Capitolo 24

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Kageyama pov:

Durante il tragitto, il tassista rimase in silenzio per un po', concentrato sulla strada. Io guardavo fuori dal finestrino, osservando il mondo scorrere oltre il vetro, ma senza davvero vederlo. La mia mente era intrappolata in un turbinio di pensieri su Hinata, su come stesse. Sull'idea che, per qualche motivo, avevo bisogno di essere lì per lui. Non riuscivo a spiegare quel desiderio, ma era così forte da farmi prendere il taxi senza nemmeno pensarci due volte.

Quando ci avvicinammo alla sua casa, il tassista ruppe il silenzio. "Buona fortuna con lei." Disse, con un sorriso divertito. Immaginai che vedesse spesso studenti andare da qualche amica o ragazza, ed era arrivato a una sua conclusione.

Rimasi in silenzio per un attimo. La mia prima reazione fu quella di ignorare il commento, ma poi qualcosa dentro di me si ribellò all'idea di lasciarlo passare. Non era giusto. Così, senza guardarlo direttamente, dissi: "Non è una lei."

Il tassista si voltò leggermente, sollevando un sopracciglio. "Oh? Mi scuso, ho sbagliato allora." disse, senza cambiare tono, né mostrare segni di fastidio o sorpresa.

"È un ragazzo." Continuai, con una calma che mi sorprese. "Sono innamorato di lui." Lo dissi così, senza pensarci troppo. Non sapevo nemmeno perché mi fossi spinto a dirlo, ma sentii un peso sollevarsi dal petto appena quelle parole uscirono. Mi aspettavo una reazione strana, o almeno un silenzio imbarazzato. Invece, l'uomo annuì semplicemente.

"Capito." Rispose, continuando a guidare. "Scusa ancora per l'errore."

Rimasi sorpreso. Non c'era stato né disgusto né giudizio nella sua voce, solo una semplice scusa. Quella reazione mi colpì più di quanto volessi ammettere. Ero preparato a ricevere sguardi di disapprovazione, commenti sussurrati. Invece, niente di tutto ciò. Solo un momento di comprensione silenziosa.

Arrivammo a destinazione. La casa di Hinata si trovava in una strada tranquilla, immersa in una luce dorata mentre il sole cominciava a calare. Pagai il tassista in fretta, cercando di ignorare il modo in cui le mie mani tremavano leggermente. Lui mi diede il resto e mi salutò con un leggero cenno del capo.

"Buona fortuna." Ripeté, stavolta senza specificare altro.

Scendendo dall'auto, rimasi fermo per un attimo sul marciapiede, guardando la porta di casa di Hinata. Sentii una strana tensione dentro di me, come se fossi sul punto di fare qualcosa di irreversibile. Feci un passo avanti, poi un altro, fino a quando mi ritrovai davanti alla porta d'ingresso.

Mi alzai la mano per suonare il campanello, ma poi qualcosa mi fermò. Istintivamente, abbassai la mano e provai a girare la maniglia. La porta era aperta, quel mongolo di Hinata non l'aveva chiusa. Esitai solo un attimo prima di decidere di entrare.

Chiusi la porta lentamente e silenziosamente alle mie spalle, cercando di non fare rumore. La casa era avvolta in un silenzio quasi surreale, interrotto solo dal leggero suono del mio respiro. Mi tolsi le scarpe all'ingresso, come se fosse la cosa più naturale da fare, poi mi mossi con passo leggero verso il soggiorno.

E lì, sul divano, c'era Hinata. Era disteso su un fianco, con una coperta mezza gettata su di lui, respirando piano. I suoi capelli arancioni erano arruffati, cadendo disordinatamente sulla fronte, ma nonostante ciò, sembrava... angelico. La luce del tardo pomeriggio filtrava dalla finestra, illuminando il suo viso in un modo che lo faceva sembrare irreale, quasi etereo.

Non potevo fare a meno di fissarlo, immobile. C'era qualcosa di incredibilmente pacifico nel suo volto, come se fosse in un mondo tutto suo, lontano dalle preoccupazioni che affliggevano me. Le sue ciglia lunghe sfioravano appena le guance, e le labbra erano leggermente socchiuse, respirando in modo ritmico e calmo. Non c'era traccia della solita energia esplosiva che lo caratterizzava. Era come vedere una versione di lui che non mostrava a nessuno, una versione fragile e vulnerabile che custodiva gelosamente.

Mi avvicinai lentamente, cercando di non svegliarlo, ma il mio cuore batteva così forte che sembrava potesse sentirlo. Mi sedetti accanto a lui, senza fare rumore. Guardandolo così da vicino, il mio respiro si fece più lento. Non potevo negarlo: Hinata era bellissimo, in un modo che non riuscivo a descrivere con parole. Non era solo il suo aspetto, ma la sensazione che emanava, come se la sua semplice presenza potesse riempire ogni vuoto dentro di me.

Mi ritrovai a chiedermi cosa stesse sognando. Forse giocava a pallavolo, correndo su un campo con quel suo sorriso contagioso. O forse, stava solo riposando, senza pensieri, senza preoccupazioni. Qualunque cosa fosse, sembrava tranquillo. Ed era tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento.

Hinata si mosse leggermente, voltandosi un po' sul divano, ma non si svegliò. Il suo volto si rilassò di nuovo, come se fosse certo di essere al sicuro lì, tra quelle quattro mura. Mi chiesi se avesse mai pensato a me nello stesso modo in cui io pensavo a lui. Ma forse non aveva importanza.

In quel momento, il solo fatto di essere lì, accanto a lui, era abbastanza.

Senza pensarci troppo, presi il telefono dalla tasca e lo sbloccai. Non so nemmeno perché lo feci. Forse volevo catturare quell'attimo, conservare per sempre quella tranquillità che raramente vedevo in lui. Lui, che era sempre così pieno di vita, di energia. Scattai una foto, cercando di essere il più silenzioso possibile.

Ma mi dimenticai del flash.

La stanza si illuminò per un secondo, e subito dopo vidi le sue palpebre tremare. 'Merda!' Pensai, mentre velocemente nascondevo il telefono dietro la schiena, cercando di fare finta di niente. Hinata aprì lentamente gli occhi, il viso ancora confuso e assonnato. Mi fissò, sbattendo le palpebre come se non capisse dove si trovasse.

"Kageyama...?" la sua voce era roca, come se non si fosse ancora completamente svegliato. Mi irrigidii, cercando di mantenere la calma.

Ma non appena i suoi occhi si posarono su di me, l'agitazione prese il sopravvento. Si sedette di scatto, quasi cadendo dalla superficie del divano. "Cosa... quando sei arrivato?" Balbettò, i capelli arruffati e l'espressione sorpresa.

"Non volevo svegliarti." Risposi, cercando di sembrare più calmo di quanto mi sentissi. La mia mente correva; non mi aspettavo una reazione così forte.

Hinata sembrava ancora confuso, ma la sua energia iniziava a tornare. Si tirò su, mentre i suoi occhi mi scrutavano, cercando di capire la situazione. "Come sei entrato qui senza chiave?" Chiese, guardandomi con un misto di sorpresa e imbarazzo.

"Avevi lasciato aperto e io sono entrato, non è che c'è un ladro in casa?" Domandai. Non l'avessi mai fatto. Subito dopo sentimmo dei rumori in cucina, spaventandoci subito. Cosa si dovrebbe fare in questi casi? Prendo Hinata in braccio a modi sposa e scappo via a gambe levate?

I need you.  //Kagehina//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora