Un nuovo giorno

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🌊DYLAN🚬

Mi svegliai con le prime luci del mattino. Il sole stava sorgendo all'orizzonte.
Summer dormiva beatamente accoccolata contro il mio petto. Sembrava proprio una bambina...

Immediatamente, ripensai alla notte appena passata. Era successo davvero? Ero davvero riuscito a confortarla e a farla sorridere? Io, colui che distrugge tutto ciò che tocca?

E lei non era scappata, non mi aveva allontanato.
"Grazie". Mi aveva detto grazie mentre mi abbracciava in modo tenero e impacciato.
Mi sentii per un momento in uno stato di completa tranquillità: lei era lì tra le mie braccia, davanti a noi il sole sorgeva sulle onde del mare e io non avevo ancora preso in mano una sigaretta dalla sera prima. Sentii l'odore dell'acqua salata mischiarsi al suo profumo alla vaniglia e non potei fare altro che sorridere.

Ma quella mia spensieratezza svanì non appena i primi brutti pensieri assalirono la mia mente.
E se si fosse pentita di quella notte trascorsa insieme? Delle parole che mi aveva detto? Se si fosse allontanata di nuovo tornando da Trevor?

La verità è che ero sempre stato un ragazzo menefreghista e indifferente agli occhi degli altri. Un ubriaco, un violento, un malato di sesso. Ma io non ero niente di tutto ciò nè avrei tanto voluto sembrarlo. Ma il prezzo da pagare sarebbe stato mostrare agli altri le mie debolezze, le mie parti più vulnerabili, e io non ne avevo mai avuto il coraggio. Avevo sempre preferito nascondermi nell'ombra di un corpo perfetto. Perfetto per scopare, perfetto per autodistruggersi.
E la mia sindrome non aveva di certo aiutato. Mi avevano diagnosticato la IED, il disturbo esplosivo intermittente, in prima media quando, durante l'intervallo, avevo dato un pugno ad un mio compagno di classe perchè non mi faceva giocare con lui. Erano seguiti altri episodi: avevo distrutto il mio armadietto, lanciato oggetti in classe, picchiato altri compagni.
Ormai, senza volerlo, avevo creato un'immagine di me che intimoriva gli altri. Nessun bambino mi si avvicinava, al mio arrivo scappavano tutti.
L'unico che mi era rimasto accanto era stato Alex: ci conoscevamo dall'asilo e lui mi capiva e accettava per com'ero.
E poi arrivarono anche le medicine. C'erano momenti in cui mi facevano sentire bene, come se in me non ci fosse niente che non andasse. Ma erano più le volte che mi rendevano stanco e triste. Avevo quasi rischiato di entrare in depressione e così, appena iniziate le superiori, avevo cominciato a prenderne sempre meno fino a smettere completamente.
Con il tempo avevo infatti imparato a controllarmi di più e a resistere agli impulsi violenti del mio corpo. O almeno finchè non avevo cominciato a provare sensazioni sovrastanti, un sentimento troppo potente da essere ignorato...
E l'amore era stato la mia rovina, mi aveva spinto a compiere le azioni più sconsiderate, quelle a cui mi ero opposto ormai per anni. Avevo mandato un ragazzo in ospedale. In ospedale. E meno male che c'era Alex a fermarmi prima che potesse andare ancora peggio...

Un movimento mi riportò alla realtà: Summer si era svegliata e si stava stropicciando gli occhi con le mani.

"Buongiorno, Sole."
Dissi.

"Di prima mattina saluti le cose inanimate?"
Mi prese in giro lei tirandosi su a sedere.

"Guarda che io mi riferivo a te."
Le dissi puntando le mie iridi nelle sue. Lei si girò dall'altra parte imbarazzata e potei scorgere sul suo volto un sorriso.

Rimanemmo a lungo in silenzio fissando il sole sorgere sul mare, poi lei parlò.

"Mi chiedevo... Come facevi a sapere dove fossi?"

"Il libro..."
Bastò una parola e lei collegò i puntini mancanti. Sembrava sorpresa, poi il suo sguardo divenne amareggiato. Puntò i suoi occhi nei miei.

"Mi dispiace, Dylan."

E io capii subito a cosa si riferiva: al nostro bacio e al modo in cui mi aveva allontanato e ignorato subito dopo.

"Mi sono lasciata influenzare da quello che pensavano gli altri di te, mi ero convinta di non aver provato niente, di..."

"Aspetta, hai provato qualcosa?"
Il mio cuore perse un battuto, forse due. Non avrei mai pensato di sentire quelle parole uscire dalla sua bocca.

"Io... Ecco, intendevo che non ho ascoltato me stessa ma gli altri. Scusa..."

Aveva il volto riposato ma le guance di un rosso intenso. Mi chiesi come mi vedesse lei.
In quel momento potevo anche sembrare composto e controllato, ma dentro avevo una sensazione di caldo allucinante. Sentivo la temperatura corporea salire alle stelle e minuscole particelle vorticare per tutto il mio corpo.
Summer provava qualcosa, ma cosa? Avevo sempre creduto che di me non sarebbe mai importato a nessuno.

"Ho un'idea."
Dissi per smorzare la tensione. Con lo sguardo le indicai la barca su cui eravamo seduti e lei sembrò capire.

"Cosa? Non dirai sul serio..."

"Certamente."

Senza indugiare mi alzai in piedi sorridendo e feci un lieve inchino porgendole la mano.

"Dopo di lei, mademoiselle."

Only SummerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora