Capitolo 41

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《Ride delle cicatrici colui che non è mai stato ferito》
-William Shakespeare

Alexia

Non mi ero mai sentita così ascoltata e così voluta da qualcuno. Arold prova puro interesse nei miei confronti. Ma non l'interesse dove vuole solo portarmi a letto, come la maggior parte dei ragazzi superficiali su questo pianeta, ma proprio interesse nei miei confronti, nel sapere come mi sento, cosa mi piace, cosa penso di alcuni argomenti. Interesse della mia persona. Di me. Di chi è Alexia Barlow. La nostra conversazione era così piacevole e mi sentivo così a mio agio con lui. È un ragazzo che si mostra forte e duro con gli altri, i suoi coetanei, ma in realtà è sensibile, è fragile e timido. Ha un cuore, a differenza di come credono altre persone, ma solo per chi vuole, solo per chi si merita di vederlo. Di conoscerlo. Non è cattivo, è solo ferito. Adoro il suo senso dell'umorismo un poco dark, adoro quando sbaglia a scrivere qualcosa nella fretta, perché emozionato, adoro il suo modo di parlare e adoro ciò che lui adora. Adoro tutto di lui. Un bellissimo sorriso era apparso sulle mie labbra rosee e per il tempo in cui abbiamo parlato mi sono dimenticata della realtà. Mi sono dimenticata di quanto in realtà faccia schifo tutto questo. Mi sono dimenticata di avere un padre violento e ubriacone e una mamma superficiale e assente. Mi sono dimenticata di essere sola in questa casa in un silenzio straziante. Mi sono dimenticata di avere una sorella con il cuore affranto quanto il mio. Mi sono dimenticata di tutto. Per qualche minuto sono stata una semplice ragazza che sta conoscendo un altro semplice ragazzo. Era tutto normale e okay. Poi ho sentito al piano di sotto la porta d'ingresso sbattere con violenza. Ho sussultato e spento di istinto il telefono. Mi dispiace cosi tanto interrompere la nostra conversazione, mi dispiace cosi tanto scomparire e abbandonarlo senza spiegazioni. Comincio a sentire ansia, tanta ansia, che pian piano si impossessa del mio corpo e scaccia con prepotenza la dolce tranquillità che fino ad adesso mi aveva avvolta con amore. Mi alzo e decido di scendere al piano di sotto. Mi chiedo di chi si tratta, se si tratta di Vega oppure di sua madre e nostro padre. Mi basta uscire dalla stanza e mettere il piede sul primo gradino per capire di chi si tratta, e ne rimango anche delusa. Il suono straziante delle lacrime di sua madre avvolgono il soggiorno e la voce furiosa di mio padre rendono il tutto solo più ansiogeno. Ed è qui che comprendo che Vega non è stata trovata, che non è a casa e che si trova fuori al freddo. La madre di mia sorella si trova seduta sul divano a piangere su un cuscino, e lui è seduto a tavola nervoso. Prendo coraggio, non posso restare anche io in silenzio, e non posso permettermi di disperarmi, perché se mi dispero, è finita.《Non-non avete trovato Vega..》sussurro con cautela e mi siedo affianco a quella povera madre sofferente. All'inizio appoggio una mano sulla sua spalla, poi comprendo che qui c'è bisogno di un grosso e affettuoso abbraccio. Le accarezzo i capelli con amore e cerco di rassicurarla anche con le parole《Lei tornerà a casa, lei starà bene, anche ora sta bene, sta solo sfogando la sua rabbia e quando si sentirà pronta arriverà qui lei stessa》lei annuisce cercando di convincersi delle mie parole. A quel punto mi volto in direzione di mio padre. Non mi è mai piaciuto litigare, non mi è mai piaciuto urlare o puntare il dito, ma onestamente credo che è ora di spiegazioni e di risposte, perché io non sono un giocattolo che deve ubbidire a qualsiasi cosa. Rimango seduta a rincuorare questa donna devastata e mi rivolgo a lui, tento di trattenere la rabbia e di moderare il tono della mia voce. Io non farò il suo gioco, io non urlerò come lui, perché io sono migliore di lui.《Posso chiedere come sia possibile che il nostro viaggetto di qualche giorno sia arrivato a durare mesi? Mia madre è informata di questo? Perché siamo qui? Cosa intendi fare, farmi vivere qui? Farci vivere qui?》lui alza lo sguardo nel mio. Non sembra più cosi nervoso, solo stanco. È incerto, non sa bene cosa rispondermi, e questo aumenta la mia impazienza e la mia rabbia nei suoi confronti. Non si scompone e rimane seduto nella stessa posizione in cui era prima《Chiedilo tu stessa alla tua cara mammina. Ti sei fatta due domande Alexia? Ti sei chiesta perché a lei non importi? Perché non c'è mai per te? Perché a lei importa solo e soltanto dei soldi e del suo lavoro in quella azienda di moda. A lei non importa di noi. Invece io mi sono sempre preoccupato di te. Lei invece senza farsi tanti problemi mi ha buttato fuori di casa!》percepisco la rabbia che prova per mia madre, ma la mia di rabbia è più grande della sua, decisamente più grande.《Oh certo! Perciò ti è sembrato giusto trascinarmi con te qui? E poi, se davvero ci tenevi a me, se davvero volevi essere un buon padre, non mi trattavi come mi hai sempre trattata. Tu sei stato più presente di lei? Tu ti sei preso più cura di me rispetto a lei? Se a lei importa solo dei soldi e del lavoro, a te importa solo dell'alcool. Non siete tanto diversi》dico con un non so che di aspro in gola. Quello che dico è vero, e lo so bene, non sono io nel torto.《Si ma almeno ora hai una sorella! E hai un'altra mamma migliore!》mi urla addosso come se avesse lui ragione. Ma davvero non si rende conto della gravità delle sue parole e delle sue azioni?《Ah quindi mi hai portata qui pensando bene di strapparmi dalla mia vita, da mia madre, dalla mia città e dalla mia scuola, perché hai pensato che fosse meglio qui? Pensavi che potevi darmi un'altra famiglia con molta facilità? Hai pensato molto attentamente a sostituire mia madre con la madre di Vega senza dirmelo? Ma ti rendi conto di quello che hai fatto e di quello che dici?》davvero sono incredula《Quindi volevi che io continuassi a crescere qui come se nulla fosse? Ti aspettavi che io non dicessi niente e accettassi? Ti aspettavi che facessi qui la scuola? Ti sei chiesto invece perché ti ha buttato fuori di casa? Te lo sei mai chiesto papà? Ti sei chiesto se invece il problema fossi tu?》lui abbassa lo sguardo e non ribatte più per qualche minuto. Io distolgo lo sguardo e cerco di concentrarmi su altro e di non crollare qui, in mezzo al soggiorno su questo divano. Non posso permettermi di piangere come se nulla fosse. Ora mi è tutto più chiaro. Non ho più nessun dubbio su che tipo di persona è mio padre. Ho capito tutto. Torno a pensare alla madre di Vega, si è tranquillizzata ascoltando la nostra conversazione e ora solo qualche volta cola una piccola lacrima dai suoi bei occhi scuri. Ora anche lei sa com'è andata, e ne sono felice. Sono meno felice però di sapere che comunque è triste. Non mi sento di lasciarla qui sola nel suo dolore, però ho lasciato anche Arold solo e voglio tornare da lui. Voglio tornare a parlare con lui e tranquillizzarlo se spaventato della mia improvvisa assenza. Mi alzo con fatica dal divano, avvolta dal senso di colpa e dalla tristezza. Davvero, non riesco ancora a credere alle sue parole. Alle parole di mio padre. A un padre che sarebbe dovuto essere un figura genitoriale migliore. Sia per me che per Vega. La guardo un'ultima volta negli occhi, la madre di mia sorella, e poi salgo lentamente le scale, con la nausea ovunque per colpa di nostro padre. Appena vedo lo schermo del mio telefono luccicare sotto un raggio di sole proveniente dalla finestra, sorrido e mi sento meglio. Fuori il sole sta cominciando a farsi strada nel cielo scuro, Vega tornerà a stare al caldo, e mi fa sentire davvero più sicura, è molto rassicurante un clima più calmo e sereno in questo momento difficile. Mi posiziono sul letto con l'intento di rilassare almeno il mio corpo e accendo il mio telefono, ovviamente torno su instagram. Spero di non averlo fatto preoccupare troppo. Vado sulla chat con Arold e mi scuso immediatamente della mia improvvisa sparizione, e subito dopo aver inviato il messaggio, lui torna online e mi risponde gentilmente di non preoccuparmi "piuttosto, stai bene? È successo qualcosa? Oppure ho detto qualcosa di sbagliato?" mi chiede preoccupato. Io non ci rifletto molto e rispondo con semplicità "no no, non ti preoccupare, non hai detto nulla di sbagliato, anzi solo cose molto belle<3 Ho solo qualche problema in famiglia" ammetto a lui, quanto a me stessa. Non voglio che si senta colpevole di qualcosa di cui lui non ha colpe. Anzi, è proprio lui una piccola luce in tutto questo. Arold mi risponde subito "mi dispiace, ti capisco, anche io ho qualche problema in famiglia, vuoi parlarne? Come ti senti?" a quelle parole torno a sentirmi a mio agio, torno a sentirmi felice come prima. Torno a dimenticare il male. Dimentico tutto e mi immergo in tutt'altro: conoscere e parlare con un ragazzo simpatico. Rileggo il suo messaggio un paio di volte, sono un poco incerta se parlargliene qui e ora, ma rispondo lo stesso con "mio padre dà qualche problema, e tu? Vuoi parlarmene?". Non mi risponde immediatamente, perciò suppongo che stia riflettendo alla risposta. Io attendo senza fretta, ha tutto il tempo del mondo per me. "Mi dispiace che tuo padre ti dia qualche problema ale, a me è mia madre che mi dà qualche problemino. Hehe, suppongo che capiti un po' a tutti.." rispondo immediatamente anche io "hehe eh già". Da lì la nostra conversazione va avanti parlando dei genitori più particolari di altri e delle famiglie disfunzionali. È bello parlare con lui di questo argomento, anche se lievemente, perché in realtà nessuno dei due è abbastanza entusiasta di parlarne, forse anche perché troppo personale. Poi arriviamo a parlare anche della scuola, lui non si è aperto molto su quanto fosse bravo prima rispetto ad adesso in quanto allo studio, ed io non ho insistito. So che lui era diverso, l'opposto di ciò che è ora, ma se lui vorrà mai condividere qualcosa di questo e dirmi di più, io sarò qui pronta ad ascoltarlo, ma fino a quel momento non voglio né chiedere né sforzare, per quanto io sia curiosa al riguardo.

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