47 "CHIAGNE", Geolier

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Presente
Siria

L'aria della sera mi avvolge come un manto freddo mentre cammino verso la mia macchina.

La città sembra addormentata, i lampioni gettano ombre lunghe sulla strada vuota.

È in questi momenti che tutto torna a galla, come un'onda che mi travolge e mi riporta indietro.

Ho fatto quello che ho fatto per il suo bene, mi ripeto per l'ennesima volta, cercando di placare il tumulto dei miei pensieri.

Antonio mi aveva convinto che Ciro fosse in pericolo.

Mi aveva mostrato prove che sembravano reali, minacce di morte, sguardi nell'ombra. Non avevo avuto scelta. Era l'unico modo per tenerlo al sicuro, per proteggerlo.

Ma da quando è uscito di prigione, quelle certezze si sono incrinate, come un vetro che mostra le prime crepe.

E se mi fossi sbagliata? E se ci fosse qualcosa che non avevo visto?

Questi pensieri si fanno sempre più insistenti, e mentre poso le buste della spesa nel bagagliaio, cerco di scacciarli.

Ma il dubbio è lì, strisciante.

Cerco di concentrarmi sul rumore delle buste, sul freddo metallo del portellone sotto le dita, ma una voce familiare mi raggiunge, interrompendo il silenzio della notte.

«Siria? Sij tu?»

Mi volto di scatto, e per un istante il cuore mi si blocca.

Mimmo, un vecchio amico del clan di Ciro, è fermo a pochi passi da me, le mani infilate nelle tasche del giubbotto e un'espressione tra il sorpreso e il divertito.

Non l'ho mai sopportato davvero, ma rivederlo adesso, in questa notte di ottobre, mi coglie alla sprovvista.

«Mimmo...» La mia voce esce più incerta di quanto avrei voluto, e cerco di ricompormi, forzando un sorriso. «Da quanto tempo.»

«Già, è passato un po'. Soprattutto ora che Ciro è di nuovo fuori.» Fa una pausa, studiando la mia reazione, e io cerco di restare impassibile, anche se il suo nome mi colpisce come un pugno nello stomaco.

«Sì, è fuori,» rispondo, cercando di mantenere il tono neutro. «Ma almeno ora non è più in pericolo.»

Le parole mi escono automaticamente, come una difesa. Perché sento ancora il bisogno di giustificare tutto?

Mimmo solleva un sopracciglio, visibilmente perplesso. «In pericolo? Ch signific?»

La sua reazione mi spiazza. «Antonio, il compagno di mia madre, fa il poliziotto, e mi aveva detto che c'erano delle minacce. Che un clan rivale lo voleva morto, che la sua vita era meno in pericolo in carcere.»

Lui mi guarda per un momento, poi scuote la testa con un mezzo sorriso, come se trovasse le mie parole assurde. «Siria, ma cre sta strunzat? Ciro non aveva nessun nemico, si è sempre guadagnato il rispetto di tutti. L'unico casino in cui era coinvolto era per la morte di Francesco. Nessuno ha mai parlato di una minaccia alla sua vita.»

Il sangue mi si gela nelle vene, e il peso delle sue parole mi colpisce come un macigno. Cerco di non tradire la mia inquietudine, ma dentro di me il dubbio inizia a dilagare, come un veleno. «Ma Antonio mi aveva detto che l'IPM era l'unico modo per salvarlo.»

Mimmo mi fissa, e nei suoi occhi leggo un misto di confusione e scetticismo. «Guarda, Siria, nisciun sapev e sta storij ind all'IPM. Ne e guardie, ne i detenuti. Tutti sapevano solo che Ciro era dentro per l'omicidio di Francesco, per quel maledetto affare che era andato storto. Se c'era una minaccia, l'ha saputa solo lui... o qualcun altro che ha inventato tutto.»

Resto in silenzio, incapace di replicare. Le sue parole si insinuano nella mia mente come un tarlo, ma mi costringo a mantenere la calma, a non lasciare che i dubbi mi consumino del tutto.

E se fosse vero? Se davvero ci fosse stata una minaccia di cui nessuno sapeva? Non posso permettermi di cedere alla confusione ora.

«Forse hai ragione,» mormoro, cercando di spegnere il tremore nella mia voce. «Forse non ho mai capito davvero tutto quello che è successo.»

Mimmo mi lancia un ultimo sguardo, quasi pietoso, poi si stringe nelle spalle. «Comunque, fai attenzione, Siria. Fors ti hanno solo manipolata.» Mi lascia con queste parole ambigue, allontanandosi verso la sua auto, e io resto lì, il freddo che mi penetra nelle ossa, mentre i miei pensieri si aggrovigliano su se stessi.

Salgo in macchina, accendendo il motore con mani tremanti. La strada davanti a me è buia, eppure non riesco a distogliere la mente dalle sue parole.

«Nessuno sapeva di questa minaccia...» E allora perché io ci ho creduto così tanto?

Perché Antonio mi aveva convinta che fosse l'unica via per salvarlo?

Guido nella notte, il riflesso dei lampioni che scorre veloce sui vetri, ma il dubbio è ormai un'ombra che mi segue.

E anche se cerco di convincermi che non sia cambiato nulla, che ciò che ho fatto era giusto, ora so che non potrò più ignorare quelle domande.

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