Presente
CiroLa pioggia cade su Napoli come un sudario grigio.
Gocce fredde che si mescolano all'asfalto nero, un po' come le mie emozioni si mescolano all'odio che mi porto dentro.
È un odio profondo, denso, che scorre nelle vene come una maledizione che non posso scrollarmi di dosso.
Cammino tra le strade che una volta conoscevo a memoria, ma ora tutto mi sembra estraneo, come se qualcuno avesse ridisegnato la mia città mentre io marcivo in prigione.
Quattro anni, quattro fottuti anni lontano da tutto quello che era mio, e adesso sono qui, a cercare di riprendermi ciò che mi hanno strappato.
E lo vedo.
Antonio. Il poliziotto.
Lo stronzo con quel sorriso stampato in faccia, che si crede sempre il più furbo, il più forte.
È lì, a pochi metri da me, con quella camminata sicura che mi fa solo venire voglia di spaccargli la faccia.
La pioggia gli scivola addosso, ma lui non sembra curarsene, come se fosse immune al freddo, immune a tutto, perfino a me.
Non mi importa di bagnarmi, non mi importa se mi sente o meno.
In un istante, mi trovo di fronte a lui.
E lui mi guarda come se aspettasse proprio questo momento.
«Ma uard chi s ver!» dice con quel tono del cazzo, sarcastico, come se fossi uno spettacolo da circo. «Il nostro caro Ciro, finalment non più dietro le sbarre.»
Mi sforzo di non lasciarmi trasportare dalla rabbia, ma le mani mi tremano.
Le nascondo nelle tasche della giacca bagnata, stringendole a pugno, le unghie che scavano nella pelle.
Perché lo so, se le lasciassi andare, le userei per prenderlo a pugni.
Respiro a fondo, ma sento il sapore amaro dell'umiliazione che brucia sulla lingua.
«Eccolo...l'infame. Ch cazz vuo?» sputo fuori le parole, cercando di sembrare più forte di quanto mi senta.
Ma lui sorride, e il suo sorriso è come una lama che mi graffia l'anima.
«Oh, niente, giusto una chiacchierata, come ai vecchi tempi. Comm la pigliat Siria quand a saput ca sij asciut? Non bene, direi. Nun t vo vre chiu.»
Quelle parole mi colpiscono come un cazzotto nello stomaco.
Siria mi odia, lo so.
E io odio lei.
Posso sentire che Antonio sta godendo di ogni secondo in cui mi vede vacillare.
Stringo i denti, trattengo la voglia di saltargli addosso, di spaccargli il naso contro il marciapiede umido.
Gli occhi mi bruciano, e non so se è per la pioggia o per tutto quello che ho tenuto dentro.
«La farò pentire di quello che ha fatto.» ribatto con un filo di voce, ma so che non suono convincente neanche a me stesso.
Lei era tutto per me, e ora è solo una ferita aperta che mi porto dietro come una cicatrice. «Non ne hai idea e chell ch vogl fa.»
Antonio si avvicina, troppo vicino.
Sento il suo respiro caldo sul viso, mescolato all'odore della pioggia e del fumo di sigaretta.
Mi guarda come si guarda un insetto, con quel misto di disgusto e superiorità che mi fa venire la nausea.
«Basta con le finte minacce, Ciro. Lei ha voltato pagina, sta benissimo senza di te. Non c'è posto per te nella sua famiglia. Ess e a mamm nun tenn bisogn e un comm a te, ca port sul uaij.»
Lo guardo, e per un istante la mia visione si annebbia.
Lo vedo come una sagoma sfocata, un bersaglio perfetto.
L'odio dentro di me cresce, esplode
Vorrei spingerlo contro la parete di quel vicolo, fargli assaporare la stessa solitudine e paura che ho provato io ogni notte in carcere.
Vorrei che sentisse cosa vuol dire essere impotenti, senza via di fuga.
Ma invece resto lì, immobile, con i muscoli tesi come corde di violino.
Antonio sorride ancora, e il suo sorriso è un coltello che scava sempre più a fondo. «Ah, e a proposito... come sono andati quei quattro anni? Hai fatto amicizia tra le sbarre? Immagino sia stato... educativo.» Lascia cadere le parole con quel suo tono bastardo, giocando con me come un gatto con un topo.
Non rispondo, ma sento il mio corpo vibrare di rabbia. Se solo sapesse quanto ho sognato di tornare e prendere a calci quel suo sorriso da stronzo. Ma mi trattengo. Perché so che se inizio, non mi fermerò.
Antonio mi guarda ancora per un attimo, e c'è qualcosa nei suoi occhi, una scintilla di sfida. «L'unica cosa giusta che Siria ha fatto è stata quella di ascoltarmi.»
Non capisco cosa voglia dire, ma quella frase mi suona come una promessa di qualcosa di oscuro, qualcosa che ancora mi sfugge.
Vorrei urlargli in faccia, chiedergli di spiegarsi, ma lui si volta, lasciandomi lì, con mille domande che mi frullano in testa.
Lo guardo andarsene, e sento l'odio dentro di me che cresce, che mi brucia.
———
Dal prossimo capitolo forse capirete di più di questa storia? ⭐️💬
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Partenope
ChickLitCiro Ricci, figlio devoto e predestinato erede del clan Ricci, ha sempre avuto un posto chiaro nel mondo: il potere, la violenza e la lealtà verso la sua famiglia. Ma quattro anni fa, qualcosa è andato storto. Siria, la ragazza che credeva di amare...