Prologo

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4 anni prima
Ciro

L'odore acre della polvere da sparo ancora aleggiava nell'aria mentre infilavo in fretta l'ultima maglietta nel borsone. Le mani mi tremavano leggermente, ma la mia mente era incredibilmente lucida. Avevo fatto quello che dovevo fare, quello che era necessario per proteggere la mia famiglia. Ma sapevo, nel profondo, che da questo punto in poi nulla sarebbe stato più lo stesso.

Mi guardai intorno nella stanza, i dettagli del mio piccolo appartamento di Napoli mi apparivano più nitidi del solito. Era come se ogni cosa avesse preso vita propria: il letto disfatto, il poster sbiadito di Maradona appeso al muro, la luce fioca che entrava dalla finestra. Tutto sembrava normale, ma dentro di me sapevo che stavo per lasciarmi tutto alle spalle. Napoli, casa mia, il mio rifugio... non sarebbe mai più stata un luogo sicuro per me. Almeno per adesso.

Aprii un cassetto con mani ferme ma mente irrequieta, afferrai la pistola che avevo usato solo poco tempo prima. Il freddo metallo contro la mia pelle era un brusco promemoria di ciò che avevo fatto. Non potevo permettermi di fermarmi, di riflettere troppo. Avevo bisogno di agire, e in fretta.

Senza distogliere lo sguardo dalla pistola, presi il telefono e scrissi un messaggio a chi era l'unica persona che potevo fidarmi in quel momento.

"Piccrè, prepara tutti i tuoi vestiti più belli, lasciamo Napoli per un po'. Ti spiego tutto quando sarò lì."

Premetti invio, e il senso di urgenza si intensificò. Dovevo raggiungerla e scappare, lontano da tutto questo. Sapevo che la polizia avrebbe iniziato a mettere insieme i pezzi del puzzle molto presto, e quando lo avrebbero fatto, sarei stato il primo nome sulla loro lista.

Misi il borsone sulla spalla e uscì di casa, ogni passo che facevo era accompagnato dal rimbombo dei miei stessi pensieri. La strada era tranquilla, ma l'oscurità della notte nascondeva un pericolo invisibile. Raggiunsi il mio Piaggio Liberty 125, il motore familiare si accese con un ringhio sommesso, e partii verso il luogo dove avevo dato appuntamento a lei.

Il tragitto fu breve, ma ogni secondo sembrava dilatarsi. Le immagini di quello che avevo fatto mi tormentavano, ma cercai di scacciarle via. Non c'era spazio per il rimorso. Non adesso. Arrivai sotto casa sua, e la vidi già lì ad aspettarmi. La luce fioca del lampione illuminava il suo viso, e per un momento mi sembrò che tutto fosse normale, come se fosse solo un'altra sera, un altro incontro. Ma la realtà era ben diversa.

Scese le scale di corsa, e prima che potessi dire qualcosa, mi afferrò per la giacca e mi baciò. Un bacio che sapeva di addio. Quel bacio avrebbe dovuto rassicurarmi, ma invece sentii una strana sensazione crescere dentro di me. Non era amore, non era desiderio. Era paura.

«Piccrè aro sta a robba toij? Sagl! C n amma i» dissi di fretta.

«Mi dispiace, Cì.» sussurrò contro le mie labbra.

Non ebbi nemmeno il tempo di reagire, di capire cosa stesse succedendo, quando le sirene della polizia ruppero il silenzio della notte. Le luci blu lampeggianti si riflettevano nei suoi occhi mentre vedevo le volanti accerchiarmi. Lei si staccò da me, con un'espressione di colpa che non aveva bisogno di spiegazioni.

Mi aveva tradito. Proprio lei, la persona di cui mi fidavo di più al mondo. E ora ero finito. Capii che quella notte sarebbe stata l'ultima che avrei passato libero.

Alzai le mani lentamente mentre gli agenti si avvicinavano, il cuore in gola, mentre cercavo di mantenere lo sguardo su di lei, cercando disperatamente di trovare un motivo, una spiegazione. Ma nei suoi occhi, vidi solo la fine.

Napoli mi aveva dato tutto, ma ora mi stava togliendo ogni cosa.

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