8. L'epifania

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Elisa aveva paura della scena che poteva ritrovarsi davanti, ma il fatto di essere in compagnia un po' la consolava. Annuì silenziosamente, incrociando le braccia sul petto e seguendo il biondo.

Furono ben presto in una zona leggermente più appartata dietro i vari banchi e chioschi della festa, un cartello scritto a mano con un pennarello sbavato indicava la strada per i bagni.
Furono ben presto vicini alla struttura colore rosso quasi fluorescente.
Vide Pietro raccogliere qualcosa da terra, il viso della riccia si accigliò in un'espressione perplessa.

«Questo è il suo segnale» la rassicurò, prendendo la rincorsa con la mano e scaraventando un sasso contro il bagno mobile. Così fece per un altro paio di volte, la ragazza non poté trattenere una risata.
Quella scena era esilarante, soprattutto se immaginava la reazione della sua amica chiusa là dentro che si sentiva bombardare da oggetti non identificati fuori da quel bagno chimico.

Non tardarono ad uscire i due colpevoli, costretti a non negare l'evidenza almeno davanti ai due amici che li aspettavano come le guardie ad un posto di blocco. Non avevano via di scampo.
Faster uscì spavaldo, a petto in fuori, con un sorriso a denti stretti, gli occhiali da sole nonostante il buio (pure lui - forse era una moda in quel gruppo), i vestiti leggermente sgualciti e l'aria di chi la sa lunga.
Giada traballava leggermente, forse per la vergogna, tentando di sistemare la gonna che indossava riportandola ad una lunghezza che coprisse ciò che doveva rimanere coperto - almeno in pubblico - , i capelli leggermente spettinati, ma nel complesso era presentabile.

Pietro si girò ed iniziò a camminare prima che i due potessero raggiungerli, quasi come sé quella per lui fosse una routine, Elisa rimase indietro aspettando Giada.
Andrea le rivolse un sorriso beffardo superandola e accelerando il passo per raggiungere l'amico.

«Beh, era l'appuntamento che sognavi, principessa?» non riuscì a trattenersi dal schernirla.
«Posso spiegare» affermò con serietà l'altra mentre si guardava nella fotocamera interna del cellulare per controllare il trucco.
«Sono tutta orecchie» la incalzò quindi, avvicinandosi a lei per poi incrociare il suo braccio in quello ripiegato sul fianco dell'amica.
«Fino a mezz'ora fa eravate nella carrozza di cenerentola e poi l'incantesimo è svanito trasformandolo in un cesso chimico? Le zucche non vanno più di moda?»
«Te la sei preparata? Bella questa!» rispose offesa portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Dai, Già»
«A volte i nostri impulsi ci spingono a fare cose che normalmente non faremmo..» tentò di giustificarsi. Nel frattempo avevano percorso il perimetro della festa e stavano per raggiungere il palco, dove si intravedeva il gruppo dei ragazzi del bunker.
«E poi Andrea è così.. virile» accentuò l'ultimo aggettivo, guardando nella direzione in cui si trovava lui con fare sognante, e per un secondo ad Elisa parve di vedere dei cuoricini nelle sue pupille.

Scosse il capo, realizzando a malincuore che ormai l'aveva persa, definitivamente.
In cuor suo sentiva poi che probabilmente non sarebbe mai diventato qualcosa di serio, e temeva per i sentimenti della sua migliore amica.
Era tipico di Elisa, si faceva paranoie su di sé, figuriamoci se non se le faceva per la sua migliore amica, una sorella non di sangue per lei.




****



Elisa era sempre stata convinta che i guai la inseguissero, col tempo forse questi avevano iniziato a pedinare anche la sua migliore amica che ora si lamentava con lei perché Faster non le aveva più scritto.
Se ne stava a pancia all'aria sul suo letto, con le braccia e le gambe aperte come una stella marina spiaggiata.

«Non mi sembra un tipo da relazione seria, sinceramente» cercò di infierire il meno possibile. «Poi dai che nome di merda Faster, "più veloce" di chi? Dai, non ha senso, e per me è pure un po' bruttino sinceramente» iniziò a gesticolare per cercare di validare ancora di più la sua teoria.
«Non mi stai consolando, Eli» la redarguì l'altra.
«Beh allora riscrivigli tu, se proprio vuoi toglierti il dubbio»
«Oh no, non lo farei mai e poi mai» rispose perentoria. «La prima volta l'ho praticamente cercato io»
«Ti sei buttata tra le sue braccia senza manco conoscerlo, letteralmente..» specificò la riccia.
«Dettagli» la rossa agitò una mano in aria come per scacciare le parole che aveva appena pronunciato la sua migliore amica «Deve scrivermi lui, se vuole, punto.»
«Lo sai quanto non condivido questi stereotipi di genere, però se tu ne sei convinta va bene così, basta però piagnucolare dietro a quel cretino dai capelli bi-color» le solleticò i capelli e iniziò a intrecciare alcune ciocche, sembrava che glielo chiedessero quei ciuffi così morbidi e lisci, di essere intrecciati. Per Elisa era come un antistress naturale.

«Quand'è stata l'ultima volta che tu hai scritto ad un ragazzo, piuttosto? Paladina della parità di genere» le parole le arrivarono dritte in faccia come uno schiaffo, sapeva che le aveva dette senza intento di ferirla, non era da Giada, eppure sentì qualcosa dentro di lei spezzarsi.

Sospirò, strinse le labbra tra loro fino a farle scomparire e cercò di non dare a vedere che c'era rimasta male.
«Tanto, forse troppo tempo, ma non mi sono interessata a nessuno ultimamente. Tu sei interessata a quello là..»
«Andrea» precisò con disappunto.
«Lo so come si chiama» rispose seccata.

Elisa guardò l'orologio e si posò una mano sulla fronte, come se si fosse appena ricordata di qualcosa di importante.
«Devo andare dalla Sveva, Manuela ha lezione di pilates tra un'ora» si mise a sedere e indossò le scarpe che si trovavano ai piedi del letto della sua amica.
Si defilò molto velocemente, come se davvero avesse un'incombenza così urgente.

La verità era che non era riuscita a metabolizzare le parole di Giada, non appena salì in macchina una lacrima solitaria le rigò le guance arrossate, non si disturbò per asciugarla. Sentì il sapore salato in bocca, per poi constatare che si trattava di ben più di una lacrima.
Percepì l'ansia montare dentro di sé, schiacciarle il petto e martellarle in testa, con un gesto quasi involontario della mano accese l'auotoradio e lasciò che le note della canzone ormai avviata sovrastassero tutto.
La musica era sempre stata terapeutica per lei, nonostante non conoscesse la canzone in questione e nemmeno la radio - tanto raramente l'ascoltava dato che aveva le sue playlist scelte ad hoc sul cellulare - iniziò a respirare lentamente per calmarsi.

«Carissimi ascoltatori siete ancora su Radio Mezzanotte e questa era "Litoranea" di Elisa, lascio spazio al programma successivo perché la mia ora è finita e vi ricordo ancora una volta che le candidature per apprendista presso la nostra Radio, poteste imparare il lavoro più bello del mondo e ancora non lo sapete.»

Rimase un attimo interdetta da quell'annuncio e poi ebbe un'epifania: quante probabilità c'erano che la canzone fosse di Elisa - come lei, pensò magari essere Elisa Toffoli, ma poteva accontentarsi di condividere il suo nome - e che facessero quell'annuncio proprio in uno dei periodi in cui sentiva di dover far qualcosa per dare una svolta alla sua vita?

Con la manica della felpa asciugò i residui salmastri sul suo volto, si sistemò a sedere e indossò la cintura di sicurezza.

È il momento di smettere di fare da sfondo alla vita tua e degli altri, Elisa, vatti a prendere il tuo futuro, è il tuo momento.







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N.d.A
In questi giorni sto scrivendo un sacco e fino a tarda notte, sarei stata tentata di pubblicare anche questo capitolo prima ma ho avuto paura di affrettare troppo le cose. Mi piace lasciare anche un po' di suspense di qualche giorno e fare la bastardella (aggettivo che mi devo accollare purtroppo), perché un po' piace anche a me avere questa attesa quando leggo una storia.
Si iniziano a scoprire più carte in gioco, aspetti un po' più nascosti della protagonista, che ve ne pare di questa Elisa?

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora