3 "Nun è mai fernut", Cosang

542 17 2
                                    

Presente
Siria

Ciro mi fissa con un ghigno sardonico. «Ci rincontriamo, piccrè,» dice, usando il soprannome che mi dava quando stavamo insieme. Il tono è tagliente, pieno di rancore.

Cerco di mantenere un aspetto impassibile, ma il suo sorriso e il suo sguardo mi fanno gelare il sangue. «Ciro,» dico, con la voce che tremola appena, «nun m'aspettav e t vre.»

Ciro si avvicina lentamente, il fumo della sua sigaretta che si alza nell'aria. Tira una boccata profonda e poi soffia il fumo direttamente verso di me. «Over?» chiede con tono beffardo. «Tu pnzav ca foss frnut?»

Il fumo mi brucia gli occhi e mi fa tossire. «Ch vuo?» chiedo, cercando di nascondere il panico.

«Nun è question 'e ch vogl,» risponde Ciro, il suo sguardo un misto di odio e disprezzo. «So venut pe t arricurda ch o passat nun è maij luntan. Pnzav ca er t cos sistimat, eh?»

«Ho cercato solo di andare avanti,» dico, cercando di mantenere il controllo.

Ciro ride, ma è una risata amara, carica di rancore. «Andare avanti? Nun crerr ca o tentativ tuoij e t scurda pó cancellà chell ca è succies. Quatt ann nun so nient p me.»

«Nun pozz fa nient p cagna chell ca è succies.» rispondo, con la voce che tradisce il mio crescente turbamento.

«Eh, o sacc» sbotta Ciro con disprezzo. «Ma a me nun m n fott nient re scus toij o re tentativ e i annanz. Ij stong ca p t arricurda ch e rovinat t cos e mo tocc a me accuncià.»

«Ciro, ascolta,» dico, cercando di mantenere il controllo, ma il panico è evidente nella mia voce. «C'è un limite a quello che posso fare. Non posso cambiare il passato.»

Ciro si avvicina ancora di più, il suo volto a pochi centimetri dal mio. «'O passat nun se cagn, piccrè,» dice, il tono gelido. «Ma ij stong ca p t ricr ca nun tien scamp. Ogni vot ca pienz e sta tranquill, arricuordt ca ij stong semb ca in agguat, pronto a t'a fa pavà.»

«Ma ch vuliss fa'?» chiedo, il cuore che batte all'impazzata.

Ciro scoppia in una risata crudele. «Vogl fa in modo ca tu saij ca o cunt è semb apiert e tu staij ind o mirin mij. Nun pnzà ca è frnut.»

Mi sento schiacciata dalla sua presenza minacciosa. «Che significa questo?» domando, cercando di capire la portata della minaccia.

«Significa che ogni volta che pensi che tutto sia risolto,» spiega Ciro, avvicinandosi ulteriormente, «pensa a me. O passat nun s scord facilment e ij so pront p to fa arricurda ogni vot.»

Ciro tira una lunga boccata dalla sigaretta e, senza esitazione, soffia il fumo direttamente nella mia faccia. Il fumo mi brucia gli occhi e la gola. «'O fum» dice con un sorriso crudele, «è sol n'assagg e chell ch t'aspett. Chest è sol l'inizio.»

Ciro mi guarda con un'aria di superiorità. «Nun c sta pac p te, piccrè. Song a condanna toij a vita.»

Il suo sguardo è gelido e minaccioso. Ogni parola è una lama che mi taglia il cuore. «Ciro, tu nun puoi...» cerco di dire, ma le parole mi escono a stento.

Ciro mi osserva con un sorriso di soddisfazione, come se avesse ottenuto quello che voleva. «Piccrè ricorda,» dice, con tono definitivo, «dimentico, ma non perdono

Ciro si allontana e torna al suo motorino. Con un gesto deciso, getta la sigaretta per terra e la schiaccia con le nike. Poi alza la voce per farsi sentire da Edoardo, che è in disparte a parlare con Carmela.

«Fratè, c' vrimm a cas!» grida Ciro, la voce carica di impazienza e autorità. Poi se ne va.

La notte è profonda e silenziosa, ma io sono sveglia, gli occhi spalancati nel buio della mia stanza. Le ombre sembrano danzare sulle pareti, e il pensiero di ciò che è successo mi tormenta incessantemente. Rivedere Ciro dopo quattro anni è stato come aprire una ferita mai completamente rimarginata.

Mi giro e rigiro nel letto, incapace di trovare pace. La sua voce, le sue parole taglienti e il suo sguardo carico di odio continuano a ronzare nella mia mente. Ogni volta che chiudo gli occhi, vedo il suo volto minaccioso, sento la sua voce che mi ricorda che il passato non è mai davvero lontano.

Ho raccontato tutto a Carmela poco dopo l'incontro, ma la sua risposta era stata tiepida. Anche se capisco che non potesse fare molto, non posso fare a meno di sentirmi arrabbiata per il fatto che mi abbia lasciata sola con Ciro. Il suo atteggiamento indifferente e la rapidità con cui è andata via con Edoardo mi hanno lasciata con un senso di tradimento.

Mi alzo dal letto e mi avvicino alla finestra. Guardo fuori, verso il buio della notte, sperando che l'aria fresca possa aiutarmi a calmare la mia mente agitata. Il silenzio esterno sembra riflettere il caos che sento dentro di me.

Ripenso alle parole di Ciro: «Dimentico, ma non perdono.» L'odio che traspariva nelle sue parole è un ricordo vivente che mi schiaccia. Non posso ignorare la minaccia implicita, né posso scappare dai fantasmi del mio passato che ora tornano a tormentarmi.

Carmela mi aveva promesso che avrebbe fatto del suo meglio per aiutarmi, ma ora, nella mia mente affollata di pensieri angoscianti, sento che la sua presenza non è abbastanza. Mi chiedo se potrà veramente capire la profondità del mio dolore e la paura che provo.

Con un sospiro pesante, mi siedo sul bordo del letto, le mani che tremano mentre cerco di prendere il controllo dei miei pensieri. La consapevolezza che la mia vita potrebbe cambiare drasticamente a causa di Ciro mi opprime.

Con un ultimo sforzo per cercare di distrarmi dai pensieri inquietanti, sblocca il cellulare. La schermata si illumina nel buio e vedo una richiesta d'amicizia su Instagram da parte di "Vincenzo.17". Ricordo quel ragazzo, il bacio di questa sera in discoteca, un momento di distrazione che ora sembra lontano e insignificante rispetto ai problemi attuali.

Senza pensarci troppo, accetto la richiesta e ricambio il follow. Immediatamente, il mio cellulare vibra. Apro la notifica e vedo un messaggio da Vincenzo.

"Hey, Siria! T'appost?"

La domanda sembra quasi fuori luogo rispetto alla mia attuale inquietudine, ma mi sento sollevata per un attimo, come se avere qualcuno con cui parlare, anche se solo virtualmente, potesse offrire una via di fuga temporanea dal peso dei miei pensieri.

Decido di rispondere, sperando che la conversazione possa distrarmi, anche solo per un momento.

"Hey, tutto bene. E a te?»

Mentre aspetto la risposta, mi sento un po' più tranquilla, sperando che questa distrazione possa offrirmi un breve sollievo dalla paura e dalla solitudine che mi tormentano.

"Teng na vogl e t vre natavot ca nun tien idee."

PartenopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora