18. Il muro dei ricordi

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Ormai il clima dei primi giorni di autunno avvolgeva la piccola cittadina di Empoli, ma uscendo dalla sede della radio qualche raggio di sole riscaldò la pelle di Elisa dandole quel poco di felicità e tepore di cui aveva bisogno dopo una mattina chiusa nel buio dello studio di registrazione.

Trovò il messaggio di Allegra che le ricordava del loro appuntamento dopo pranzo, l'aveva invitata a prendere un caffè a casa sua nel primo pomeriggio, dopo l'esperienza al Jova Beach, avevano iniziato a parlare sempre più frequentemente - incontrandosi a volte anche alle serate dell'Ottobit dove Allegra non mancava mai, mettendo a volte i dischi e talvolta facendo le foto, o entrambi -  e avevano scoperto di avere dei caratteri molto affini.

Con la scusa di passare a casa sua, la ragazza le aveva proposto di farle visitare il famoso bunker, in quanto ubicato proprio sotto alla sua abitazione.
Elisa aveva accettato con non poco entusiasmo, anche se aveva cercato di celarlo chiedendo mille volte se davvero non avrebbe recato disturbo, ricevendo sempre una risposta negativa dall'altra che anzi aveva replicato dicendo che se ci fossero stati i ragazzi non avrebbero avuto che piacere ad averla lì.

Pranzò con suo padre che si trovava in pausa da lavoro per qualche ora, e poi si buttò sul letto a riposare almeno un po', sperando di non addormentarsi per ore come faceva quasi sempre dopo il turno di mattina a lavoro.

Decise di truccarsi almeno un minimo per andare a casa Stagi, solo perché a lavoro andava quasi sempre struccata e sarebbe stata sicuramente più presentabile con un filo di mascara, correttore e blush. Andava quasi sempre per il "no makeup makeup", sia perché non aveva voglia di fare trucchi elaborati, sia perché non voleva dare a vedere di essersi impegnata troppo.

Rinunciò a sistemare i capelli che erano più gonfi e indomabili del solito, e uscì di casa con la borsa a tracolla, diretta verso Villanova.
Ci era passata solo per andare a trovare sua nonna a San Frediano, un borghetto pieno di agriturismi e abitato quasi solo da anziani poco lontano dal centro di Empoli, frequentatissimo dai turisti che volevano viversi la vera Toscana rurale.
Villanova era perfettamente nel mezzo, un paesino di provincia, che non aveva da invidiare a San Frediano per il numero di abitanti. Probabilmente sommando i loro residenti insieme non sarebbero arrivati a un migliaio. O forse nemmeno alla metà di un migliaio.

Parcheggiò davanti a una casa contornata da un grande giardino racchiuso in una siepe verdissima. Aveva seguito le indicazioni fino alla posizione mandatole da Allegra, doveva essere quella casa sua.

Uscì titubante dall'auto, controllando di averla parcheggiata correttamente dentro agli stalli, sapeva bene come parlasse la gente nei paesini e come potessero creare polemica sul nulla. Non voleva creare problemi la prima volta che veniva invitata lì.

Decise di scrivere un messaggio all'amica, perché suonare semplicemente il campanello le avrebbe messo troppa ansia, e inoltre aveva paura di disturbare.

«Ehi! Sali!» la biondina si affacciò da una finestra sulla facciata dell'abitazione color giallo chiaro e sventolò un braccio in aria, per poi indicare la porta d'ingresso posta precisamente sotto alla finestra.

Si aprì il varco dietro una persiana color verde scuro, e sussurrò un timido «permesso» entrando nella casa.
Fu accolta del sorriso placido della signora Cristiana, la mamma di a Gherardo e Allegra, che la fece accomodare al tavolone della cucina. Accettò ringraziando, nonostante ricordasse che Allegra avesse esplicitamente detto di "salire".

«Mamma l'hai già catturata così? La spaventerai e non verrà mai più» la ragazza fece ingresso ciabattando con delle pantofole viola fluo pelose, al contrario delle volte in cui si erano viste indossava degli occhiali rotondi che stavano molto bene sul suo viso così minuto.
«Smetti di dire sciocchezze, Alle» la rimproverò dolcemente la madre, mentre riempiva una moka di polvere di caffè.
La bionda sbuffò, sedendosi scompostamente vicino all'amica e sorridendole.

«Benvenuta nella mia umile dimora» fece ridere la mora allargando le braccia come se stesse presentando uno spettacolo al teatro.
«Poi ti faccio fare un giro, un po' di chiacchiere, e se vuoi un salto al bunker, non so chi ci sarà oggi.. ma c'è sempre qualcuno, quindi.»
«Sai, Elisa, casa nostra è un po' un porto di mare, c'è chi arriva e c'è chi va, non siamo mai soli e non ci annoiamo mai.»

Elisa capì subito il motivo di quel viavai di ragazzi da quella casa, i proprietari sapevano sicuramente mettere a suo agio i propri ospiti, lei era lì solo da cinque minuti eppure si sentiva già accolta come se fosse una di famiglia.
Mentre sorseggiavano il caffè, un grosso gatto bianco piombò sul tavolo iniziando a fare le fusa e strusciarsi in qua e là.

«Oh ma ciao bellezza» esclamò la mora quando il felino le si avvicinò strusciando la testa sul suo avambraccio.
«Mina, giù dal tavolo, almeno quando abbiamo ospiti!» Cristiana sgridò la gatta, che saltò in braccio ad Elisa, facendo ridere tutti.
«Amore che sei, morbidissima» la accarezzò facendo aumentare volume ed entità delle fusa esponenzialmente.

Fu trascinata via da Allegra poco dopo aver terminato il caffè, mentre quest'ultima blaterava qualcosa sul fatto che se fosse rientrato suo padre sarebbe stato ancora peggio, quindi conveniva darsela a gambe.

La ragazza le fece vedere velocemente la sua camera, bypassando quella di Ghera perché a suo dire "un bazar dove solo lui sa rigirarsi", poi la portò fuori dal loro giardino, dal cosiddetto "Muro dei ricordi". Si trattava di un muro del garage della famiglia, completamente dipinto di nero e con sopra graffiti coi nomi di tutti i ragazzi del collettivo e anche qualche altro amico o amica, fidanzata o fidanzato.

«Vabbè ora scendiamo al bunker, ti va?»
«Certo» sorrise a trentadue denti.
Passarono intorno al perimetro della casa ed entrarono in una porticina che sembrava più la porta di un magazzino di quelli industriali.
Scesero le scale ricoperte da mattonelle rosso fuoco ed entrarono in una stanza non molto grande, c'era un po' puzzo di fumo e infatti i tavolini erano imbanditi di posacenere con sigarette - e forse non solo - probabilmente spente da poco.
La padrona di casa le mostrò la piccola cucina, con un frigo piuttosto vecchio all'angolo, che le mostrò essere pieno di birra e merendine, e dei pensili color legno chiaro.

Poi passarono alla famosa stanza della Venere, dove infatti si ritrovò davanti una replica della Venere di Botticelli, che non era fatta per niente male.
Qui trovarono dei ragazzi che non conosceva, si presentarono ad Elisa, sicuramente uno si chiamava Brando, forse un altro Simone, e il terzo lo scordò un secondo dopo che glielo aveva detto.
Aveva veramente un problema con i nomi delle persone, soprattutto se le venivano proposti tutti insieme e in una situazione dove di suo si sentiva in soggezione. Aveva altro a cui pensare, tipo come non apparire troppo impacciata e imbarazzante.

Infine, si affacciarono allo studio, dove Jack stava mixando qualcosa, non appena arrivarono alle sue spalle lanciò una bestemmia fortissima che fece ridere le due, di conseguenza si girò e si rese conto di essere osservato.

«Ops, non sapevo di avere ospiti» si grattò la testa con fare colpevole, le ragazze risero ancora di più.






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N.d.A
Bonsoir, oggi capitolo notturno, non ho riletto molto bene e l'ho scritto diverso tempo fa ma mi sentivo di pubblicare (sono stata un po' troppo latitante forse).
Il titolo forse non c'entra molto ma non avevo idee migliori ahaha
Elisa sempre più coinvolta all'interno del bunker, cosa vi aspettate da questo imminente futuro?
Grazie se vi andrà di commentare o lasciarmi un pensiero, e grazie anche se non vi va. 💓

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora