Capitolo 42

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Hinata pov:

Dopo aver finito di mangiare, vidi mia madre, Yumeko, alzarsi con un sorriso leggero. "Permettetemi di sparecchiare." Disse, già pronta a raccogliere i piatti.

"Non si disturbi." La interruppe Kageyama, prima che potesse afferrare qualcosa. "Lo faccio io. Non voglio che si stanchi dopo quattro giorni di lavoro."

Lo guardò sorpresa, poi il suo sorriso tornò. "Che gentile da parte tua, Tobio." Disse, avvicinandosi e abbracciandomi con un gesto naturale, come se fosse una cosa abituale. Non sapeva come reagire. Quando lasciò andare Kageyama, l'atmosfera sembrò cambiare drasticamente.

Si girò verso di me, il sorriso sparito dal volto. "Natsu." Disse con voce ferma ma gentile. "Rimani qui con Tobio. Io e Shoyo dobbiamo parlare di una cosa."

Sbiancai all'istante mentre Natsu annuiva, troppo impegnata a finire il suo pasto. Yumeko si avvicinò a me, il volto serio e gli occhi penetranti. "Vieni." La sua voce era decisa e autoritaria. Non dissi nulla, mi limitai a seguirla verso il salotto, la testa china.

Una volta lì, la tensione era palpabile. Yumeko incrociò le braccia, fissandomi senza battere ciglio. "Che cos'hai?" Mi chiese, il tono duro, quasi gelido. Strinsi i pugni, evitando il suo sguardo. Guardavo un punto indefinito sul pavimento, le spalle rigide.

Non risposi subito, immerso nei miei pensieri. Mia madre mi scrutava con crescente impazienza, e infine perse la calma. "Shoyo!" Urlò, la sua voce carica di frustrazione. "Dimmi subito cos'hai fatto!"

Il grido sembrò scuotermi dalla trance. Sbottai, un suono frustrato e stanco. "Mi sono sbattuto la testa e ho un po' di raffreddore."

Yumeko sospirò, incrociando le braccia con ancora più forza. "Cosa altro stai nascondendo?" Chiese, la sua voce era ancora dura, ma meno acida. Alzai gli occhi verso di lei, il mio sguardo stanco e irritato. Poi, senza dire nulla, tirai su la manica della maglietta, rivelando un'ustione rossa sul braccio.

Gli occhi di Yumeko si spalancarono. "Che diavolo..." Mormorò, avvicinandosi subito. Prese il mio braccio tra le mani, osservandomi con attenzione. "Sei andato in ospedale? Hai messo una pomata su questa ustione? E la testa? Hai preso qualcosa per il dolore?"

Chiusi gli occhi per un secondo, cercando di mantenere la calma. "No." Risposi con voce piatta.

Nemmeno il tempo di riaprire gli occhi che sentii uno schiaffo bruciante colpirmi il viso. L'impatto fu così forte che la mia testa girò da un lato. Rimasi immobile, gli occhi spalancati dallo shock. Mia madre mi aveva appena schiaffeggiato e stava urlando con la voce spezzata dall'emozione.

"Sei uno stupido!" Gridò, le lacrime già agli occhi. "Come puoi essere così irresponsabile? Lo sai che sei importante per me? Non puoi comportarti così con il tuo corpo!"

Non riuscivo a parlare. Ero sconvolto, il dolore fisico si mescolava a quello emotivo. Mai mi sarei aspettato una reazione del genere. Stavo lì, ancora immobile, mentre mia madre mi afferrava e mi stringeva in un abbraccio forte, disperato.

"Scusa, scusa." Mormorò tra i singhiozzi. "È solo che... Quando si tratta di mio figlio, non riesco a rimanere forte e impassibile come faccio con i miei pazienti."

Sentii il calore delle sue lacrime scivolare lungo le guance, scosso dalle sue parole e dall'intensità dell'abbraccio. In quel momento, mi sentivo come un bambino che cercava conforto, sicurezza. Non riuscivo a trattenere le lacrime. Piangevo, come non facevo da tanto tempo, tra le braccia della persona che più di tutte mi amava.

Yumeko mi stringeva ancora di più, come se temesse di perdermi. "Shoyo." Disse con voce spezzata. "Non puoi continuare a fare così. Non sei invincibile. Devi prenderti cura di te stesso, per me e per noi."

Piangevo ancora, avvolto in quell'abbraccio. Le parole di mia madre mi avevano toccato nel profondo, e in quel momento, la mia tristezza e la mia frustrazione sembravano finalmente trovare una via d'uscita. Tra le braccia di Yumeko, mi sentivo al sicuro.

Le braccia di mia madre mi stringevano ancora forte quando un urlo improvviso ruppe quel momento intimo. Natsu. I singhiozzi e le urla erano inconfondibili, così pieni di disperazione che mi fecero trasalire. Mia madre si staccò da me, preoccupata, asciugandosi in fretta le lacrime dagli occhi.

"Shoyo." Sussurrò, il tono rassicurante. "Andiamo a vedere cos'è successo."

Annuii, cercando di riprendermi dalle emozioni. Ci dirigemmo in fretta verso la cucina, il cuore che batteva forte nel petto. Le urla di Natsu si facevano sempre più forti man mano che ci avvicinavamo. Quando arrivammo, la scena che ci si presentò era del tutto inaspettata.

Natsu era attaccata alla gamba di Kageyama, piangendo a dirotto, le braccia strette intorno a lui come se non volesse lasciarlo mai più andare. Kageyama, visibilmente imbarazzato, cercava di consolarla, senza sapere esattamente cosa fare. Si chinava leggermente verso di lei, con le mani tese in avanti, ma sembrava paralizzato dall'incertezza.

"Non andare via!" Gridava Natsu, con la voce spezzata dai singhiozzi. "Ti prego, Tobio, non andartene! Voglio che resti qui con noi!"

Mia madre e io ci fermammo sulla soglia, osservando la scena con un misto di sorpresa e tenerezza. Sentivo un leggero calore salirmi alle guance vedendo mia sorella così attaccata a lui. Kageyama, invece, sembrava a disagio, cercando di staccarsi delicatamente, ma senza riuscire a convincere Natsu a lasciarlo.

"Natsu, piccolina..." Provai a intervenire, facendo un passo avanti. "Kageyama deve andare a casa sua, non può restare qui per sempre."

Ma Natsu, testarda come al solito, scosse violentemente la testa. "No! Non voglio che se ne vada! Voglio che resti con noi!"

Mia madre si chinò accanto a lei, mettendo una mano leggera sulla testa di Natsu. "Amore." Disse con dolcezza. "Tobio tornerà a trovarci. Non devi preoccuparti."

Natsu continuava a stringersi a lui, il viso affondato nella sua gamba. "Promesso?" Domandò, con la voce più fievole, come se quell'unica parola fosse il suo ultimo appiglio.

Mi resi conto di quanto fosse legata a Kageyama, e anche se mi sembrava imbarazzante in quel momento, capivo perfettamente cosa provava.

Kageyama si abbassò lentamente, portando una mano leggera sulla testa di Natsu. La sua espressione, di solito seria, si ammorbidì in un sorriso appena accennato. "Promesso." Le disse, la voce bassa e rassicurante.

Natsu lo guardò con gli occhi lucidi, indecisa se fidarsi o continuare a trattenersi. Alla fine, però, sembrò rilassarsi, lasciando andare la sua gamba. Mia madre, sempre dolce e paziente, la aiutò ad alzarsi e le accarezzò i capelli per calmarla ulteriormente.

"Va tutto bene, piccola." Sussurrò, con un sorriso rassicurante.

Kageyama si alzò, ancora un po' rigido per l'imbarazzo, e mi guardò. Gli feci un cenno rapido, indicandogli di seguirmi. "Dai, andiamo in camera mia. Ti devi cambiare." Gli dissi, cercando di mascherare un po' il nervosismo. Era sempre strano avere Kageyama a casa mia, specialmente in situazioni così... particolari.

Kageyama annuì senza dire una parola, ed entrambi ci allontanammo dalla cucina, lasciando mia madre a occuparsi di Natsu. Camminammo in silenzio fino alla mia stanza, il rumore dei nostri passi era l'unico suono nell'aria.

I need you.  //Kagehina//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora