Capitolo 49

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Hinata pov:

Appena arrivai a scuola, un'ondata di disgusto mi assalì al solo pensiero di quella terribile situazione. Mi sentivo sporco, con la pelle che mi tirava e i pensieri che mi martellavano senza sosta. Non alzai lo sguardo, non cercai né Kageyama né Yukine tra le persone che si muovevano nel cortile. Mi infilai subito in classe, puntando diretto verso il mio posto, sperando solo di potermi isolare dal resto del mondo per un attimo.

La classe era completamente vuota, e quel silenzio ovattato era l'unica cosa che mi dava un minimo di sollievo. Tirai un respiro tremolante e mi sedetti, lasciando cadere la testa tra le mani. Non facevo che sentire il battito del mio cuore rimbombare nelle tempie, troppo veloce e troppo rumoroso. Pensai di chiudere gli occhi per calmarmi, ma appena lo feci quell'immagine ritornò, come una lama che mi si conficcava nello stomaco.

Sentii un nodo insopportabile alla gola, e la nausea mi travolse di nuovo, così intensa che dovetti serrare la mascella per trattenermi. Ma non potevo restare lì; mi alzai di scatto, il cuore che martellava e il respiro che si spezzava, e uscii dalla classe quasi correndo, cercando disperatamente un modo per liberarmi di quel senso di oppressione.

Mi diressi verso il bagno, sentendo le gambe che vacillavano sotto di me. Raggiunsi una cabina libera, sbattendo la porta alle mie spalle, e mi accasciai sul pavimento. Appoggiai le mani sulle ginocchia, piegandomi in avanti mentre cercavo di trovare stabilità, ma il corpo non smetteva di tremare. Alla fine, la nausea prese il sopravvento, e vomitai, stringendo i bordi del water per non cadere, mentre tutto il mio corpo sembrava svuotarsi in un unico, lungo spasmo.

Restai lì a lungo, il respiro pesante, con il sudore freddo che mi scorreva sulla fronte e gli occhi che bruciavano. Ogni fibra del mio corpo sembrava debole, spossata, e la testa era un vortice di immagini confuse che non riuscivo a fermare. Anche il bagno, per quanto fosse vuoto e silenzioso, non riusciva a darmi pace.

Mi alzai lentamente dal pavimento del bagno, sentendo le gambe ancora deboli, e aprii la porta del cubicolo. Mi trascinai fino al lavandino, fissando il mio riflesso nello specchio: avevo il viso tirato, pallido, e gli occhi cerchiati di rosso. Aprii il rubinetto e mi sciacquai il viso, lasciando che l'acqua fredda mi desse una scossa per riprendermi almeno un po'.

Mentre cercavo di calmare il respiro, sentii la campanella suonare, richiamando tutti gli studenti nelle loro classi. Trattenni un sospiro, asciugandomi il viso, e mi avviai verso l'aula con il cuore ancora pesante.

Quando arrivai, trovai la professoressa davanti alla porta, impegnata a controllare l'orologio. Alzò lo sguardo appena mi vide avvicinarmi e mi salutò con un cenno del capo. "Buongiorno, Hinata."

"Buongiorno, professoressa." Risposi cercando di mantenere la voce ferma, anche se sentivo che la mia espressione tradiva il disagio che provavo.

Lei mi studiò per un momento, poi inclinò leggermente la testa con uno sguardo preoccupato. "Tutto bene?" Chiese, osservandomi attentamente.

"Sì, sì, tutto bene." Risposi subito, cercando di apparire convincente.

"Sei sicuro? Sei un po' pallido." Insistette, stringendo le labbra come a riflettere se fosse il caso di insistere ulteriormente.

"Sì, sono sicuro, professoressa. Non si preoccupi." Risposi, cercando di sorridere debolmente per rassicurarla.

Lei mi scrutò ancora un attimo, poi annuì e fece un passo verso la porta, aprendola per farmi entrare. "Va bene, allora entriamo."

Feci un respiro profondo e varcai la soglia, cercando di mettere da parte il malessere che ancora mi opprimeva.

Entrato in classe, cercai di prendere posto senza attirare l'attenzione, ma i miei movimenti erano così stanchi e incerti che qualche sguardo curioso si posò su di me. Mi sedetti e abbassai subito lo sguardo, fissando il banco. La classe iniziava a riempirsi, ma tutto sembrava ovattato, come se stessi osservando la scena da lontano, estraniato da ogni cosa intorno a me.

La professoressa iniziò a parlare, probabilmente spiegando la lezione, ma le sue parole mi arrivavano come un sottofondo indistinto. La testa pulsava leggermente, come se ogni pensiero aggiungesse peso alla stanchezza che sentivo. Chiusi gli occhi per un attimo, cercando di allontanare quel mal di testa, ma invece di trovare sollievo, mi ritornava alla mente quella scena sgradevole di prima. E il senso di disgusto mi colpì di nuovo, costringendomi a prendere un respiro profondo per non farmi sopraffare.

Cercai di concentrarmi su ciò che mi circondava, sugli sguardi degli altri studenti e sul rumore delle pagine dei quaderni che venivano sfogliate. Ma tutto sembrava amplificato e distante allo stesso tempo, come se fossi intrappolato in una bolla di vetro.

Yukine, che era arrivato poco dopo, mi lanciò un'occhiata preoccupata da un paio di file di distanza. Sorrisi debolmente, cercando di rassicurarlo, ma sapevo che non sarebbe stato così facile nascondere il mio stato.

Mentre ero seduto al mio banco, perso nei miei pensieri, mi accorsi di un foglietto che Yukine mi stava facendo scivolare sul tavolo con discrezione. Lo guardai, poi abbassai lo sguardo sulla carta.

C'era scritto solo: "Va tutto bene?"

Quel semplice messaggio mi fece stringere lo stomaco. Sentivo una stretta di conforto e preoccupazione che non riuscivo a ignorare. Alzai lo sguardo verso di lui e gli feci un cenno appena accennato, cercando di mostrare un sorriso rassicurante. Poi presi una penna e, senza entrare troppo nei dettagli, risposi sul foglio: "Sì, solo un po' di stanchezza."

Gli passai indietro il foglietto, consapevole che non sarebbe bastato a placare del tutto la sua preoccupazione.

Dopo aver letto la mia risposta, Yukine alzò lo sguardo verso di me con un'espressione tesa, come se non fosse affatto convinto. Poco dopo, fece scivolare nuovamente il foglietto verso di me.

"Shoyo, lo sai che puoi fidarti di me. Mi sto preoccupando davvero. Per favore, dimmi cosa sta succedendo."

Quelle parole mi colpirono più di quanto avrei voluto. Sentivo le sue aspettative e la sua preoccupazione come un peso sulle spalle, e in quel momento avrei voluto poter parlare con qualcuno, davvero. Ma sapevo che, anche volendo, non sarei riuscito a spiegare tutto quello che stavo provando.

Lessi il messaggio di Yukine, sentendo il suo sguardo fisso su di me. Cercava una risposta, ma io non sapevo davvero cosa dirgli. Presi la penna e risposi con una scrittura veloce e decisa, quasi graffiando la carta.

"Non voglio parlarne, Yukine. Scusami."

Spinsi il foglietto di nuovo verso di lui, senza guardarlo negli occhi. Sentivo il suo sguardo deluso, ma in quel momento era l'unica cosa che potevo fare. Parlare di quello che era successo mi sembrava impossibile; era come riaprire una ferita ancora troppo fresca e dolorosa.

Yukine rimase in silenzio per qualche istante. Poi, senza dire una parola, prese il suo cellulare dalla tasca e iniziò a digitare velocemente a qualcuno, il suo viso teso e concentrato.

I need you.  //Kagehina//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora