Cap.58

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Mi sono coperto la bocca con la mano.

Io:Scusa…Falsità di questo livello mi fanno venire la nausea…

Altair:Questo spiega perché sei sempre così malaticcio. Deve essere dura essere allergici a se stessi.

Gli ho mostrato la lingua.

Io:Allora, questa “verità” dov’è?

Ho fatto le virgolette con le dita.

Altair:Dal Maestro, ovviamente. Era lui a volerla.

Ho annuito.

Io:Quindi cosa devo fare adesso?

Altair:Tu? Oh, no. Hai capito male. Non sono venuto qui per darti un nuovo ordine, ma per dirti di stare al tuo posto. Per il momento, non avrò più bisogno del tuo aiuto. E come potrei chiederti di fare altro? Hai fatto un lavoro così meraviglioso con quel mostriciattolo.

Io:Sei troppo umile, caro fratello maggiore. È stata tutta un’idea tua, dopotutto. Se ci fosse una competizione di chi gioca più sporco, tu saresti il campione assoluto. Nessuno sa distruggere i cuori delle persone meglio di te.

Altair:I cuori delle persone? Per favore, non esageriamo. Ho solo rimesso quella disgustosa creatura dove dovrebbe stare. Non dirmi che…stai provando rimpianto nei suoi confronti.

I miei occhi si sono spalancati.

Io:Hah…Hahahahaha!

Sono scoppiato a ridere.

Io:Ho sempre pensato che avresti perso la testa in giovane età, ma non pensavo così presto. Andiamo, pensi davvero che mi schiererei dalla sua parte?

Altair ha sorriso.

Altair:Già, forse mi sto preoccupando inutilmente…Ma, ricordatelo, Shun…

Ha appoggiato le mani sulle mie spalle.

Altair:È solo colpa dei Ratri se la nostra vita è un disastro. Anche il minimo atto di compassione è solo un’azione studiata cautamente per il loro tornaconto personale, non ci si può fermare di loro. Io, invece, ho lavorato duramente per anni in modo che ci riprendessimo ciò che ci spetta di diritto. Tutto quello che ho fatto…è stato per noi.

Ha stretto la presa su di me. Il suo sguardo fisso su di me era così forte che avrebbe potuto farmi un buco nella testa, se fosse stato possibile.

Io:Certamente.

Ho alzato la testa sorridendo.

Io:So bene quello che hai fatto.

Ho stretto la presa sulla collana ancora nascosta nel pugno della mia mano.

Pov’s Kira

Emma mi ha portata in un piccolo appartamento per trattarmi la ferita. Lei voleva che andassimo all’ospedale, ma io l’ho convinta a non farlo.

Emma:Ecco fatto.

Ha finito di bendare la mia ferita. Non ne avevo bisogno, però non potevo lasciare che vedesse una ferita del genere rimarginarsi così.

Io:Mi dispiace per il disturbo.

Emma:Ma quale disturbo? Al massimo, puoi scusarti per l’infarto che mi hai fatto prendere!

Ha chiuso il kit di primo soccorso e l’ha rimesso al suo posto. Mi sono guardata attorno.

Io:Non sapevo avessi un appartamento in città.

Emma:Era di Norman, ma me l’ha lasciato visto che non sapeva cosa farci. Ero indecisa se accettarlo o meno, ma poi ho pensato che così avrei evitato di dover disturbare te o lui per un posto in cui stare la notte quando vengo.

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