Capitolo 1 - Luna

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Era il primo giorno di settembre. Faceva caldo, anche se erano le otto del mattino. Alzai gli occhi al cielo e mi persi nella folle danza delle poche nuvole. Fluttuavano intorno al sole, sfiorandolo delicate. Il sole era immobile, apparentemente inerte a quell'attacco. Una nuvola danzò davanti a lui, coprendolo. La giornata si rabbuiò ed arrivò una folata di vento, che mi spostò i capelli. Un brivido mi attraversò tutta la schiena, ma non tolsi lo sguardo. Forza. Combatti. Proprio nel momento in cui il sole sembrava sconfitto, i suoi raggi attraversarono magicamente la nuvola, annientandola.
Mi sembrò quasi di vedere la nuvola sfoggiare una bandierina bianca, ma non fu così.
Quella fu la cosa migliore che mi capitò in quella giornata, il resto solo un incubo dal quale svegliarmi il prima possibile.

«Luna!» urlò mia madre, richiamando la mia attenzione.
Salutai con un lieve sorriso il sole e le sue nuvole e mi voltai. La cercai con lo sguardo. Eccola, in piedi, davanti ad uno scatolone bianco, il mio colore preferito. Il bianco: colore della purezza, dell'onestà e soprattutto dell'eleganza.
Era buffa, con qualche ciuffo sbarazzino che le spuntava dal foulard colorato, legato in testa. I capelli neri e gli occhi verdi. La guardai attenta ad ogni particolare. Il viso appuntito, ormai solo un ricordo, aveva dato spazio ad un viso rotondo e allegro. La guardai negli occhi e li vidi stanchi, ma felici. Ora stava bene, perché rovinare quel momento? Gli corsi in contro.
«Si, mamy?» domandai sforzandomi di sorridere.
«Ah... Eccoti finalmente! Questo è tuo!» esclamò guardando lo scatolone.
Abbassai lo sguardo e inizia a leggere: Luna, proprietà privata!.
«Già!»
Mi piegai sullo scatolone e cercai di alzarlo, ma era più pesante di ciò che ricordassi. Che palle! Mi guardai intorno, per cercare qualcuno che potesse darmi una mano. Mamma era già sulle scale, a comandare Giorgio su come portare in casa la sua sedia dello studio. Meglio lasciar perdere.
Giorgio è il compagno di mia madre. Ha quarantasei anni, ed è la persona con gli occhi più strani che io abbia mai conosciuto. Ha un occhio azzurro-trasparente e l'altro verde, cosa così strana che la prima volta che lo vidi gli chiesi se avesse un occhio di vetro.
A parte gli occhi è una brava persona, cosa che non sembra aver ereditato il figlio.
Feci un'ultima ricerca disperata, ma i mobilieri mi passarono davanti senza neanche vedermi e i traslocatori erano intenti a ravanare nel furgone. Che palle!
Mi piegai di nuovo sullo scatolone e cercai di sollevarlo. Tirai il più possibile e finalmente riuscii ad alzarlo. Finalmente ce l'avevo fatta! Ma proprio nel momento in cui dentro di me si scatenò una festa, sentii uno strano rumore.
Duft. Oh, no! Che sfiga!
Lo scatolone si ruppe e tutta la mia roba cadde a terra.

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