10. Pastiglia di coraggio

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Elisa non ebbe molto modo di prepararsi a quella serata, era stata colta alla sprovvista dal suo capo, ed essendo insieme a Sveva fino a poco prima non aveva avuto tempo di farsi tante paranoie.
In fin dei conti forse era pure positiva come cosa.
Odiava non avere il pieno controllo su ciò che faceva, perché l'ignoto la terrorizzava davvero tanto, odiava essere impreparata, ma nella radio - come in tv - non si può avere sempre tutto pronto. Doveva abituarsi, ed era un modo anche per spronarsi ad andare oltre i propri limiti, ma la sua convinzione di essere rincorsa dai guai non giovava molto al suo stato d'animo.

Sentiva le gambe diventare di gelatina mentre guidava verso la sede della radio, come se quel caldo torrido di luglio avesse potuto scioglierle non appena scesa di macchina. Non aprì nemmeno i finestrini tanto era concentrata sull'arrivare il prima possibile, doveva scoprire questa fantomatica sorpresa che avevano in serbo per lei, e una volta arrivata aveva la fronte intrisa di sudore.

Una volta parcheggiato, cercò alla rinfusa una gomma da masticare dentro la borsa, tirando fuori una confezione stropicciata di non si sa quanti secoli prima: dentro c'era rimasta l'ultima cicca.

Era destino, la mia pastiglia di coraggio, pensò prima di scendere dall'auto e iniziare a masticarla nervosamente.
Si impegnò con tutta sé stessa a far agire quell'effetto placebo che desiderava ottenere, così da sentirsi più spavalda una volta arrivata su.

Salì gli scalini a due a due, era troppo emozionata anche per prendere l'ascensore. Tutto sommato forse non si rivelò una gran bella idea farsi cinque piani di scale a piedi: arrivata in cima sembrava aver corso una maratona.
Una volta giunta sul pianerottolo giusto, spalancò la porta e si trovò davanti un'orda di persone.

Era tutto molto strano, di solito erano due, massimo tre ospiti ad occupare gli studi.
Non appena mise bene a fuoco tutto, realizzò che tutte quelle persone erano coloro che avrebbe dovuto intervistare, e le parve di riconoscere anche delle voci.

«Oh, guarda chi c'è» una chioma rossa spettinata la indicò, salutandola subito dopo con la mano.

Rimase inchiodata sul posto, sollevò a sua volta una mano in maniera impacciata.

«Ehm, ciao»

Mentre pronunciava queste semplici parole capì tutto d'un tratto che la sua prima intervista in diretta radio sarebbe stata ai Bnkr44.

Ecco qual era l'occasione speciale, che meritava così tanto mistero da parte di Fabio, e che aveva generato in lei tanta trepidazione e interesse, nonché una buona dose di ansia e paura.

Se avesse potuto nascondere la testa sotto terra come uno struzzo, lo avrebbe senz'altro fatto.

Sei stupida, ci hai parlato una serata intera e ora hai paura a fare quattro stupide domande in diretta alla radio di paese, si ripetè queste parole come mantra di auto-incoraggiamento.
Subito dopo constatò malauguratamente che non stesse funzionando molto. Aveva le mani sudate, e ogni tanto sentiva le palpitazioni salirle in gola, avrebbe potuto vomitare quell'angoscia se ci avesse prestato ancora un po' di attenzione.

Ormai era successo, doveva affrontarlo, non si poteva scappare da quella situazione.

Cercò di calmarsi, questa cosa di "conoscerli" poteva giocare a suo favore.

Dopo che ebbe salutato tutti i ragazzi, Fabio le fece cenno di seguirla nel piccolo ufficio adiacente alla sala di registrazione.

«Dovresti trovare qualche domanda da fare, non banale magari, per le canzoni ho già parlato con loro e deciso quali far passare bene o male. Che ne dici, puoi farcela?» le sorrise in maniera rassicurante. Lei annuì facendo un respiro profondo.

Prese il proprio cellulare e iniziò a scrivere e cancellare compulsivamente mille domande, alcune erano troppo scontate, andavano bene per le presentazioni iniziali ma non per dopo, avrebbero solo reso tutto barboso e monotono e non voleva che fosse così.
Forse anche perché aveva timore che riponessero in lei una certa fiducia, quei ragazzi, non voleva fare brutta figura.

Sicuramente avrebbero dovuto parlare del tour, del disco, di future uscite, della vita da ragazzi di provincia che si stavano affacciando a nuovi orizzonti e carriere.

Quando fu l'ora di sedersi davanti ai microfoni con le cuffie in testa le note del telefono di Elisa erano ancora vuote, e così sembravano anche essere i suoi polmoni quando la luce rossa che annunciava l'inizio della registrazione si accese.

Fortunatamente l'inizio fu guidato da Fabio, lei dovette solo presentarsi brevemente, con un piccolo aiuto da parte del suo superiore nell'introdurla a tutti, per poi essere seguita a ruota dalla cascata di nomi dei componenti del collettivo.

La corvina molto contenta di essere seduta in mezzo a Dario e Duccio, i due la rassicuravano e non la mettevano a disagio, fortunatamente quel cavernicolo di Andrea era seduto lontano, vicino al suo amichetto del cuore Pietro su una specie di poltrona troppo piccola per due persone e troppo larga per una, e in piedi appoggiato allo schienale della poltrona c'era Jacopo. Invece Marco - o almeno le sembrava si chiamasse così - condivideva uno sgabello con Ghera. Erano un po' stretti, ma gli spazi della lussuosissima Radio Mezzanotte non potevano offrire di meglio.

D'altronde, pensò la riccia, dovranno essere abituati a doversi un po' arrangiare, sono sempre un plotone quando si muovono in gruppo.

In quei mesi, volente o nolente aveva un po' imparato i nomi d'arte perché era stata non proprio sottilmente obbligata a seguirli sui social da Giada, anche quando ormai con Faster non era andata a buon fine, quindi un minimo sapeva associare nome di battesimo a nome d'arte e aveva una piccola idea della persona in sé.
A dirla tutta, un po' per caso - perché aveva sentito una canzone o due e Spotify glieli aveva infilati in qualche playlist - aveva anche ascoltato diverse canzoni, e non le dispiacevano. Ma tutto finiva lì.

Tamburellava nervosamente con i polpastrelli sulla scrivania, incrociò per un attimo gli occhi di Erin, che sorridevano, e guizzò anche un gentile sorriso sul suo volto. Il ragazzo dai verdi capelli rasati sollevò un pollice in su, stando attento a non farsi notare troppo dagli altri, lui l'aveva percepita tutta quell'ansia che lei aveva in corpo.

La spia rossa si illuminò nuovamente e prese la parola.
«Questa era "Tira e molla" sempre dall'ultimo album "Farsi male a noi va bene 2.0" dei nostri ospiti di stasera, i bunker 44» riprese fiato solo alla fine della frase per paura di incespicarsi nel discorso e iniziare a balbettare.
«La nostra Elisa vuole nasconderlo, perché è modesta, ma ha in serbo delle domande speciali per voi, non è vero?» la incalzò il suo capo, inclinando il capo di lato.

La ragazza deglutì rumorosamente all'udire quelle parole, e sentì scivolare via da lei ogni goccia di linfa vitale.
Sperò vivamente di non darlo a vedere ma percepì di essere sbiancata.







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N.d.A
Buonsalve, come state?
Fine un po' suspence, perché ultimamente sono in questo mood (in realtà lo sarei sempre ma non mi è mai capitata l'occasione giusta come negli ultimi due capitoli), non odiatemi please, il continuo arriva a breve (e vi anticipo che dopo quello non so con quale costanza riuscirò a pubblicare molto perché avrò le ferie e sarò un po' fuori casa, ma dopo riprendo tutto in mano come prima).

Mai sonno || Fares Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora