41 "Freestyle #5", Nicola Siciliano

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Presente
Siria

Cammino svelta, quasi correndo, mentre l'oscurità attorno a me sembra stringersi sempre di più.

Le strade sono troppo silenziose, troppo vuote per quest'ora.

Dove diavolo sono finiti tutti?

Avrei dovuto prendere la mia macchina, ma la strada non era così lunga, e poi ho passato una bella serata con Carmela, la mia migliore amica.

Non volevo rovinarla con altre preoccupazioni.

Accendo il cellulare per controllare l'orario, e proprio in quel momento lo sento.

Un passo dietro di me.

Mi giro di scatto, ma è già troppo tardi.

Un braccio mi afferra di colpo da dietro, stringendomi forte i polsi, e una mano mi chiude la bocca prima che possa urlare.

Il cuore mi schizza in gola.

Istintivamente cerco di liberarmi, scalciando, dimenandomi come una pazza, ma chi mi tiene è troppo forte.

«Zitta», sussurra una voce che riconosco subito.

Ciro.

Il terrore si mescola alla rabbia. «Ma ch cazz faij?! Lassm!», provo a urlare, ma la sua mano mi soffoca le parole.

Lui ridacchia, quella sua solita risata secca e strafottente. «Tagg itt ca te sta zitt.»

Mi spinge contro un muro, schiacciandomi con il corpo.

Non riesco a muovermi, sono completamente intrappolata dalla sua stretta.

«Stronza, statt ferm. Nun t facc nient», sussurra, ma la sua voce ha un tono minaccioso, qualcosa che mi fa gelare il sangue.

Poi, con un movimento rapido, mi solleva di peso, caricandomi sulla sua spalla come se fossi un sacco di patate.

«Ma ch sfaccimm faij?!», grido, dimenandomi, cercando di liberarmi.

Le mie gambe scalpitano, i pugni battono sulla sua schiena, ma lui non sembra neanche sentirli.

Continuo a scalciare, colpisco la sua gamba con il piede, e lui perde la pazienza.

Senza dire niente, mi molla una pacca sul sedere.

Forte.

«Se non ti calmi, t n rong n'at», dice, ridacchiando.

Sento il sangue ribollirmi. «Sei un pezzo di merda! Lasciami andare subito!» Questa volta le parole escono fuori chiare, piene di veleno.

Lui ride ancora, quella sua risata odiosa che mi manda fuori di testa.

Mi infila di forza nella sua macchina parcheggiata dietro l'angolo.

Quando cerco di aprire la portiera per scappare, mi afferra per un polso e mi tira di nuovo verso di lui, chiudendo la portiera con un colpo secco.

Sono intrappolata.

«Dove cazzo mi porti?» lo incalzo, guardandolo con furore.

Ma lui non risponde subito, accende il motore e parte, con una calma irritante.

Fisso fuori dal finestrino mentre cerco di riprendere fiato.

Il cuore mi batte all'impazzata, e la rabbia mi esplode dentro.

«Ciro, dimmi subito dove mi stai portando o mi metto a urlare.»

La mia voce è tagliente, ma lui continua a guidare, lo sguardo fisso sulla strada.

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