Capitolo 19

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《La gente potrebbe imparare dai propri errori se non fosse così occupata a negarli》
Carl Gustav Jung

Arold

La faccia di mamma quando è venuta a prendermi dalla centrale è stata indescrivibile. Davvero, vorrei aver fatto una foto, così la riguarderei ogni tanto e mi farei due risate sincere. Quando siamo arrivati a casa ieri notte, è crollata sul letto, arrabbiata nera. Non ha avuto nemmeno il tempo di farmi la solita maranzina. Davvero un peccato. Anche io sono crollato sul letto della mia stanza, la testa girava troppo forte per riuscire a restare sveglio a creare qualche altro disastro. Ha dovuto pensarci papà a sistemare la casa e a coprirci con le coperte morbide. Ho riconosciuto le sue mani forti e spesse, che mi accarezzavano prima di addormentarmi. Quando mi sono svegliato questa mattina non ci potevo credere. Un'altra fottuta giornata. Avrei preferito finire in ospedale. Perché mi sono svegliato? Perché dannazione devo andare a scuola? Non sono bravo a fare niente nella vita e della mia vita. Che senso ha sprecare tempo così? Piuttosto mi faccio due drink e poi dormo. Eppure, papà mi ha sorriso e sono riuscito a trovare la piccola spinta necessaria per alzarmi, rendermi almeno un minimo decente e poi andare in quel bellissimo posticino. Quello dove solo i migliori sopravvivono e riescono a crearsi un futuro con una bella vita. Sinceramente, penso che la felicità dipenda molto dalla propria famiglia e dalla situazione che ti è capitata dalla nascita, e quella non puoi cambiarla. Insomma, io vorrei poter abbandonare mamma in Inghilterra e dimenticarla per sempre, ma purtroppo non posso farlo. 《Dove vai?!》urla di prima mattina. La sua voce stridula mi fa venire la pelle d'oca. Si vede che non si è stancata abbastanza ieri sera se ora riesce ad urlare così. Mi giro lentamente e la guardo storto 《A scuola, non va bene neanche questo?》lei si tiene a debita distanza da me, come se fossi pericoloso, un criminale, un malvivente. Che poi alla fine, non sono proprio questo?《Sei davvero un animale. Parleremo quando tornerai a casa》sentenzia come se fosse un giudice e mi guarda con quel sguardo da rimprovero. Esco dalla porta con il pensiero che quasi quasi a casa non ci torno più. Arrivato a scuola mi sono ricordato che quei stronzetti lecca culo mi stanno ignorando da qualche tempo. Non li è ancora passata la storia di Trina? Mi siedo al mio posto. I minuti passano lenti durante la lezione e io mi sto annoiando a morte. Sarebbe divertente infastidire la biondina ricca, la buona cocca di papà. Se solo la tocco inizia a sclerare. È super divertente far crollare gli altri con quello che non sopportano. Come quando qualcuno dice di non volersi assolutamente prendere il raffredore e tu inizi ad imitare gli starnuti, solo per il gusto di vederli come si allontanano da te. Rido. Forse sono io quello cattivo e malato di mente. Tutti i miei piani vengono interrotti da qualcosa di nuovo. Ero così arrabbiato da non aver notato una nuova chioma di capelli. Sono mossi e come rossicci. Strano, non mi aspettavo una nuova compagna di classe. Probabilmente sono io che me la sto immaginando. Sono solo un pazzo. Suona la campanella e capisco che è ora dell'intervallo. Finalmente. Mentre decido se alzare il culo dalla sedia e farmi un giro, vedo di nuovo quella chioma di capelli, ma questa volta in piedi. Vicino a lei c'è anche Siro. Mi sposto leggermente per riuscire a vedere meglio il suo viso. Riesco a intravedere il suo sorriso, ma quando si gira rimango per davvero di stucco. Due occhioni azzurri come il limpido cielo d'estate. Mi ricordo subito di quei occhi. Sono quelli che avevo visto alla festa di ieri, quelli che sembrano un angelo. No dai non è possibile. Ieri sera ero totalmente fatto, magari ancora adesso ho qualche piccolo effetto non svanito. Eppure sembra così reale. Massi, ma che me ne fotte a me? Se è reale, sarà una ragazza come le altre. Se non è reale, ho visto i più bei occhi della terra. Alla fine decido di alzarmi. Quando passo affianco al gruppetto, mi rendo conto che lei è reale. Non è una mia immaginazione. Rimango quasi imbambolato a osservarla. Quando ero piccolo, mamma mi aveva fatto imparare tanti termini sulla moda. Li ho sempre ritenuti una perdita di tempo, ma ecco a cosa mi tornano utili, a saper descrivere l'outfit di questa ragazza. La osservo bene. Forse la seconda cosa che si nota di più di lei, oltre ai suoi occhioni azzurri, è proprio il suo stile. Devono proprio piacerle le stelle e le lune, perchè ha un maglioncino a colletto alto color prugna, costellato di quest'ultime, che sono di un colore argentato. Le maniche lunghe ma un po' a sbuffe, che galleggiano lentamente nell'aria donandole un'aria quasi da bambina, o un'angioletto. A coprire una salopette di jeans di un blu scurissimo, quasi nero, che le cade a zampa. Una cintura nera legata in vita con un fermaglio di una luna dorata attaccata, mentre ai piedi le converse nere medio-alte per dargli quei centimetri in più d'altezza. Mi ripeto di smettere di guardarla così e piuttosto di andare a farmi una canna in bagno. Mi impongo di uscire dalla classe ed esco nel corridoio. Quando entro in bagno e mi accendo una sigaretta, l'odore di fumo mi fa girare la testa. Porca puttana, il mio corpo di merda non si è ancora ripreso e si rifiuta di fumare o bere altro. Sul serio? Cioè, io voglio divertirmi e lui non mi lascia? Spengo la sigaretta e mi siedo per terra. C'è tanto silenzio qua. La porta si apre ed entra qualcun altro. Non mi importa. La ignoro, ma questa figura si siede accanto a me e dopo aver visto i suoi ricciolini biondo, capisco che è di nuovo Siro. Oh ma questo sempre qui sta? Mi ripeto di non essere troppo sgarbato con lui. È stato gentile con me ieri, devo ricambiare il favore. 《Come ti senti oggi?》mi chiede con tono calmo e ragionevole. Io non lo guardo, perché sento di dover vomitare. Sto davvero uno schifo. Lui rimane in silenzio. Io mi alzo di scatto e vomito anche l'anima nel lavandino. Prendo un goccio d'acqua e mi ripulisco la bocca da questo saporaccio. Torno a sedermi. Per qualche secondo mi sale la voglia di chiedergli della ragazza. Quella a forma di angelo. Ma mi freno e rimango in silenzio. Se gli chiedessi di lei sembrerei strano secondo me. 《Devi mangiare e riposarti》dice guardandomi sinceramente negli occhi. 《Arold, posso chiederti una cosa?》pronuncia le parole con molta calma, quasi con paura. Faccio un cenno con la testa. Non penso di avere le forze per reagire. 《Perché ti riduci così? Che senso ha? Bevi alcool come se non ci fosse un domani, ti ubriachi, stai male, ti riprendi e ricominci il circolo. Da quanto tempo vai avanti così?》mi soffermo a rifletterci attentamente. 《Qualche anno, circa due o tre》sussurro, mi sale la nausea. 《E dove ti ha portato?》evito il suo sguardo. Io lo so che lui non è la mamma, ma ho una paura matta che la mia mente stupida mi faccia vedere lei e non lo voglio proprio. 《Alzati, andiamo a mangiare qualcosa, diciamo che ti senti male e ti porto in infermeria》mi prende dal braccio cercando di non farmi male e mi aiuta con delicatezza e pazienza ad alzarmi e uscire. Ci affacciamo alla classe, la lezione è già cominciata《Scusi professore, Arold non si sente bene, lo accompagno in infermeria》il prof acconsente. Camminiamo lentamente per i corridoi, fino ad arrivare nell'atrio. Vedo subito Trina. Mi sale il senso di colpa improvviso. Lei ci viene incontro e mi aiuta a sedermi. 《Oh Arold, di cosa hai bisogno?》mi chiede preoccupata. Lancia sguardi a Siro, in cerca di una sua risposta. 《Ha bisogno di mangiare e riposare》dice Siro mentre mi tocca la fronte, per vedere se ho la febbre. Lei va subito dal suo armadietto e torna con un panino in mano. Me lo porge e mi sorride 《Mangialo, io ne ho due》la guardo, i sensi di colpa non mi lasciano. 《Scusami Trina, scusami tanto tanto tanto. Davvero. Io non volevo, mi dispiace, io..》comincio a farfugliare ininterrottamente, allora Trina mi interrompe e mi abbraccia. 《Mangia a rilassati, è tutto okay》mi sorride in modo talmente caloroso che decido di afferrare il panino e mangiarlo. I suoi occhi parlano, non è arrabbiata con me, è sincera e affettuosa. Trina è meglio di mia madre sinceramente. Se avessi avuto lei come mamma e Siro come fratello, forse non sarei quello che sono. Al primo boccone mi rendo conto che sto morendo di fame in una maniera assurda. Lo divoro in un minuto. Entrambi si siedono accanto a me e mi guardano ridendo. 《Hai ancora fame?》mi chiede Siro. Lo guardo meglio, si sarebbe stato un grande fratello. 《Sono apposto, grazie mille, davvero》cerco di esprimere al meglio la mia gratitudine, ma non sono bravo con le cose come le emozioni. Non so esprimerle bene. Mi auguro però che loro abbiano capito. Perché davvero, sono le uniche pochissime persone per cui provo un poco di affetto.

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