Capitolo 40

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《La rabbia di essere impotenti》

Vega

Hai mai sperimentato l'orlo della pazzia più totale? Quella dove non sai più come aggiustare le cose, dove non sai più come andare avanti, come continuare a vivere, come svegliarsi la mattina, come smettere di piangere e invece di sorridere? Hai mai sperimentato quando vuoi semplicemente affogare, ma non puoi? Quando sei costretto a vivere nell'agonia più totale? Quando non capisci più se sia meglio vivere o morire? Hai mai sperimentato queste cose? Forse no, o forse si, ma in ogni caso non auguro a nessuno di vivere questo. A nessuno su questo mondo terribile. Non auguro a nessuno di avere una famiglia come la mia. Non auguro a nessuno tutto questo. Vorrei solo sbattere la testa il più forte possibile e andare in coma per sempre, vorrei solo far sparire tutto e tutti, perché ho provato di tutto, ma non funziona niente con me. Ho provato a ignorare il problema, e non funziona. Ho provato a parlarne, e non funziona. Ho provato a cercare aiuto, e non funziona. Ho provato a spegnere il mio cervello, e non funziona. A questo punto non so più nulla. Mi sento spenta. Non capisco più niente e le lacrime scendono dai miei occhi come piccoli cristalli, rendono le mie guancie fredde e i miei occhi rossi e deboli. Rendono me debole. Tutto mi rende debole. Forse sono proprio io debole. Volevo solo uscire di casa e perdermi per il mondo, diventando un essere umano dimenticato persino dal cielo, invece Siro mi viene dietro come se fossi la persona migliore e più importante di questa fottuta vita, ma non sa nemmeno lui in cosa si sta andando a cacciare. Sta scegliendo di starmi accanto proprio ora che non sono in me. Proprio ora che sarei capace di dire e fare cose davvero orribili. E io non voglio farlo, io ho paura di perdere il controllo ancora più di quanto già io l'abbia perso. Se solo sapesse, se solo vedesse, anche lui scapperebbe. Scapperebbe da me e da tutto quello che sono. Quando ho sbattuto la porta di casa dietro di me, il clima bestiale che c'era fuori mi ha avvolta completamente. Tremavo. Ma ora non percepisco più l'aria fredda che mi è ormai entrata in ogni parte del corpo, non percepisco il vento che mi schiaffeggia la faccia a ogni movimento. Continuo a correre e correre perché non so cos'altro potrei fare della mia vita. Non so come risolvere un problema che non può essere risolto, non so come superare qualcosa che non si può superare e non so come accettare un dolore che mi appartiene da anni. Non ci sono ancora riuscita. Corro così veloce che sento i muscoli bruciare e il mio corpo mi urla di fermarmi, ed io non lo ascolto, l'ho sempre considerato troppo inutile per essere degno di essere preso in considerazione. I miei occhi sono offuscati dalla rabbia e dalla tristezza, e le lacrime e il vento freddo non aiutano la situazione, così inciampo su una roccia che non avevo visto e cado di faccia. Prima che il mio volto già rovinato sbatta contro il cemento della strada, Siro mi afferra e mi rimette in piedi con delicatezza e forza allo stesso tempo. Tengo gli occhi bassi, non trovo la forza per guardarlo in questo momento. Provo a tornare a correre, o almeno a camminare, ma sento il mio corpo cedere alla fatica. Lui mi afferra e mi regge, notando quanto io sia in difficoltà. 《Ora andiamo a sederci da qualche parte》sussurra preoccupato. Mi auguro solo di essere arrivati abbastanza lontani. Tengo gli occhi chiusi e mi abbandono per qualche secondo al riposo, mentre Siro ci fa sedere su una panchina. Quando le palpebre si risollevano, non riconosco per niente questo posto. Prendo un respiro di sollievo, suppongo che siamo abbastanza lontani dalla città e da casa mia. Restiamo in silenzio, il mio sguardo perso nell'assenza del mio pensiero. Passano minuti in cui restiamo seduti l'uno affianco all'altra, come due sconosciuti. Sento l'adrenalina che mi ha accompagnata fino ad adesso, lasciarmi e sciogliersi nella falsa pace di questo momento. Poi lui poggia lo sguardo su di me, riesco a percepirlo, anche se non lo vedo.《Dal primo giorno di scuola, tu hai notato che in me c'era qualcosa di troppo perfetto, e che qualcos'altro l'avevo sepolto. Tu hai continuato a interessarti alla mia storia in modo quasi ossessivo direi, e pensavo che lo facessi perché non sapevi cosa significasse la parole privacy》si lascia scappare una breve risatina per smorzare l'atmosfera, io continuo a guardare davanti a me avvolta dal disastro che ho nel cuore 《Solo adesso ho capito che ti interessavi al mio disordine, per dimenticare il tuo. Stavi cercando una persona che potesse capire il dolore che provi tu. Qualcuno come te》sospira affranto 《E ora, se tu lo vuoi, sono qui per raccontarti quanto anche io sia un disastro, quanto anche la mia vita sia un disastro. Perché Vega Barlow, tu non sei sola nel tuo mondo, non sei stata dimenticata né abbandonata, tu esisti, tu sei qualcuno, ho visto quanto tu sia una brava persona, sotto tutto quel cemento armato che hai messo sopra le tue emozioni e il tuo cuore. Non sei sola. Anche io sono incasinato, ma se vuoi possiamo esserlo insieme, possiamo essere due disastri, se solo mi permetti di capirti》. Sento il mio cuore incrinarsi ancora più di quanto già è. Nessuno mi ha mai detto qualcosa di così bello. Nessuno mi aveva capita così nel profondo. Vuole aprirsi con me. Vuole starmi vicino. Comincio ad annuire lentamente《Voglio ascoltare la tua storia Siro Worley》alzo lo sguardo nei suoi occhi chiari 《Perché nemmeno tu sei solo》lui mi sorride caloroso e io riesco ad accenare ad un flebile sorriso. Si sistema meglio sulla panchina e distoglie lo sguardo da me. 《Ho sempre avuto una bella vita, una vita che si può definire perfetta. Credo che in molti vorrebbero ciò che ho io. Ho due genitori amorevoli, presenti e disponibili, e non posso lamentarmi della nostra casa o della nostra auto, perché stiamo più che bene economicamente. Anche nella società siamo in una ottima situazione. Abbiamo tanti amici e siamo ben voluti da tutti》fa piccole pause tra una frase e l'altra, riesco a percepire quanto sia difficile per lui parlare della sua vita. 《Mi è sempre piaciuta la scuola, infatti ho dei voti abbastanza buoni direi. Le elementari sono passate tra risate e amicizie. Le medie sono trascorse con nuove esperienze e con la crescita, con il passaggio da bambino ad adolescente, quello che ogni essere umano sperimenta. Sono stato bene. Quando avevo 13 anni ho provato la gioia più grande che un ragazzino potesse provare: sono diventato fratello maggiore. Sono sempre stato figlio unico e mi sentivo solo. Mi immaginavo spesso come sarebbe stato avere un fratello o una sorella. Ed ecco finalmente la mia sorellina: Sadie》si interrompe, non riesce a continuare il racconto. Mi avvicino a lui e appoggio una mano sulla sua spalla, gli sorrido con tutta la forza che ho, anche se mi sento uno straccio.《Ma vedi..lei non è come me o come te. Lei è speciale, è una stellina speciale. È così che la chiamo: "stellina". Lei sa camminare, parlare, giocare. Solo, è diversa: è autistica》sussurra con amarezza. 《Per noi questo non è un problema. Non è mai stato un problema. Non ho voluto rivelare a tutti che mia sorella è autistica, perché sapevo che vipere ci sono là fuori, sapevo che qualcuno l'avrebbe presa di mira, che qualcuno si sarebbe divertito a infangare il suo nome. Per questo avevo parlato di lei a pochi miei amici, tra cui Carol, la mia migliore amica come sai. Una mattina scolastica come le altre, in seconda liceo, non so come, tutti all'improvviso sapevano di lei, tutti sapevano chi è Sadie Worley. Hanno iniziato a fare battute su battutine su di lei, sulla mia stellina. Hanno cominciato a pasticciare il mio banco con la scritta "la scimmia autistica" e trovavo il mio armadietto scolastico sempre pieno di gomme da masticare appiccicate ovunque. Anche via chat ricevevo battute e insulti. Io ignoravo, mandavo giù, perché il mio amore per lei non sarebbe mai diminuito, mai. Io la amo con tutto me stesso, non è giusto deridere o amare meno qualcuno per una condizione in cui si trova, qualsiasi essa sia》dalle sue bellissime iridi hanno cominciato a scivolare lentamente piccole lacrime《Ma poi hanno cominciato ad andarci giù più pesante. Hanno cominciato ad alzarmi le mani e a rompere i miei oggetti personali. Sentivo le loro voci anche nel sonno. E io urlavo loro di smettere, di lasciare in pace me e mia sorella, ma la mia voce non era niente in confronto alla loro》noto che comincia a stringere forti la mani in pugni 《Non puoi capire la rabbia di questo. La rabbia di non riuscire a fare niente. La rabbia di vedere delle persone così stupide prendersi gioco di una persona a cui tieni tantissimo. La rabbia di essere tutti i giorni la scimmia da circo. La rabbia di non sapere come chiedere aiuto. La rabbia dell'indifferenza delle altre persone intorno a me. Nemmeno gli insegnanti hanno fatto qualcosa. Nemmeno a loro importava di me. Finché un giorno, davanti casa nostra, hanno lasciato un pacchetto con scritto "alla famiglia più down" e dentro al pacchetto c'era un peluche di una scimmia tutto sporco e pasticciato. È stato in quel momento che i miei genitori hanno capito che stava succedendo qualcosa con me. Ormai da tanto non riuscivo a mangiare e dormire bene ed ero spesso troppo irritato. È stato lì che sono andato in terapia e che ho cambiato scuola, e sono arrivato nella tua. Volevo solo ricostruirmi una vita e riprendermi da ciò che era successo. Volevo solo che nessuno mi vedesse come "il fratello della problematica". Volevo che mi vedessero come un semplice ragazzo con una semplice famiglia e una semplice sorella come le altre, perché lei non è meno bella o meno simpatica. È mia sorella. È per questo che mi sono sforzato di essere talmente perfetto. Avevo solo paura che tutto ricominciasse da capo》poggio una mano sulle sue mani e Siro torna a guardarmi 《Questa è la mia vita disordinata, in cui continuo a non riuscire a dormire la notte. Ora, solo se tu lo vuoi, puoi raccontarmi la tua vita disordinata, e farò come hai fatto tu con me: ti ascolterò in silenzio. Ti va?》mette la mano sulla mia e mi accarezza dolcemente. Una piccola lacrima scende giù. Ascoltandolo ero tornata tranquilla e mi ero dimenticata di ciò che è successo. Ci rifletto per qualche secondo, ma credo di essere pronta a condividere la mia vita disordinata.

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