2 "WE COME FROM NAPOLI", Liberato

611 20 0
                                    

5 anni prima.
Siria.

Stavo uscendo dal liceo, stanca e con la testa ancora immersa nei pensieri delle versioni di latino e greco. Materdei, il rione che circondava la scuola, aveva sempre un'atmosfera particolare: antico, intricato e allo stesso tempo vivo. Oggi, però, mentre percorrevo le strade strette e un po' decadenti, sentivo che c'era qualcosa di diverso. Un'aria di tensione che non avevo mai percepito prima.

Camminavo spedita, con la borsa piena di libri che dondolava leggermente sulla spalla, quando svoltai in un vicoletto per accorciare il percorso verso casa. Un errore, forse, uno di quei momenti in cui senti il bisogno di tornare indietro, ma sei già troppo avanti per farlo. Di colpo, sentii il rumore di motorini che si avvicinavano.

Alzai lo sguardo e li vidi. Erano un gruppo di ragazzi, non troppo più grandi di me, ma l'aria di pericolo che emanavano era inconfondibile. Il clan Ricci. Ne avevo sentito parlare, tutti ne parlavano a Napoli. Gente da cui era meglio stare lontani. Il cuore iniziò a battere più forte mentre mi avvicinavo, sperando di riuscire a passare inosservata.

Uno di loro mi guardò con quel sorrisetto fastidioso, gli occhi stretti come di chi ti scruta da capo a piedi senza pudore. «Ciao bella, aro staij ijenn cu tutt sta frett?»

Il suo tono era provocatorio, quasi divertito. Mi si avvicinò, ma io feci subito un passo indietro. «Eh, e chest'è na uagliuncell re quartier ricc.» commentò un altro del gruppo, ridacchiando, mentre gli altri si unirono alla risata, facendomi sentire ancora più in trappola.

«Lasciatemi andare.» dissi, cercando di mantenere la calma, anche se dentro di me tremavo.

Uno di loro fece un altro passo verso di me, allungando la mano, ma prima che potesse fare altro, una voce profonda e sicura interruppe tutto. «Uagliú.»

Mi voltai di scatto e lo vidi. Era alto, con lo sguardo serio, i capelli scuri e ordinati, e una catena d'oro con una croce che brillava contro la sua maglietta scura. Non lo conoscevo, ma bastò un attimo per capire che era qualcuno di importante.

«Cirù, cre?» sussurrò uno dei ragazzi, mentre abbassava la testa.

Ciro si avvicinò, con passo lento e deciso, gli occhi fissi su di loro. «Uagliù, ve site scurdat e regl?» disse con voce calma, ma tagliente come una lama. Nessuno rispose. «E femmn nun e tuccamm.»

Uno di loro mormorò qualcosa, ma non abbastanza forte da essere ascoltato.

«Lassatastà!» ordinò, senza alzare il tono, ma il messaggio era chiaro. I ragazzi si fecero da parte, muti, come se fossero stati scacciati da una forza invisibile.

Lui mi guardò per un attimo, un secondo che sembrò un'eternità. «Te ijut buon Piccrè. Mò vattenn.» disse con quel tono di voce che non lasciava spazio a discussioni.

Non risposi, ma mi feci forza e ripresi a camminare, sentendo il peso del suo sguardo su di me fino a quando non fui abbastanza lontana. Il cuore mi batteva ancora forte, ma finalmente potevo respirare.

Il sole era alto e mi batteva in testa mentre continuavo a camminare per le strade di Napoli. La strada da Materdei fino al Vomero non era breve, e dopo i primi dieci minuti sentivo già la stanchezza sulle spalle e nei piedi. Mi girai attorno per un attimo, controllando che non ci fossero più quei ragazzi fastidiosi. Ma proprio quando iniziavo a rilassarmi, ecco che sentii di nuovo il rombo di un motorino dietro di me.

Mi voltai. Era lui. Ciro, su un Piaggio Liberty 125 che sembrava nuovo di zecca. Si avvicinò lentamente, mantenendo lo sguardo fisso su di me. Il mio cuore cominciò a battere più veloce. Non sapevo cosa aspettarmi, ma una parte di me si sentiva stranamente tranquilla.

«Piccrè» disse con quel suo tono tranquillo, fermandosi accanto a me «Comm t chiamm?»

Per un attimo restai sorpresa. Non mi aspettavo che mi parlasse, tanto meno così, in modo così... normale. «S-Siria» risposi, cercando di sembrare sicura di me, anche se il mio cuore batteva forte.

Lui abbassò appena la testa, come in segno di rispetto, e fece una smorfia, quasi un sorriso.
«Siria, piacere Ciro Ricci. Scusami p primm, e guagliune vulevano sul parià.»

«Ah, sul parià eh?» risposi, cercando di stemperare la tensione con una battuta. «Sono i tuoi scagnozzi, allora?»

Lui rise, quella risata bassa e un po' roca, mentre scuoteva la testa. «So comm frat p me. Però ij tagg difes, o no?»

E aveva ragione. Mi aveva difeso. Non come mi sarei aspettata da qualcuno come lui, ma l'aveva fatto. Gli altri lo temevano, ma in quel momento lui sembrava solo un ragazzo come tanti.

Poi si fece serio per un attimo e indicò il sedile posteriore del motorino. «Sagl, t vogl ra nu passagg.»

Esitai. Una parte di me voleva rifiutare. L'istinto mi diceva di non fidarmi, che forse era come gli altri. Ma poi mi ricordai di come aveva messo a posto quei ragazzi senza nemmeno dover alzare la voce. Mi aveva difesa senza volere niente in cambio.

«E chi t ric ca m fid e te?» chiesi, un po' provocatoria, cercando di nascondere il sorriso che stava sbocciando sulle mie labbra.

Lui mi guardò per un secondo, gli occhi che brillavano di un divertimento sottile. «Faje buono a nun t fidà a me, Siria. Ma song nu brav uaglion, le vist stess tu primm.»

Sospirai, capendo che aveva ragione. Forse dovevo smettere di pensare troppo e semplicemente... fidarmi.

«Va bene, va bene,» dissi infine, prendendo coraggio. «Ma facimm ambress.»

Salii sul Liberty, cercando di non far trasparire l'agitazione che sentivo. Era strano stare così vicina a lui, soprattutto dopo tutto quello che era successo. Il rumore del motore riempì l'aria mentre iniziavamo a percorrere le strade strette e affollate di Napoli.

Durante il tragitto, il vento mi sferzava il viso, e per un attimo mi sentii libera. Ciro guidava con sicurezza, senza fretta, come se volesse farmi sentire a mio agio. Non parlò molto, ma in qualche modo la sua presenza bastava.

Arrivati quasi a casa mia, mi fece scendere con un movimento rapido e preciso.

«Ecco, arrivata sana e salva» disse, con un mezzo sorriso.

Lo guardai, ancora un po' incerta su cosa dire. «Grazie... veramente.»

Lui annuì, poi si allontanò senza fare altre domande, riprendendo il suo cammino. Rimasi lì, a fissare il punto in cui era appena scomparso, chiedendomi cosa sarebbe successo da lì in poi.

Ma una cosa era chiara: quel giorno non era stato come gli altri. Avevo conosciuto Ciro, e sentivo che la nostra storia era appena iniziata.

PartenopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora