42 "BEE", Vale Lambo

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5 anni prima
Ciro

Disteso sul mio Liberty Piaggio, mi accesi una sigaretta, lasciando che il fumo si mescolasse con l'aria fredda della sera.

Ero lì da un po', fermo sotto casa, senza sapere davvero cosa aspettavo.

Il silenzio della strada mi avvolgeva, rotto solo dal rumore dei passi di qualche passante lontano e dal crepitio delle patatine che Edoardo continuava a sgranocchiare seduto sul muretto accanto a me.

Edoardo mi lanciò un'occhiata e scrollò le spalle. «Cirú, cre?» disse con quella sua voce impastata. «A ch staij pnzann?»

Feci un tiro lungo dalla sigaretta, lasciando che il fumo mi bruciasse i polmoni prima di soffiarlo fuori in una nuvola densa.

«Nient. Staser ma scassat o cazz, o cumbagn ra mamm e Siria.» Scossi la testa, cercando di scacciare quel pensiero che mi rodeva da dentro. «Chella guardij e merd.»

Edoardo rise piano, quasi con disprezzo.

«O fra ma ch t'aspiett ra un c fa a guardij?» fece una pausa per bere un sorso dalla sua lattina. «Nun t'ngrippà, Cirù. E pisciamm mocc a sti guardie.»

Non risposi.

Fissai un punto indefinito oltre i palazzi, cercando di non pensare.

Ma le parole di Antonio rimbombavano ancora nella mia testa, come un pugno nello stomaco.

«Sei già con un piede nella fossa... Nun pnzà ca t facc trascinà a Siria appriess a te.»

«Vabbè, ij vac addu Carmel.» disse Edoardo, scendendo dal muretto con la sua solita tranquillità. «C vrimm riman, fratè. Nun fa uaij m arraccumann.» Mi diede una pacca sulla spalla e si allontanò con il motorino, sparendo velocemente nell'oscurità.

Rimasi solo, con la sigaretta ormai quasi finita tra le dita.

Buttai la testa all'indietro, fissando il cielo scuro.

Non c'era una stella, niente da guardare.

Solo vuoto.

Stavo per alzarmi e andarmene anch'io quando sentii dei passi.

Alzai lo sguardo e la vidi, Siria, avvicinarsi con passo incerto, tenendo in mano un vassoio.

Il cuore mi si strinse nel petto, come se fosse preso in una morsa.

«Cì...» disse lei, quasi sottovoce, mentre si fermava davanti a me.

Sul vassoio c'erano quei maledetti crumble cookies che non avevo avuto modo di assaggiare durante la cena disastrosa.

Abbassai lo sguardo, incapace di guardarla negli occhi. «Ch c faij ca?» chiesi, la voce bassa.

Siria fece un mezzo sorriso, ma lo vidi subito sparire. «Ti cercavo...» Sospirò. «Non hai potuto assaggiare i biscotti ...pensavo ti andasse di provarli adesso.»

Guardai il vassoio e poi lei, sentendo una strana stretta in gola. «Non dovevi venire,» mormorai, spegnendo la sigaretta sotto il piede. «e nun e vogl e biscott.»

Siria scosse la testa, facendosi un po' più vicina. «Non sono qui per discutere, Ciro. Voglio solo stare con te... e volevo che assaggiassi i miei biscotti.»

Rimasi in silenzio per un attimo, il suono della sua voce che mi calmava leggermente.

Alla fine, allungai la mano e presi uno di quei biscotti.

Lo assaggiai, e nonostante tutto, un piccolo sorriso mi scappò. «Mmmh» mugolai, cercando di non far trasparire troppo quello che sentivo davvero.

Lei mi guardò con quegli occhi che conoscevo bene, colmi di una preoccupazione che non volevo farle provare. «Non ti lascio, lo sai, vero? Nun m n fott e chell c dic Antonio, ij rest cu te.»

Il nodo in gola si fece più stretto.

Le sue parole mi colpirono dritto al cuore, e per un attimo avrei voluto crederle, crederci davvero.

Ma dentro di me sapevo che Antonio aveva ragione, almeno su una cosa: la mia vita non era fatta per lei.

Non meritavo una ragazza come Siria.

Mi morsi la lingua, cercando di non farle vedere quanto mi faceva male. «T ne i, Siria» dissi infine, ma la mia voce era più stanca che ferma.

Lei fece un passo in avanti, ignorando le mie parole. «Non lo farò.»

Mi resi conto che non aveva senso insistere.

Forse quella sera non era il momento per respingerla, per allontanarla ancora una volta.

Siria si avvicinò senza dire una parola e, con un gesto fluido, si sedette a cavalcioni sul motorino, proprio davanti a me.

Io rimasi in piedi, le mie gambe in mezzo alle sue, il suo corpo così vicino al mio che potevo sentire il suo respiro sul collo.

Cercai di dire qualcosa, di rompere quel silenzio che, a dire il vero, mi stava facendo tremare dentro, ma le parole non uscivano.

Siria, invece, sorrise leggermente e prese un biscotto dal vassoio.

Senza dire nulla, lo avvicinò alle mie labbra con una lentezza che mi fece quasi trattenere il fiato. «Hai fame, Cì?» mi chiese in un sussurro, come se volesse giocare.

Io la guardai, col cuore che batteva forte nel petto. «Siria...» sussurrai, cercando di controllare quella sensazione che stava montando dentro di me.

Ma lei non mi diede tempo di dire altro.

«Shh,» mi interruppe dolcemente, portando il biscotto fino alle mie labbra.

Non riuscii a resistere, morsi il biscotto mentre lei mi fissava con quegli occhi profondi, come se volesse dirmi che tutto andava bene, che eravamo solo noi due in quel momento.

«Com'è?» chiese con un sorriso complice, divertita dal mio silenzio.

«È buon,» dissi a mezza bocca, cercando di riprendermi dal trasporto che iniziava a invadermi.

Le sue dita si erano soffermate sulle mie labbra, facendomi sentire ogni millimetro del suo tocco.

Lei rise piano, continuando a imboccarmi come se stesse facendo un gioco. «Vedi? Nun è jut tutt stuort staser, no?»

Mi sentii avvolgere dal suo modo di essere così leggero, eppure così presente.

Finito l'ultimo pezzo, le mie mani si mossero da sole, afferrando delicatamente il suo viso.

Le accarezzai le guance, il pollice che le sfiorava la pelle, e la guardai negli occhi, questa volta senza nessuna esitazione.

«Non dovevi portarmeli, ij nun t pozz trascinà ind a vita mij.» dissi con un mezzo sorriso, la voce più bassa.

«Non potevo lasciarti così,» rispose lei, stringendosi ancora di più contro di me. «E comunque, o sacc ca t so piaciut.»

Restammo in silenzio per un attimo, il nostro respiro che si mescolava nell'aria della sera.

Il momento si fece improvvisamente dolce, ma carico di tensione.

Siria mi guardava con una profondità che non avevo mai visto prima, come se tutto quello che provavamo, tutta la confusione, le paure, potessero essere dimenticate in quel momento.

«Siria...»

Lei scosse la testa, avvicinando il viso al mio. «Non dire niente, Cí.»

Le nostre labbra si sfiorarono, e subito dopo la baciai.

Fu un bacio che non riuscii a trattenere, carico di tutto il desiderio che avevo tenuto dentro per tutta la sera.

Il suo corpo si strinse ancora di più contro il mio, le sue mani mi circondarono la schiena, tirandomi verso di lei, come se non ci fosse nient'altro che potesse tenerci separati.

Sentivo il calore del suo respiro, il battito del cuore che accelerava al ritmo del mio.

Ogni tocco, ogni respiro sembrava spingermi oltre, come se finalmente potessi lasciarmi andare senza pensare a niente.

E così, restammo lì, persi l'uno nell'altro, senza nessuna intenzione di fermarci.

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