Capitolo 35

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《-Non sento niente, sono vuota》
《-O magari stai provando così tante emozioni contemporaneamente che si annullano a vicenda》
-The umbrella academy

Alexia

Ieri sera quella scena mi ha fatto un male incredibile. Sono corsa subito in camera a consolare e aiutare Vega, ho pensato che a papà potevo pensare poi, la priorità era lei. Quando sono salita in camera, ritrovarla nel suo letto, in quello stato, mi ha fatto male. Perché empatia significa questo. Significa che tu piangi e io muoio insieme a te, perché il male che senti tu, lo sento io dentro. Non mi tolgo la scena dalla testa. Vega, mia sorella, un'essere umano che non si merita questo, aveva gli occhi rossi, infranti da un dolore immenso, le lacrime scendevano e scendevano, come se fossero infinite, le sue occhiaie diventavano sempre più profonde, i suoi capelli erano tutti scompigliati ed era sudata, completamente sudata. Piangeva così tanto che non riusciva a parlare. Sembrava solo che volesse sprofondare con tutta se stessa nel suo letto. La guancia era rossa e si gonfiava lentamente, e lei non se ne preoccupava. Era quasi inconsolabile, non sono riuscita ad aiutarla completamente come mi sarebbe piaciuto. Sua mamma è salita in camera dopo aver tentato di rimproverare papà, ma non so quanto successo abbia avuto. Ha portato del ghiaccio e le ha tenuto tutto il tempo il ghiaccio sulla guancia, finché esausta da tutto quel piangere, si è addormentata. Ma anche durante la notte, si svegliava all'improvviso, ed io con lei, e tornava a piangere e piangere, a dirotto. Ha pianto tutta la notte, ha dormito quasi niente. Come sua madre. L'ho sentita dall'altra camera cambiare più volte posizione nel suo letto e piangere in silenzio. Quando ci siamo svegliate, tutte e tre avevamo delle occhiaie scure non da poco. Papà invece non si è fatto vedere. Meglio così, nessuno di noi lo avrebbe potuto sopportare.
Ora sono a scuola. Vega è in silenzio da quando ha aperto gli occhi. In silenzio, con gli occhi spenti, persi nel vuoto. Lo sento il vuoto che sente lei. Lo fa apposta, per non dover sentire il resto delle emozioni, sa bene che se allontana quel vuoto, comincerà a piangere per il dolore. Chow le sta accanto come se fosse sua madre, e io ho deciso di lasciar fare a lei. So quanto vuole bene a Chow, perciò non interferisco più e lascio che stiano assieme. Invece, per quanto riguarda me, è da sta mattina che continuo a osservare attentamente Arold. Non mi piace vederlo così. Ci ho parlato poco, ma io ci sono stata così bene e a mio agio, che mi fa tenerezza. Eppure tutti ne parlano male. Tutti dicono che è solo un tossico, egoista e arrogante. Un traditore e un bugiardo, oltre che bocciato. Il tipo da cui stare alla larga subito, appena lo si incontra. Ma io non sono la gente, sono Alexia Barlow, e se lui è davvero quel tipo di persona, voglio saperlo da sola. La mia compagna di banco mi porge una caramella 《Vuoi?》io la prendo e la ringrazio. Non ricordo mai come si chiama, non so perché, ma il suo nome non mi entra in testa. Mi giro e il gruppo di amici di Siro si riunisce intorno al suo banco e iniziano a scherzare e chiacchierare come al solito. Noto subito, come questa mattina, al fondo della classe Arold da solo e con un broncio stampato sul viso. 《Ehi, cos'ha Arold?》chiedo alla mia compagna, nella speranza che lo sappia e che non mi risponda semplicemente male, solo perché si tratta di Arold, e subito si gira nella sua direzione. Poi torna a guardare me 《Perché dovrebbe importarmi? Per me può anche morire quello》risponde come se le sue parole fossero parole normalissime. Semplici pillole da deglutire, invece non si rende conto che sono macigni. Io mi trattengo con tutte le mie forze nel risponderle con una certa cattiveria, tanto quanto la sua, perché se lo meriterebbe. Ma vengo distratta, vedo un ragazzo che si avvicina ad Arold in modo amichevole 《Ehi amico, che succede?》si mette di fronte a lui e cerca di toccargli la spalla come segno di conforto. Arold si alza di colpo 《Succede che devi farti i cazzi tuoi, amico!》gli dà uno spintone e il ragazzo traballa all'indietro e sbatte contro un banco. Tutti si girano improvvisamente e lo guardano male, sono confusi del perché si è comportato in malo modo con qualcuno che voleva solo aiutarlo. Lo osservo. Ci vedo rabbia. E la rabbia è solo un sentimento che aiuta a nascondere altri sentimenti, come una maschera. Poi Arold esce dalla classe sbattendo tutto ciò che trova e prendendosela con chiunque cerchi di parlargli. Non so se alzarmi e andargli dietro, forse in questo momento ha bisogno di starsene da solo, o forse ha bisogno di qualcuno con cui parlare. A nessuno fa bene stare soli troppo a lungo. Mi alzo dalla sedia, ma un gruppo di ragazze curiose mi trascinano in disparte 《Da dove vieni?》mi chiedono 《Sei fidanzata?》mi guardano dalla testa ai piedi 《Ti piace Siro?》mi toccano i capelli, come se fossero invidiose 《Sei la migliore amica della sfigata?》io mi sento oppressa e mi sale l'ansia. Non riesco a libermene e non riesco nemmeno a parlare, a ribellarmi. Riesco solo a guardare Arold mentre svolta l'angolo del corridoio e a me mi si spezza il cuore a vederlo così. Nessuno se lo merita. Nessuno. Mi sento così inutile in questo momento. Lascio che facciano, ma dopo una manciata di minuti riesco a scacciare nel modo più gentile possibile, il gruppettino di dosso. All'improvviso delle urla rimbombano per tutto la scuola. Tutti si guardano attorno ma non ne trovano la causa. Mi alzo ed esco dalla classe cercando di seguire quei suoni. Sono grida di ragazzi e ragazze spaventate e sorprese, come sospiri di paura e sospiri di stupore. Corro per i corridoi, ma non c'è niente, a questo punto penso vengano da fuori. Mi precipito nel cortile della scuola e vedo immediatamente un gruppetto enorme di ragazzi e ragazze di varie classi che gridano. Sono ammucchiati in un punto solo, perciò al loro centro è successo qualcosa. È sicuramente il motivo delle urla. Sposto tutti cercando di fare il meno possibile del male a qualcuno e quando sono al centro capisco perché si comportano così. Arold è in piedi e sdraiato a terra di fronte a lui c'è un altro ragazzo, ha il volto ricoperto di sangue e il pugno destro di Arold è completamente macchiato di quel sangue. Una ragazza si avvicina al ragazzo steso a terra 《Ehi ehi, stai bene?》cerca di smuoverlo dalle spalle 《Si..p-portate via questo psi..copatico》riesce a dire nel tentativo di alzarsi e pulirsi la faccia. La ragazza lo aiuta ad alzarsi e, insieme ad altre persone, lo portano in infermeria. La gente si allontana lentamente, riamaniamo solo io e lui. Arold è in silenzio che mi fissa, ha gli occhi spenti, proprio come quelli di Vega. Mi avvicino di poco a lui, non voglio farlo innervosire e non voglio fare qualcosa che a lui non fa piacere. 《Arold, ciao, sono Alexia, ti ricordi? Voglio solo dirti che è tutto okay, non sono arrabbiata, ma ti va di spiegarmi cosa è successo? Con calma》parlo con parole dolci e esprimendo tutta la gentilezza che ho. Lui continua a fissarmi, forse cerca di capire se davvero non sono arrabbiata con lui. 《Magari andiamo a sederci laggiù》gli indico una panchina, lui mi fa di si con la testa, così andiamo a sederci insieme. Per qualche secondo rimaniamo in silenzio seduti l'uno accanto all'altra. 《Non volevo》ammette a testa bassa e con voce rauca《Ero arrabbiato》. Vorrei appoggiare una mano sulla sua spalla, ma forse è eccessivo, dato che ci conosciamo da poco. Vorrei dirgli che a tutti gli errori si può rimediare, che sbagliare è umano, l'importante è riparare alle proprie azioni.《Avvolte succede Arold》per la prima volta da quando siamo seduti si gira e mi guarda negli occhi, come se prima non avesse avuto il coraggio di farlo 《Avvolte la rabbia ci acceca e vediamo tutti come un nemico, avvolte allontaniamo o trattiamo male persone che in realtà vogliono solo aiutarci, accade》gli sussuro, lui mi ascolta attentamente. Una lacrima scende dal suo volto, io senza pensarci, di istinto, gliela asciugo, riesco a sentire il suo cuore in mille frantumi. Lui rimane sorpreso dal mio gesto e mi guarda in un modo che non so descrivere. Poi distoglie lo sguardo da me, e mi priva della vista dei suoi occhi marrone scuro. Si guarda le mani ricoperte del sangue di quel ragazzo, tenta di toglierlo grattandosi, ma così fa solo peggio. Estraggo un fazzoletto pulito dalla tasca e molto lentamente prendo le sue mani nelle mie. A contatto con le mie mani ha un leggero tremolio, non saprei dire il perché. Pulisco ogni macchiolina di sangue dalla sua pelle e le sue mani tornano come prima. 《Mi dispiace》sussurra, senza guardarmi negli occhi 《È da animali comportarsi così, non vorrei mai che fossi spaventata da me》mi sale l'istinto di abbracciarlo, con Vega lo faccio sempre, ma qui la situazione è diversa. Poggio una mano sulla sua spalla con decisione e affetto, e sotto il mio tocco, lui torna a guardarmi in quel modo 《Non potrei mai essere spaventata da te, non dopo aver visto quanto puoi essere educato, dolce e simpatico. Tu sei anche questo Arold, anche rabbia, non reprimerlo, abbracciarlo e rendilo parte di te, facci pace》dico queste cose con semplicità, ma forse è troppo presto per dire queste cose a lui? Non lo so, accade tutto in fretta. Mi sorride felice, come un bambino 《Davvero sono tutte quelle cose belle che hai detto?》io ricambio il suo sorriso 《Certo che lo sei》. Restiamo così, sulla panchina del cortile della scuola, a guardarci sorridendo. Almeno qualcosa, oggi, è andata bene.

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