Presente
SiriaPassano ore, ma la sensazione di vuoto dentro di me non accenna a diminuire. Ciro è andato via da un pezzo, eppure la sua presenza sembra ancora infestare questa stanza, come un'ombra che non se ne va.
Non riesco a scacciare l'immagine della foto che brucia tra le sue dita, del modo in cui ha distrutto tutto senza esitazione. Forse è così che funziona per lui. Quando qualcosa si rompe, lo getti via senza pensarci due volte.
Mi sdraio sul letto, fissando il soffitto, incapace di pensare a qualsiasi altra cosa. So che dovrei fare qualcosa, reagire in qualche modo, ma mi sento bloccata, come se le fiamme che hanno divorato quella foto stessero ancora consumando lentamente anche me.
Il mio telefono vibra. Con un gesto automatico lo prendo dal comodino e leggo il messaggio:
Vincenzo: Mio fratello si è preso la macchina stasera, vieni a prendermi tu?
Il suo messaggio è una scusa perfetta per lasciare questa casa, questo spazio che mi soffoca. Posso almeno allontanarmi da questa prigione di pensieri per un po'.
Scrivo un rapido "Arrivo" e mi alzo dal letto, sentendo le gambe pesanti. Infilo un paio di jeans e una felpa senza pensarci troppo. Mi guardo allo specchio per un attimo, e vedo il mio viso teso, quasi irriconoscibile.
Mi sistemo i capelli, come se sistemare l'aspetto potesse mettere ordine anche nei miei pensieri. Ma so che non è così semplice.
Esco dalla stanza e scendo le scale lentamente. Fuori è già buio, la sera ha avvolto tutto in un silenzio irreale.
Cammino fino alla mia auto, quella che Ciro ha appena finito di sistemare. Quando vedo la macchina, la rabbia torna a farsi sentire, ma stavolta è mischiata a un senso di tristezza profondo.
Lui l'ha aggiustata, eppure, tra noi, sembra che non ci sia più niente da aggiustare.
Apro la portiera e mi siedo al volante. Resto lì per un attimo, fissando le mani sul volante. Il pensiero di Ciro che brucia la nostra foto mi invade di nuovo la mente.
Senza pensarci due volte, l'ha presa e distrutta. Forse voleva dimostrarmi quanto poco gli importava di noi, quanto fosse facile per lui lasciar andare tutto.
Ma io non sono sicura di poter fare lo stesso.
Accendo il motore, il rumore familiare riempie l'auto. Guardo dritto davanti a me, cercando di concentrarmi sulla strada.
Metto la macchina in moto e guido verso casa di Vincenzo, ma il mio cuore è ancora lì, bloccato tra le ceneri di quella foto.
Quando arrivo sotto casa di Vincenzo, parcheggio e gli mando un messaggio per fargli sapere che sono arrivata. Il battito del mio cuore è ancora irregolare, e la testa è un vortice di pensieri.
Non ci metto molto a vederlo uscire dal portone, con un sorriso leggero sulle labbra. Sale in macchina e si sistema accanto a me.
«Ciao amore» dice, lanciandomi uno sguardo veloce mentre si allaccia la cintura. «Fratm se pigliat a machin, mi dispiace.»
«Nessun problema» rispondo, cercando di mascherare la tensione che mi sta divorando.
Accendo il motore e ci mettiamo in marcia.
Mentre guido, cerco di concentrarmi sulla strada, ma la testa è altrove.
Vincenzo sembra rilassato accanto a me, ma percepisco una tensione sottile tra di noi, qualcosa che non riesco a spiegare. Cerco di ignorarla, mi dico che è solo la mia paranoia che parla. Dopo qualche chilometro di silenzio, mi giro verso di lui, cercando di rompere quell'atmosfera strana.
«Mi prendi una cosa dal cruscotto?» gli chiedo, cercando di sembrare casuale. «Ci dovrebbe essere il caricatore del telefono.»
Vincenzo si sporge verso il cruscotto e lo apre.
Fruga per qualche secondo, poi si blocca.
Il suo volto cambia, il suo sguardo si fa più serio. Lentamente tira fuori qualcosa.
Un preservativo. Pieno.
I miei occhi si spalancano. Il sangue mi si ghiaccia nelle vene, e per un istante non riesco a respirare. Guardo quell'oggetto tra le sue mani e capisco subito.
«Che cazzo...» sussurra Vincenzo, fissando incredulo il preservativo.
Sento il cuore che mi martella nel petto, le mani che tremano sul volante.
Non può essere... Ma sì, lo è. È chiaro. Ciro.
«Cristo» mormoro tra i denti, mentre mi tiro fuori il telefono dalla tasca e lo chiamo subito.
Non posso aspettare, devo affrontarlo ora, devo sentire la sua voce e capire che cazzo è successo.
Il telefono squilla, una volta, due volte. Poi risponde.
«Siria?»
La rabbia mi esplode dentro. «Ciro, giuro su Dio che...»
Sento la sua risata dall'altro capo del telefono «Piccrè, crè?»
«Non fare finta di nulla, lo sai.» dico.
«Non so di che parli.» risponde, e posso immaginare il suo mezzo sorriso.
«Che cazzo è sta merda? C'è un preservativo pieno nel cruscotto della mia auto, ti rendi conto?» grido.
Silenzio. Un attimo di silenzio che mi fa capire che non c'è bisogno di altre spiegazioni. So già cosa sta per dire.
Sento il suo respiro dall'altra parte, pesante, come se stesse cercando le parole.
E poi, con una voce piatta, senza alcun rimorso, mi dice:
«Mi dispiace, Siria. Agg chiavat cu Sara. Non sapevo dove altro andare.»
La sua confessione mi lascia senza fiato. Il mondo sembra crollare attorno a me.
Stringo il volante così forte da farmi male alle mani, cercando di non urlare, cercando di non crollare.
«Non sapevi dove altro andare?» La mia voce trema, ma è tagliente come un coltello. «Hai usato la mia macchina per scopare con lei? Sei una merda, Ciro! Una cazzo di merda!»
«Siria...» inizia lui, ma lo interrompo subito.
«Ti odio, Ciro. Ti odio. Quando la smetterai?»
«Ho fatto attenzione, piccrè.» dice.
Ringhio «Attenzione a cosa?»
Un attimo di silenzio e poi sento la sua voce divertita «a non sporcarti il sedile.»
Chiudo la chiamata con rabbia, lanciando il telefono sul sedile.
Le lacrime mi bruciano gli occhi, ma cerco di ricacciarle indietro.
Non gli darò questa soddisfazione.
Vincenzo è rimasto in silenzio tutto il tempo, ma adesso lo vedo stringere i pugni, il volto contratto dalla rabbia.
«Pecche chill tnev a machina toij?» dice.
«Perchè ci siamo incontrati nel momento in cui la mia auto si è fermata e lui si è offerto di sistemarla.» sbuffo.
Vincenzo fa una smorfia «Ma rutt o cazz chist, a purtat sul uaij a quand sto cu te.»
Mi massaggio le tempie «Non è una situazione semplice.»
«Scendi dalla macchina» dice, con un tono freddo, quasi pericoloso.
«Cosa?»
«Scendi dalla macchina, Siria» ripete, e stavolta il suo sguardo è feroce. «Giuro che lo ammazzo quel figlio di puttana. Guido io.»
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Partenope
ChickLitCiro Ricci, figlio devoto e predestinato erede del clan Ricci, ha sempre avuto un posto chiaro nel mondo: il potere, la violenza e la lealtà verso la sua famiglia. Ma quattro anni fa, qualcosa è andato storto. Siria, la ragazza che credeva di amare...