Capitolo 51

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Kageyama pov:

Sentii il suo grido prima che riuscissi a fare qualsiasi cosa.

"Kageyama-kuunnnn!" La voce della ragazza mi trafisse come un colpo. Non avevo nemmeno il tempo di girarmi che sentii il suo corpo che mi si avvicinava troppo rapidamente, prima di poter reagire. Mi si fiondò addosso con una naturalezza che mi irritò istantaneamente. Le sue mani si posarono sulle mie braccia, mi afferrò come se volesse assicurarsi che non cadesse.

"Stai bene?" Chiese, e il suo volto era così vicino al mio che avvertii il suo respiro caldo sulla pelle. Gli occhi di quella ragazza erano colmi di preoccupazione, ma il suo volto mi sembrava lontano, distante. Non volevo sentire le sue parole.

Il mio sguardo, però, inevitabilmente scivolò verso Hinata. Lo vidi, sì, proprio mentre si allontanava, quasi correndo tra la gente che si spostava freneticamente. Ogni passo che faceva mi stringeva il cuore. Mi sentii come se qualcosa mi fosse stato strappato via, come se non avessi più il controllo di nulla. Mi ero concentrato così tanto su Hinata che non mi accorsi nemmeno della ragazza che ancora mi toccava.

Un'ondata di frustrazione mi travolse. Non riuscivo a pensare ad altro che a Hinata che andava via. Non capivo perché mi sentissi così. Volevo solo che lui tornasse, ma non avevo il coraggio di corrergli dietro. Il pensiero di vederlo allontanarsi senza neanche guardarmi mi faceva male, più di quanto avessi mai voluto ammettere.

La ragazza, nel frattempo, non smetteva di guardarmi con quegli occhi che cercavano risposte che non avevo intenzione di dare. Sentivo la sua mano ancora su di me, troppo vicino, troppo invadente.

"Smettila." Ringhiai, e senza pensarci, mi scrollai di dosso quella sua mano che sembrava tenermi ancorato a una realtà che non volevo affrontare. La sua presa mi irritava, come se volesse rallentarmi, impedirmi di fare ciò che sentivo di dover fare. Mi sentivo come se tutto mi stesse sfuggendo di mano, e il mio corpo reagì con forza. "Non toccarmi." Dissi, cercando di contenere la rabbia che mi ribolliva dentro.

La ragazza si fermò, chiaramente sorpresa dalla mia reazione. Vidi il suo volto cambiare espressione: la sua preoccupazione si tramutò in tristezza. I suoi occhi si abbassarono, come se avesse perso ogni speranza di avvicinarsi a me.

"Volevo solo sapere come stavi." Mormorò, la voce dolce ma spezzata. "Volevo solo fare amicizia..."

Le sue parole non fecero altro che aumentare la mia frustrazione. In quel momento, nulla importava. Non mi importava di lei, non mi importava di chiunque altro. "Non me ne frega niente." Risposi, la voce dura, senza la minima pietà. "Non mi interessa fare amicizia con te. Vai via."

La guardai un'ultima volta, ma non mi aspettavo una risposta. Il suo viso triste non fece che aumentare la sensazione di vuoto dentro di me. Non avevo più tempo per pensare a lei, non l'ho mai avuto. Mi voltai, sentendo il battito del mio cuore che accelerava e l'irritazione che mi consumava. Non dovevo pensare a quello che avevo appena detto, ma solo a Hinata. Volevo solo che lui tornasse, ma ormai era troppo tardi. Ero troppo arrabbiato per fermarmi a spiegare.

Mi allontanai senza nemmeno un'altra parola. La ragazza rimase lì, immobile, probabilmente ancora sorpresa dalla mia reazione. Non mi voltai nemmeno a guardarla. Avevo solo un obiettivo: raggiungere Hinata. Volevo corrergli dietro, prendere la sua mano, fermarlo prima che potesse sparire davvero.

Il mio cuore batteva forte mentre i passi mi portavano fuori dal cortile, in strada, ma l'immagine di Hinata che si allontanava mi perseguitava. Mi sembrava di essere bloccato, come se non riuscissi a reagire come avrei dovuto. La mia testa era piena di pensieri confusi e rabbia. Rabbrividivo al pensiero di come tutto fosse sfuggito dal mio controllo, di come non fossi riuscito a fermarlo, a dirgli qualcosa.

Cercavo di spingere via la sensazione di impotenza che mi stringeva il petto. Non ero mai stato bravo a esprimere quello che provavo, soprattutto quando c'era troppo da dire. Ma allora, quando vedevo Hinata, tutto diventava chiaro. La rabbia che provavo non era solo per la situazione, ma per me stesso. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo dentro di me.

"Perché non posso fargli capire quello che provo?" mi chiesi, mentre il marciapiede scivolava sotto i miei piedi.

Improvvisamente, mi accorsi che stavo correndo senza nemmeno rendermene conto. La strada sembrava più lunga, ma più veloce allo stesso tempo. Il mio respiro si faceva più pesante, ma non mi fermai. Non importava quante persone incontrassi lungo il cammino. Non importava che mi stessero guardando. Dovevo solo trovarlo.

Poi, lo vidi. Era lì, un po' più avanti, fermo su un angolo. Aveva il corpo rigido, la testa abbassata, come se stesse cercando di nascondere qualcosa. Ogni fibra del mio corpo mi gridava di andare da lui, di prenderlo, di chiedergli scusa per la mia reazione, ma non sapevo nemmeno come fare. Le parole mi mancavano.

Mi fermai a qualche passo da lui, e l'unica cosa che riuscivo a fare fu guardarlo, con il cuore in tumulto. Cosa dovevo dire? Come dovevo spiegargli cosa provavo?

Hinata si voltò lentamente, come se avesse sentito la mia presenza. Non riuscivo a leggere la sua espressione. Il suo sguardo si fermò su di me per un istante, e tutto sembrò fermarsi. La sua bocca si aprì, ma non disse niente. Non c'era bisogno di parole. La tensione tra di noi era palpabile, e ogni secondo che passava mi sembrava eterno.

Mi avvicinai, ma qualcosa mi trattenne. La mia rabbia era ancora lì, quella sensazione di non essere abbastanza. Non sapevo se ero arrabbiato con lui, con me stesso o con tutto il resto, ma la sua presenza mi faceva sentire tutto allo stesso tempo. Non avevo idea di come affrontarlo, ma sapevo che non potevo più scappare.

Mi fermai a pochi passi da lui, il cuore in tumulto, con le parole che sembravano sfuggirmi. Eppure, l'impulso di avvicinarmi era più forte di ogni altra cosa. Guardai Hinata, e per un istante il mondo sembrò fermarsi. Il suo sguardo non era rabbioso, ma era diverso, distaccato. Non c'era più quella vivacità che conoscevo, come se una parte di lui fosse scomparsa.

"Stai bene?" Mi scappò dalla bocca, ma la mia voce suonava più fragile di quanto avessi voluto. Non riuscivo a nascondere il tremolio che mi scivolava dentro.

Hinata non rispose subito. I suoi occhi si abbassarono per un momento, come se stesse cercando di fare ordine nei suoi pensieri, poi lentamente sollevò lo sguardo verso di me. C'era qualcosa nel suo volto che non riuscivo a decifrare, ma quella sensazione di distacco mi stava annientando.

Poi, senza preavviso, sentii le sue parole, fredde e taglienti, arrivare come un colpo al cuore.

"Per favore, lasciami solo." Disse, la sua voce bassa, ma decisa.

Rimasi pietrificato. Non riuscivo a credere a quello che avevo appena sentito. Avevo sperato che le cose si risolvessero, che potessimo parlare di ciò che gli era successo, perché fosse così, sistemare tutto, ma la sua richiesta mi fece vacillare. La rabbia che sentivo da prima si mescolò con il dolore. Non volevo che fosse così. Non volevo che ci fosse distanza tra di noi.

"Hinata..." Provai a dire, ma le parole mi morirono in gola. Non sapevo come reagire, se insistere o se accettare quella richiesta, anche se mi spezzava.

Lui mi guardò ancora una volta, un'espressione triste dipinta sul suo volto. Non c'era rabbia, solo un vuoto, un distacco che mi feriva più di quanto avrei mai potuto immaginare.

"Per favore," Ripeté, stavolta con una voce più forte, quasi come se cercasse di convincere se stesso più che me.

Non potevo fare altro che girarmi, sentendo ogni passo più pesante del precedente. Cosa avrei dovuto fare? Non ne avevo idea. Sapevo solo che la sua richiesta mi aveva spezzato, ma dovevo rispettarla. La mia mente era un caos, e i miei passi mi portarono via da lui, più lontano che mai.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 25 ⏰

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