24 "Kaioshin", Vale Lambo

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5 anni prima
Siria

Quando arrivai davanti alla villa di Ciro, il mio cuore batteva forte.

La casa si ergeva maestosa, con facciate ornate e ceramiche colorate che sembravano un abbagliante contrasto con il degrado del quartiere.

Sentii il profumo di frittura che usciva dalla cucina, mescolato all'aria pesante di Napoli.

Ciro aveva voluto che io conoscessi la sua famiglia, ma ero così nervosa.

Non potevo fare a meno di pensare a come sarebbe stato incontrare Don Salvatore, il padre di Ciro.

«Sij pront, piccrè?» chiese Ciro, stringendo la mia mano.

La sua espressione era seria, ma nei suoi occhi vedevo anche una scintilla di entusiasmo.

«Pronta o no, non posso tornare indietro,» risposi, cercando di mascherare il tremore nella mia voce.

Speravo che suo padre non fosse troppo severo.

«Nun t preoccupa, sarai comm e na figl p iss.» mi tranquillizzò.

La porta si aprì, e ci trovammo in un atrio spazioso, decorato con marmi e quadri che raccontavano la storia della famiglia.

Dovevo sentirmi impressionata, ma la mia mente era un turbinio di pensieri.

Ciro mi guidò attraverso il corridoio, e mentre ci avvicinavamo alla sala, il battito del mio cuore accelerò.

Speravo che Don Salvatore non mi giudicasse per il mio aspetto o perché provenissi da un quartiere ricco.

Quando arrivammo davanti alla porta, Ciro si fermò un attimo e mi guardò. «Nun avè paur, è n'omm severo ma giusto.»

«Giusto?» chiesi, un sorriso nervoso mi sfiorò le labbra.

«Sì, giusto ind o mod in cui ver o munn.» disse, e il suo tono rassicurante mi aiutò a calmarmi un po'.

Ma cosa significava "giusto" quando si era un boss della malavita?

Entrammo nella sala, e subito la temperatura cambiò.

Don Salvatore era un uomo robusto, con lineamenti forti e uno sguardo che sembrava scrutarmi in profondità.

Non potevo credere di stare per conoscere il boss di Napoli.

«Ciro, chi è sta guagliuncella?» chiese, la sua voce profonda riempì la stanza.

«Papà, chest è Siria. A nammurata mij.» rispose Ciro, con una sicurezza che mi sorprese.

Speravo che apprezzasse il mio nome.

«C bella guagliona» disse Don Salvatore, ma la sua espressione era indecifrabile.

Speravo che non ci fossero secondi fini in quelle parole.

«Grazie, Don Salvatore» risposi, cercando di mantenere la calma.

La mia voce tremava, ma feci del mio meglio per mostrarmi sicura.

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