22. Capodanno

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La trepidante attesa per quella serata era finalmente agli sgoccioli, Elisa era stata indecisa fino alla fine sull'andare o meno, perché sarebbe stato il primo dopo molti anni in cui passava il Capodanno lontana da Giada e Lorenzo, ma d'altronde una volta che aveva annunciato loro questa idea i due si erano organizzati in autonomia per passare rispettivamente con il nuovo fidanzato una - e non era Faster, per fortuna - e con la famiglia dell'Abruzzo che non vedeva mai,  l'altro.

«Io comunque non ci credo che tu non ci conoscevi prima di qualche mese fama sei una super fan sfegatata di questi Legno che sono praticamente sconosciuti al mondo» il ragazzo dai capelli rossi le tirò un pezzo di carta accartocciato in testa, cogliendola alla sprovvista, iniziando a scarabocchiare su un foglio nuovo.

Si trovavano spaparanzati sul divano del bunker, mentre tutti stavano finendo di preparare le cose il concerto di Capodanno, Duccio scriveva qualcosa per un nuovo pezzo.

"Non è mai un momento sbagliato per scrivere", diceva, anche se un concerto così particolare meritava sicuramente una buona preparazione.
Certo, si sarebbe svolto a Prato, che distava solo una quarantina di minuti da Villanova e di sicuro non era chissà quale metropoli, ma avrebbero avuto comunque la responsabilità di intrattenere molte persone nell'ultima notte dell'anno.
Loro non erano ansiosi, come capitava quasi sempre, era una cosa che Elisa invidiava molto ai suoi amici. Lei non riusciva mai ad affrontare certe situazioni senza nemmeno un po' d'ansia, e pure se non doveva esibirsi, un po' la sentiva crepitare nel suo stomaco.

I ragazzi della crew affollavano quel posto rendendo l'aria quasi rarefatta e colmando la stanza di tanti suoni diversi, dalla cassa che si spostava, alle imprecazioni per degli oggetti caduti, alle discussioni sul come dividersi nelle auto.
Erano troppi per il van, e sicuramente avrebbero dovuto prendere qualche auto.

Chicco, il padre di Ghera, si era offerto di portare qualcuno con la sua, così da non dover sacrificare un ragazzo da fare una bevuta per capodanno.

«Non dovremmo dare una mano, Duccino?» gli appoggiò la testa sulla spalla
«Non chiamarmi così ti prego, sai che lo odio»
«Okay, ma penso che dovremmo comunque dare una mano, stiamo qui sbracati da un tempo indefinito»
«Tu vieni con me, bellezza» Allegra la chiamò dalle scale che portavano all'uscita del bunker «finiamo di prepararci insieme, aiutami»
«Arrivo, Alle» rispose soffiando un bacio all'amico, che rimase solo al tavolo, sentendosi costretto ad unirsi a chi ultimava i preparativi anche solo per non rimanere in solitudine.

La riccia si fece trascinare dall'amica in camera sua, cercando di perfezionare gli ultimi abbinamenti e creare un trucco ad effetto per quella serata.



****

I Legno avevano appena finito il loro set, era più felice che mai e aveva cantato a squarciagola le sue canzoni preferite, riuscendo anche a strappare una foto ai due cantanti.
Ora della musica da sottofondo intratteneva le persone, in attesa del momento dei bnkr44, che sarebbe arrivato nella mezz'ora successiva.
Il conto alla rovescia per il nuovo anno era sempre più agli sgoccioli, e la serata stava filando alla perfezione.

Elisa stava cercando disperatamente da almeno dieci minuti di trovare Gherardo, che aveva le chiavi del van in tasca, aveva il telefono al 5% e doveva recuperare la powerbank che era rimasta sotto un sedile nascosta da eventuali ladri.

Dopo essere stata affumicata da una nube dal puzzo terribile di marjiuana si recò verso il furgone, che non distava di molto dal palco.

Con un movimento fulmineo balzò sul van e cercò nel cassetto sotto ai sedili la sua powerbank.

«Bingo!» urlò tra sé e sé con la lingua fuori per lo sforzo fatto, agguantando l'oggetto saldamente.
Con un'agilità che le veniva solo dall'essere leggermente brilla, scese saltando dalla pedana e chiuse con un "bip" la serratura dell'autovettura.

«Ehi, splendore, vuoi avere i migliori auguri di buon anno da parte nostra?»
Un gruppo di ragazzi si era pericolosamente avvicinata a lei mentre era sul van, e lei non se ne era accorta, si sentì immobilizzata dalla paura e le parole le morirono in gola.

Iniziò a camminare lateralmente stringendo le chiavi nel palmo della mano e infilando in tasca la powerbank che aveva recuperato.

«No, grazie, devo andare» tentò invano di liquidare quei ragazzi che incombevano davanti a lei come il più terrificante degli incubi.
Tentò di accelerare il passo ma inciampò in un San pietrino del marciapiede, cadendo rovinosamente a terra, le chiavi della macchina scivolarono lontane da lei.

Sentì la terra mancarle sotto ai piedi - o meglio, sotto a tutto il corpo perché era praticamente distesa sull'asfalto - e capì perfettamente come si potesse sentire una preda quando si verificava il fenomeno del freezing davanti al suo predatore.
Perché era questo ciò che si sentiva, una preda, anche di facile cattura, e purtroppo non poteva fingersi morta come un opossum perché probabilmente sarebbe stato anche peggio.

Le si pararono davanti scenari macabri e strazianti, mentre quel gruppo si avvicinava a lei, tutti sorridendo in maniera nefasta e pregustando un finale che avevano già previsto.

«Vogliamo solo vedere quanto sei bella più da vicino» spiegò uno di loro mentre si facevano sempre più prossimi.
La mora si diede una spinta sulle ginocchia, leggermente sbucciate dalla caduta, cercando di sistemare la gonna del vestito che indossava, incespicando sui propri piedi. Raccattò le chiavi da terra e cercò di continuare a camminare.
Il cuore le era salito in gola, sembrava stringerle il giugulo e soffocarla, il petto le si era svuotato e sentiva quella strana sensazione che si avverte solo nei sogni quando cadi nel vuoto, e poi ti svegli per realizzare che in realtà sei nel tuo letto. Purtroppo per lei non era così.

Sarebbe voluta scappare, ma si stava facendo tutto così sfocato e più buio, che sperava solo che arrivasse una manna dal cielo, un angelo custode, un meteorite, anche un extraterrestre o un fantasma sarebbe andato bene, qualsiasi cosa che potesse portarla in salvo e mettere fine a quell'orrore.

Si sentiva un oggetto, e purtroppo aveva deciso forse ingenuamente di allontanarsi da sola, si sentivano così tante storie sulle ragazze aggredite o molestate che vedeva già la sua foto sulle testate di tutti giornali il giorno successivo.

È finita, pensò, è finita davvero, quando furono a meno di un metro da lei. Si spalmò con la schiena sul muro alle sue spalle, sentendosi veramente come un topo in trappola.

D'improvviso una voce tuonò non troppo lontano. squarciando agghiacciante silenzio che si era creato, nonostante la musica e le urla della gente fossero ben udibili.





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N.d.A
Saaaaalve, sono arrivata presto, come promesso, finale di capitolo un po' suspence, non odiatemi. L'ho scritto da un po', e non vedevo l'ora di pubblicare questo e i prossimi due.. sono aperte le scommesse sul misterioso personaggio che sembra essere arrivato in aiuto di Elisa.

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora