Capitolo 25.2

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Taylor

Il pomeriggio dopo mi preparai ad uscire con Terence, dopo aver studiato un po'.

Ero entusiasta di vederlo, anche perché aveva avuto comportamenti strani, o meglio, insoliti, e volevo capirci di più.

Inoltre, un altro pensiero costante frullava nella mia testa: quella sera sarei dovuta uscire con Jordan per il compito di scienze, e mi sentivo parecchio tesa.

Era molto che non passavo del tempo da sola con Jordan, e le poche volte avevamo litigato. Mi sentii in colpa perché in fondo, ma molto in fondo, un po' ero felice di vederlo, anche se non avrei dovuto.

Si era comportato da stronzo con me, mi aveva fatto passare notti a piangere nella speranza di un suo ritorno e io ero quasi felice di vederlo?

No, sicuramente mi sbagliavo, era solo un'impressone. Io non avevo più niente a che fare con quel ragazzo, e quella sera avremmo semplicemente eseguito il compito di scienze e poi saremmo tornati a casa, fine della storia.

Rapporto professionale.

Il suono di un clacson mi riportò alla realtà, così sistemai il top color turchese e i cargo di jeans a vita bassa e uscii.

Terence mi aspettava nel viale di casa mia, con la macchina in moto. Entrai e lui mi accolse con un sorriso.

Tirai un sospiro di sollievo: il solito sorriso di Terence, per fortuna.

"Ehi!" Lo salutai, abbracciandolo.
Lui mi guardò intensamente, poi posò le sue labbra sulle mie e presto si trasformò in una danza di lingue lenta e delicata.

"Okay, adesso ho il carburante per partire." Scherzò, quando mi scostai da lui.

Menomale, è tornato il Terence di sempre. Mi mancava.

"Ehi...scusa se te lo chiedo, ma è successo qualcosa in questi due giorni? Perché mi hai scritto poco, ma adesso sembra tutto okay." Osai, sperando non se la prendesse.

"Lo so, scusami, è che ho avuto molto da fare." Restò sul vago.
"Con la squadra?"
"Anche. Scuola, hockey... ma ora sono tutto per te."
Arrossii e sentii il cuore scaldarsi a quelle parole.

L'auto parcheggiò vicino al parco stabilito.
Ci sedemmo su una panchina ai piedi di una quercia, dove si stava bene e al fresco.

Due ore dopo, tutto ciò che avevamo fatto io e Terence era stato baciarci, lui con foga, come se non mi vedesse da anni, e parlare di qualche cazzata per non trascorrere tutto il pomeriggio a fare solo quello.

Ero stata bene con lui, certo, ma la nostra sembrava un po' una relazione da ragazzini delle medie che non hanno un motivo preciso per il quale stare insieme.

Insomma, io e Terence alla fine non ci conoscevamo poi così bene. O meglio, sapevamo cosa ci piaceva fare nella vita, i nostri hobby, ma poi non parlavamo mai di argomenti più delicati.

Insomma, non erano mai usciti argomenti sul nostro passato, le nostre fragilità...
Se stavo male, io chiamavo Mike, ma mi sarebbe piaciuto poter chiamare anche lui.

Eppure, ci comportavamo come se non ci interessasse di scavare più a fondo nella nostra relazione. Lui sembrava non aver niente da dire, anche se a me interessava davvero sapere qualcosa in più sul suo conto, ma a lui non sembrava neanche interessare cos'avessi da dire io.

E ammetto che non avevo mai sentito l'impulso di aprirmi e raccontare a Terence le mie fragilità, di essere capita da lui, perché non volevo annoiarlo ma anche perché non mi fidavo ancora così tanto.

You again- un cuore in due Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora