39 "MVMA", Nicola Siciliano

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Presente
Siria

Cammino a passo svelto lungo il marciapiede, sentendo il cuore battere sempre più forte.

L'aria della sera è pesante, umida, e mi fa appiccicare i vestiti alla pelle. Il sole è calato da un pezzo, e le strade sono un miscuglio di luci soffuse e voci lontane.

Controllo il cellulare ancora una volta, rileggendo il messaggio di Ciro:

"C vrimm for o local, vieni sola"

Non so bene cosa aspettarmi.

Dopo l'ultima volta che ci siamo visti, tutto è diventato più complicato, più confuso.

Ma ho bisogno di affrontarlo. Devo capire cosa sta succedendo tra di noi, anche se la risposta potrebbe farmi ancora più male.

Quando arrivo, lo vedo subito.

È appoggiato al muro del locale, una sigaretta tra le dita, che fuma lentamente come se ogni boccata fosse un atto di sfida.

Ha il solito gel nei capelli, che li tiene immobilizzati all'indietro, e sta iniziando a farsi crescere baffo e pizzetto, tipica moda del momento.

Gli dà un'aria ancora più dura, quasi da sbruffone.

Il suo giubbotto di pelle è aperto, e i suoi jeans stretti sembrano scolpiti addosso. Non si è nemmeno accorto che sono arrivata, o forse finge di non farlo.

Mi fermo a pochi passi da lui, osservandolo in silenzio.

Accanto a lui c'è Sara, la ragazza dai capelli rossi vestita in modo molto attillato, che ride alle sue battute.

Quando Ciro si accorge della mia presenza, però, la congeda velocemente, sussurrandole qualcosa all'orecchio.

Mi chiedo quando smetterà di illuderla.

Mi brucia ancora addosso l'ultima volta che ci siamo baciati, il ricordo è un chiodo che mi tormenta.

«Allora, ch vuo?» chiedo, la voce più dura di quanto volessi.

Lui alza lo sguardo, un sopracciglio sollevato, mentre butta fuori una nuvola di fumo.

Mi fissa per un attimo, come se mi stesse valutando, cercando di capire cosa ho in mente.

Poi scuote la testa, buttando via la sigaretta e schiacciandola con la punta della scarpa.

«Ch vogl ij? Cosa vuoi tu...» risponde, con quel tono strafottente che mi fa venire voglia di prenderlo a schiaffi. «L'altra sera e fatt tutt cos tu»

Il modo in cui lo dice, con quel mezzo sorriso malizioso e gli occhi scuri che mi sfidano, mi fa venire un nodo alla gola.

Mi avvicino di un passo, cercando di mantenere la calma, ma sento già la rabbia montare dentro di me.

«Non è successo niente. E tu lo sai.» lo incalzo, ma la mia voce trema un po'. Maledizione. «E poi...mi hai fatta cadere»

Lui ride. Una risata corta, secca, senza un briciolo di calore. «Ah, ij tagg fatt carè? Ma zitt, Siria, ca nun vriv l'or e m carè nguoll. Forse dovresti ammettere quello che provi per me.»

Mi fissa con uno sguardo pieno di arroganza, e sento il sangue ribollirmi nelle vene.

Lo odio quando fa così, quando mi provoca come se fosse tutto un gioco per lui. E forse lo è davvero. Forse non gli importa niente.

«Lo hai fatto apposta a baciarmi, vuoi vedermi vulnerabile.» le parole escono come un fiume in piena, mentre lo affronto direttamente, fissandolo negli occhi.

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