarebbero serviti, e ovviamente Giada.
Chiunque conoscesse bene quei due doveva dare una mano, il problema era ingannare Elisa, sicuramente più sveglia e sul pezzo di Pietro. A lei non sfuggiva nulla, dovevano prenderla alla sprovvista.

«Terra chiama Duccio!» la corvina gli sventolò una mano davanti agli occhi.
«Dicevi?» sorrise sornione, compiacendosi di ciò che era riuscito a concepire.
«Ti sembra il tipo di persona che discute di queste cose?» ripetè la frase pronunciata poco prima, con più enfasi e un po' di seccatura.
«Lo diventerà..» sospirò, alludendo a qualcosa senza dirlo, sogghignando leggermente.
«Non ti azzardare..» si alzò col portafogli in mano, minacciandolo con un dito, e poi andando subito a pagare alla cassa. In un batter d'occhio fu di nuovo da lui, non dopo aver salutato e ringraziato i baristi.

«Altrimenti?» finse un viso angelico, guardandola dal basso in alto, dato che lui era seduto e lei in piedi, e sbattendo le palpebre come una ragazzina innamorata. Si portò anche una mano sotto al mento per rendere ancora meglio l'idea.
«Sei proprio stupido» lo rimbeccò dandogli un buffetto sulla spalla, per poi finire a ridere pure lei.
«Non è colpa mia, mi dipingono così» sghignazzò prendendola dalle spalle e portandola fuori quasi di peso, mentre ondeggiava a destra e sinistra, facendola ridere.

Era quello il suo intento, farla svagare, e ridere, per quanto possibile.
Già quando era sola coi suoi pensieri si flagellava abbastanza, la conosceva bene, almeno quando stava in compagnia dei suoi amici doveva avere un momento di stacco e spensieratezza.

«Ti accompagno a lavoro? Voglio vederti pure io all'opera» le propose, col cuore colmo di felicità quando la vide sorridere di quella sua iniziativa.





****





«Certo che non è molto divertente fare una sessione di scrittura e creazione beat con un muto» Faster stuzzicò Pietro che era stato in disparte in silenzio per la maggior parte del tempo da quando si erano incontrati al bunker.
Continuò a guardare lo schermo del pc dove stava modificando un beat, attendendo una risposta da parte di Pietro, che non arrivò.

«Un gatto ti ha mangiato la lingua, Serafini?» rincarò la dose, sperando di fargli vuotare il sacco.
Non aveva creduto ad una parola di ciò che gli aveva voluto propinare dopo Halloween, e aspettava il momento giusto per poter capire veramente che fosse accaduto.
Silenzio tombale, il biondo continuava a non rispondere.

«Un gatto o una ragazza ti ha mangiato la lingua?» lo schernì ridacchiando in maniera malefica, puntando le sue iridi scure sul corpo di Pietro seduto sulla sedia girevole a pochi metri da lui.
«Ho baciato Elisa» si coprì il volto con le mani non appena pronunciata quella frase.
«E cosa ci sarebbe di male?» la stretta alla bocca dello stomaco di Fares si allentò sentendo quella risposta.

Nel frattempo il moro stava esultando internamente per quel traguardo, quei due erano dei testardi ed era ormai convinto che nessuno avrebbe fatto un passo verso l'altro. Era piacevolmente stupito di quella dichiarazione.

«C'è che siamo andati nello studio poi, perché ci stavamo spingendo oltre..» esitò sulle ultime parole, osservò lo sguardo malizioso ma al tempo stesso interessato in maniera sincera dell'amico e tornò a concentrarsi sul discorso «poi è entrato Jack e mi sono tipo bloccato, lei è fuggita e non ho fatto nulla per fermarla, come un emerito cretino»

Le sinapsi di Andrea erano in subbuglio, stava ricollegando tra loro tutti gli avvenimenti di quella sera, mental breakdown di Elisa compreso.

«Andre mi stai ascoltando?»
«Certo, ti ho ascoltato bene. Non vedo niente di tragico in ciò che mi racconti, si può rimediare facilmente» spiegò con tono calmo.
«Come faccio a guardarla in faccia?»
«Beh, facilissimo, spalanchi le palpebre e le punti su di lei, proprio mentre ti sta vicina, giuro non è difficile» lo canzonò sogghignando.
«Non sei divertente, Locci» sospirò esasperato.
«mi dici cos'è che ti turba?» si alzò avvicinandosi a lui e mettendogli una mano sulla spalla, per conforto.
«La paura di rovinare tutto, la paura del rifiuto, e non lo so.. siamo amici, è tutto così strano» la voce del biondo tremò, odiava mostrarsi così fragile agli occhi degli altri.
«Beh a parte gli amori a prima vista o le scopamicizie che si tramutano in relazioni, di solito ci si conosce come amici e poi ci si fidanza»
«Non sono bravo in queste cose.. mai stato, sei tu quello che le fa cadere tutte a suoi piedi» affermò con rammarico e un pizzico di amarezza nella voce.
«Bisogna pur iniziare da una parte, già questo è un passo avanti, dato che qualcuno ultimamente mi stava chiedendo se tu fossi gay, visto il tuo approccio così scarso verso il genere femminile» si mise a ridere così forte che dovette tenersi la pancia.
«Non è divertente.» lo guardò con occhi vitrei.
«A me ha fatto ridere» fece spallucce.
«Comunque Andrea Locci, amico, confidente, consigliere di fiducia, su quello che vuoi, tu chiedi e ti sarà dato, quando e come vuoi, schiocca le dita e io sarò da te.» fece una giravolta su se stesso sorridendo serafico e posizionandosi in una posa da statua davanti all'amico.

«Meglio tornare a scrivere, non voglio sprecare ora il mio primo desiderio col genio della lampada» Faster capì che l'amico era tornato ad essere se stesso dalla battuta che gli aveva fatto.

Era già un passo avanti, ora doveva trovare il modo di far capire ad entrambi che dovevano stare insieme.









***
N.d.A
Bonsoirrr, sbaglio o era un po' che non pubblicavo di sera?
Ho fatto fatica a scrivere questo capitolo, mi sa che mi sto addentrando in un blocco dello scrittore e non voglio, non ho capitoli già pronti e questa cosa mi mette molto ansia.
Capitolo piuttosto scarso, non mi piace molto, ma serve ai fini della storia.

Chiedo anche umilmente perdono a chi non ho ancora letto in questi giorni, giuro che recupero tutto pupe, scusatemi ma ho avuto un po' la testa da un'altra parte! Non mi scordo mai di voi 🩷

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora