Ricordatevi che c'è qualcosa di più pericoloso in questo mondo di un uomo umiliato, una donna cattiva
Nel cuore pulsante del Bronx, tra le strade affollate e i vicoli scarsamente illuminati, si cela un mondo di sfide e opportunità, di speranze e tra...
Sono passate due settimane dalla morte di Bethany, e l'unica cosa che ho fatto è stato rinchiudermi in camera a fumare e bere, come se fosse l'unico modo per spegnere il dolore che mi rodeva dentro. Il tempo scivolava via senza che me ne rendessi conto. Il mondo fuori, quello che continuava a muoversi, mi sembrava distante, irreale. Non c'era più spazio per nulla. Solo buio. Solo il fumo che si alzava nell'aria e l'odore dell'alcol che mi faceva sentire più vuota, ma almeno più distante dalla realtà.
Avevo chiuso tutte le finestre, rimanendo nel buio più totale. Era come se la luce fosse una minaccia. La luce mi costringeva a vedere tutto, a ricordare ogni dettaglio, a vedere il volto di Bethany, il suo sorriso, il suo sacrificio... ma nel buio, tutto diventava più sopportabile. Ogni suono era ovattato, ogni pensiero più lontano.
L'unica cosa che mi faceva compagnia erano le solite voci, quelle che non mi davano tregua. Quelle che mi avevano sempre accompagnato, come un'ombra che non mi lasciava mai. Solo che ora erano più forti, più insistenti. Mi dicevano di non fidarmi di nessuno, di uccidere chi mi stava intorno, di distruggere chiunque fosse venuto a ricordarmi la mia debolezza. Le loro parole mi martellavano nella testa come martelli, e io non riuscivo a zittirle. Non volevo farlo. Mi facevano sentire viva, anche se in un modo completamente sbagliato. Almeno le voci non mi tradivano.
Ho sempre cercato di ignorarle, di tenerle a bada. Ma non ora. Non dopo quello che è successo. Dopo aver visto la morte di Bethany. Non c'era più spazio per la luce, per la redenzione, per il perdono. Era tutto finito. Solo la vendetta restava, quella che mi scorreva nelle vene come veleno.
Mi alzai in piedi, barcollando, e camminai verso il piccolo specchio che avevo sulla scrivania. La mia immagine mi feriva, come se mi stessi guardando per la prima volta dopo anni di oscurità. I miei occhi erano diventati vuoti, come se avessero perso ogni traccia di vita. Non c'era più niente che li riempisse, se non il dolore, la rabbia, e quella follia che mi stava consumando. Il mio riflesso non mi apparteneva più.
Mi passo le dita sul viso: pelle segnata, righe scavate da lacrime che non riescono più a uscire. Prendo il fondotinta e lo stendo sulla faccia con gesti automatici, come se un sottile strato di trucco potesse coprire non solo le cicatrici, ma anche ciò che sono diventata.
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"Uccidili, Elris. Uccidi chiunque osi avvicinarsi. Sono tutti uguali. Li hai visti. Ti hanno tradita. Dominali, non lasciare che ti calpestino." Il sussurro affiorò nella mia mente, familiare e avvolgente come una nebbia velenosa. Le parole si insinuarono nei miei pensieri, congelando i miei movimenti, quasi ipnotizzandomi.
Poi, una voce diversa, più lieve ma penetrante, spezzò quel momento. "Non ascoltarli, Elris. Non farlo. Ti prego." Sobbalzai. Sbarrai gli occhi, il respiro si spezzò in gola. Quella voce... quella voce non poteva essere reale. "Bethany?" sussurrai, incredula. La sua voce era morbida, intrisa di preoccupazione, come un soffio di vento caldo in mezzo alla tempesta.