46 "Parlm", Eris Gacha

384 30 4
                                    

L'inizio della fine
5 anni prima
Siria

Antonio si sedette al tavolo della cucina, la sua espressione seria e indecifrabile, mentre mia madre restava in piedi accanto a me, le mani che tremavano leggermente. Il silenzio riempì la stanza come un presagio oscuro, e il ronzio lontano del frigorifero sembrava amplificare la mia tensione.

Antonio si schiarì la voce e disse, con un tono che sembrava quasi dispiaciuto: «Siria, taggia parla e Ciro. La situazione è molto complicata e... pericolosa.» Fece una pausa, come se stesse scegliendo le parole con cura, mentre i miei pensieri correvano senza controllo.

Una fitta mi colpì allo stomaco.

Il mio Ciro.

Cosa era successo?

Mi aggrappai al bordo del tavolo, cercando di mantenere un'apparenza calma. «Ch vuo ricr?» domandai, la voce che usciva più tremante di quanto volessi.

Dentro di me, l'ansia cresceva come una marea scura che minacciava di sommergermi. Sentivo una paura strisciante, una sensazione che si avviluppava attorno al mio cuore, stringendolo.

Antonio distolse lo sguardo per un momento, come se fosse turbato. Poi, si voltò di nuovo verso di me, fissandomi con un'intensità che mi fece gelare il sangue nelle vene. «Ciro... è in pericolo, Siria. Un clan rivale lo sta cercando. O vonn muort.»

Quelle parole risuonarono nella mia mente come un colpo sordo. Il respiro mi si bloccò, e mi sentii come se fossi stata risucchiata in un vortice di paura e confusione.

Non potevo credere che la vita di Ciro fosse davvero in pericolo, ma la gravità nel tono di Antonio mi colpì come un pugno.

Il mio cuore iniziò a battere forte, come se volesse fuggire dal mio petto.

Non potevo restare in silenzio, avevo bisogno di capire. «Comm o saije?» chiesi, cercando di reprimere il tremore nella mia voce. «Chi ti ha dato queste informazioni?»

Antonio scosse la testa, come se non volesse dirmi troppo, ma alla fine posò una busta sul tavolo. Dentro c'erano delle foto, sgranate ma chiaramente riconoscibili. Ciro, ritratto in vari luoghi, sempre sorvegliato da figure che sembravano non appartenergli, uomini che avevano l'aria di predatori in attesa della loro preda. Alcuni volti mi erano sconosciuti, ma altri li avevo visti in giro, nelle notti oscure della città, vicino a Ciro.

Antonio prese una delle foto e la spinse verso di me, indicandola con un dito. «O vir a chist? È uno degli uomini di Napolitano, capo del clan rivale. È stato visto seguire Ciro per giorni. Non è un caso, Siria. Stann aspttann o moment giust p colpì.»

La mia vista si annebbiò, e sentii la terra mancare sotto i piedi. Non c'erano solo le foto: Antonio tirò fuori anche alcune trascrizioni di intercettazioni telefoniche, conversazioni che parlavano di un'azione imminente contro "quello lì", come lo chiamavano. Mi sentivo soffocare, le parole mi colpirono con la brutalità di un destino già scritto.

Le mani mi tremavano mentre sfogliavo quei documenti, le foto che mi bruciavano la pelle con la loro verità cruda. La mente cercava disperatamente di trovare una spiegazione, una via d'uscita. Ma ogni volta che sollevavo lo sguardo su Antonio, trovavo solo la sua espressione seria, determinata, come se sapesse già cosa stessi pensando.

PartenopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora