Capitolo 29

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《Ogni volta che un ostacolo ti sembra insormontabile, girati a guardare tutti quelli che hai già superato》

Siro

Mi sento perso. E forse anche stupido. Ho corso, preso dal panico del momento, senza riflettere al dopo, ai pericoli, al fatto che mi stavo perdendo. È una cosa terribilmente immatura. Sono stato immaturo. Perché le persone fanno cose stupide quando sanno che la cosa che stanno facendo è stupida? Eppure, il nostro cervello potrebbe fare di più. Pure il clima decide di intromettersi e darmi fastidio. Giustamente, prima faceva caldo, ed ora sono arrivati i nuvoloni grigi. Se si mette anche a piovere questa giornata diventerà ufficialmente un vero e proprio disastro. Mentre rifletto ad occhi chiusi su cosa potrei fare per risolvere tutto ciò, sento una voce che mi chiama. Una voce femminile e preoccupata. Come potrei non riconoscere questa voce? Apro gli occhi all'improvviso, un po' spaventato, insomma è arrivata nel silenzio più totale. Lei ride 《Ti ho spaventato Worley?》io divento leggermente rosso 《Figurati Barlow》ridacchio. La guardo dal basso verso l'alto, è l'unica cosa che posso fare da seduto, e non riesco a non percepire in lei ansia, più la guardo e più vedo i suoi occhi scuri e quasi spenti. Ha il viso di chi è terrorizzato, molto terrorizzato, e anche lei è sudata nonostante il freddo che ci avvolge. 《Tu dove stai andando?》le chiedo curioso, secondo me c'è qualcosa che non va, me lo sento. 《Piuttosto cosa stai facendo tu, sei qui da solo ed esaurito, stai bene?》mi parla con tono da rimprovero, ma allo stesso tempo preoccupato, e questa cosa mi fa sorridere lievemente. 《Io mi preoccuperei più per te, sembra che stai scappando da una rapina finita male》ci guardiamo negli occhi a lungo, e alla fine ridiamo insieme. 《Ti sei perso vero?》all'improvviso mi pare divertita dalla situazione e meno spaventata 《Non mi sono perso! Perché lo pensi?》《Perché qui è facile perdersi, poi tu sei esausto, perciò》mi osserva indecisa, come se stesse prendendo delle decisioni importanti 《Dai alzati bambino sperduto, ti riporto a casa》io decido di alzarmi, ignorando come mi ha chiamato. Lei si volta e comincia a camminare, ma veloce, come se stesse cercando di scappare da qualcosa, o da qualcuno, che solo lei può vedere. Io le vado dietro, cercando di stare al suo passo, ma lei non mi rivolge lo sguardo e più cammina e più sento la sua ansia. La prendo dalla mano e la fermo, non può andare avanti così, arriverà al crollo. Lo so benissimo. Lei mi guarda infastidita 《Cosa?》nonostante il suo sguardo, non mi sento sbagliato a tenerle la mano ora 《Cos'hai?》sussurro piano, con gentilezza 《Niente, ti sto riportando in città, così potrai tornare a casa》dice in tutta sincerità, cercando di calmarsi 《Ah sì?》mi lecco le labbra secche 《Allora perché vai così veloce? Perché hai gli occhi spaventati? Perché il tuo respiro è sempre più veloce? Perché hai le occhiaie profonde? Perché reagisci male ogni volta che qualcuno ti chiede come stai?》lei si morde l'interno della guancia, come fa quando nervosa o stressata 《Se non sbaglio sei tu quello che non ha risposto quando ho chiesto se stavi bene》. È sempre la solita. È Vega. Si difende con sarcasmo e testardaggine. È il suo carattere. Ma è fortunata, anche io sono testardo, e ho anche una grande pazienza. 《Okay hai ragione》penso che sarebbe bene essere sincero con lei, così lei sarà sincera con me 《Non sto bene, sono stanco e mi sono perso, i miei genitori mi staranno aspettando preoccupati ed io non ho nemmeno con me il telefono, quindi si, sono esaurito, come hai detto tu》parlo con calma e ammetto tutto, la sua espressione sorpresa mi dice che non se la aspettava tanta sincerità e condivisione da parte mia. 《Tocca a te》sussurro paziente, lei mi fissa per lunghi secondi, riflette. 《Non-non posso stare qui》sussurra a voce bassissima, come se avesse anche solo paura di ammetterlo. Le nostre mani sono ancora unite e io la stringo di più per farle capire che sono qui. Mi avvicino a lei e Vega non reagisce, lascia che io mi avvicini e infranga il suo spazio personale. 《Va bene, allora andiamo》Vega mi guarda incuriosita e confusa, anche perplessa direi 《Ma cosa dici? Devi tornare a casa..su, andiamo, so dove sta la città, poi da lì andrai dove devi andare e ci rivedremo a scuola》fa per andarsene e rompere il contatto che si è creato tra noi, ma io la trattengo. 《Vega, stai scappando, non ti lascio in giro da sola. I miei genitori sono affar mio, se neanche tu hai il telefono, chiederò al primo passante che vedo il telefono e li avviserò, dirò loro che sto bene e che sono da un amico, quindi, andiamo》continua a guardarmi indecisa, se solo potessi leggerle nella mente capirei a cosa pensa in modo talmente intenso. 《Non sai cosa stai dicendo, non ti conviene, non fare l'eroe della situazione. So badare a me stessa da sola, non ho bisogno del tuo aiuto》il modo deciso in cui lo dice mi lascia quasi senza nulla per poter ribattere, ma ho ancora una possibilità, forse 《Vengo con te, e mentre andiamo, che dici se mi spieghi bene quella cosa con Carol?》so che su questo argomento ha una certa sensibilità, perché ci tiene a mostrarmi di avere ragione, perciò punto su questo per riuscire a convincerla. Rimango io stesso sorpreso dal mio comportamento. Non so cosa mi prende, perché voglio così tanto aiutarla e non abbandonarla, ma è così. 《Va bene, ma quando la spiegazione sarà finita, ti porto in città e vai a casa》sento di aver vinto e accetto la sua proposta. Le nostre mani si staccano e torniamo a camminare, ma con più calma. Siamo fianco a fianco in silenzio. Le lancio un'altra fugace occhiata, sta cercando le parole giuste per cominciare il discorso. 《È successo tutto al ballo di inverno》inizia piano 《Carol è venuta a cercarmi》fa piccole pause tra una frase e l'altra, poi mi guarda dritto negli occhi《Ha iniziato ad accusarmi di starti troppo vicino, ha detto che è innamorata di te dalle medie, e poi si è vantata di essere stata il motivo per cui hai cambiato scuola》io la ascolto con pazienza e cerco di trattere l'impulso nel contraddirla. 《Ma tu non mi credi. E poi non sai nemmeno cosa è successo alla gita al museo》io ci rifletto su 《Cioè che tu la accusavi e lei si difendeva?》chiedo incerto, spero di non farla arrabbiare 《No, in bagno, a fine giornata. Mi ha messo le mani al collo e mi ha di nuovo minacciata, ha detto che devo smetterla di accusarla davanti a tutti e che se non la smetto o mi uccide mentre dormo oppure mi denuncerà per diffamazione. Vuole mandarmi in carcere. Hai davvero un'ottima migliore amica, complimenti Worley》dice con sarcasmo e con un aspro sorriso sul volto. Io rimango in silenzio. Il primo motivo è perchè vedo in lontananza la città, perciò tra poco la mia camminata finirà, e io devo cercare di allungare il momento. Il secondo motivo è che sto riflettendo per la prima volta su ciò che Vega mi sta dicendo. Carol di certo non è una persona con problemi economici, e non farebbe fatica a mandare qualcuno in carcere. In più, è vero che mi ha sempre trattato con una certa cura, sin dalle medie, e io ho dato per scontato la sua gentilezza, pensavo fosse perché siamo migliori amici. Però c'è da dire anche che lei non è una persona violenta e aggressiva, non farebbe minacce, e non metterebbe mai le mani al collo di qualcuno. Ma allo stesso tempo sembrava molto interessata quando le avevo parlato di ciò che Vega mi aveva detto. Sono in totale contrasto. 《Mi credi?》si ferma all'improvviso e io con lei 《Non lo so, onestamente》Vega non sembra delusa o arrabbiata, sembra più che accetti questa mia risposta. Silenzio. Ci guardiamo e basta. 《Beh, ora è tornato il momento per te di tornare a casa, vedi la città? Vai in quella direzione e sei apposto, ci vediamo a scuola》mi indica dove devo andare e mi saluta immediatamente. Io mi distraggo. Vedo passare una persona, arriva dalla città. 《Ti dispiace un attimo aspettare, chiedo il telefono al passante》lei mi guarda stranita 《Per cosa? Per avvisare i tuoi che sei da un amico? Ti ho già detto che non vieni con me》dice quasi arrabbiata. 《Non gira tutto intorno a te Barlow. Voglio solo scusarmi con loro perché sto tardando per il pranzo》la sfotto per non farle dubitare niente, e vado a chiedere il telefono. Lei non ha ancora capito che non la lascio sola, in qualsiasi guaio si sia cacciata. 《Scusi, mi può prestare il telefono qualche minuto? Ho perso il mio》il signore me lo dà subito senza problemi e io scrivo ai miei genitori che sono da un mio amico e non so quando torno, mia madre risponde che è okay ma devo avvisare prima che vada dai miei amici e che non deve più succedere. 《Grazie mille》ringrazio il passante e restituisco il telefono. Vega mi ha aspettato in silenzio e guardandosi in continuazione attorno, come se stessero per rapirla. 《Fatto》lei sta per risalutarmi e io cerco una scusa, ma non mi viene in mente niente. 《Vega!》urla una voce famigliare. Entrambi ci giriamo nella direzione della voce. È Alexia. La osservo e il suo sguardo è preoccupato, evidentemente per lei. Torno a guardare Vega, che rimane immobile, non risponde e non le si avvicina, e Alexia vedendolo, si avvicina lei a noi. Io consulto con lo sguardo Vega, e capisco che vuole che la lasci parlare qualche minuto con la sua amica. Io mi allontano di qualche passo, ma sempre abbastanza vicino da intervenire se ci fosse la necessità. Non so spiegarlo, è come se sentissi di doverla proteggere, ma non so da cosa.

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