Capitolo 25 - Dan

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Vagavo per casa, senza una meta.

L'orologio segnava le dieci.

La mia mente non faceva altro che pensare ad una cosa. Era sabato sera ed io immaginavo lei con lui. E più cercavo di deviare quel pessimo pensiero, più riflettevo su cosa stessero facendo.

Era la prima volta che mi immaginai lei in quel modo. Sdraiata sul letto, con quel suo pigiamino buffo... che cretino che sono! Mi tirai una sberla in testa. Figurati se da lui usava quel pigiamino. La immaginai tra le braccia di lui, mi salì un urto di vomito. Lo stomaco mi faceva male. Dovevo vomitare. Corsi in bagno. Aprii l'acqua dello sciacquone e aprii la bocca. Uscì un misero rutto. Che strazio! Non avevo mangiato nulla a cena, quindi non potevo vomitare.

Non sapevo che fare. Mi sentivo a un soffio dalla follia.

Poi sentii il cellulare squillare. Era il mio. Lo tirai fuori dalla tasca e risposi. Non guardai neanche il numero.

«Si?» domandai.

«Daniel?» rispose una voce femminile.

«Si?»

«Sono Giada... ti va di uscire?» mi domandò lei.

Che faccio? Fanculo il resto!

«Dove sei?» gli domandai.

«In piazza con degli amici. Ci raggiungi?»

«Arrivo» urlai al telefono.

Presi il casco e uscii.

Le luci dei lampioni mi davano fastidio. Mi sentivo accaldato, come se avessi la febbre.

Arrivai in piazza dopo pochi minuti. Vidi subito un gruppo di ragazzini, sui sedici anni. Mi avvicinai con la moto e cercai Giada. Poi la vidi.

Il trucco pesante, le regalava qualche mese di più. La gonna corta, lasciava spazio a due gracili gambe. Il reggiseno a push-up accentuava ciò che di giorno non si vedeva.

«Ciao!» urlò Giada correndomi in contro. Mi abbracciò e notai lo sguardo di un ragazzino alla mia destra. Mi squadrò dalla testa ai piedi e mi guardò incazzato.

Invidia? Gelosia? Fattela passare, non è giornata!

«Andiamo!» esclamai prendendo per mano Giada.

«Cosa?»

Non è una domanda. E' un ordine!

«Dai sali!» esclamai accendendo la moto.

Giada non disse nulla. Sorrise e obbedì.

«Dove andiamo?» mi domandò.

«Vedrai!» risposi.

Arrivati a casa aprii la porta e la feci accomodare sul divano.

«Bella casa!» esclamò Giada raggiante.

«Si» risposi serio.

Peccato che sia sempre così vuota.

«Cosa vuoi da bere?» gli domandai da bravo padrone di casa.

«Ehm... una coca cola!» rispose lei.

Aprii il frigorifero e presi una coca e una birra. Amavo la birra. Quel suo sapore amaro e intenso, di vita.

Tornai in sala e trovai Giada concentrata su una foto.

«Mi piacerebbe conoscere i tuoi» esclamò lei.

Possibile che non sapesse?

«Si...»

Piacerebbe anche a me conoscerli.

Mi sedetti sul divano e lei accanto a me.

«Vuoi vedere la tv?» gli domandai.

Mi guardò ridendo. Ovvio che non gli interessava la tv!

«Daniel... mi piaci molto!» mi sussurrò lei all'orecchio.

Daniel? Cos'era quel nome in confronto a come mi chiamava lei?

«Giada io...»

«Shh... voglio essere tua Daniel!» esclamò lei, sfiorandomi le parti intime.

Cazzo! Ero pur sempre un ragazzo! Fin dove sarei arrivato? Quando mi sarei fermato?

Giada si sedette sulle mie gambe e iniziò a slacciarmi i pantaloni. Io le sfilai la magliettina.

Mi baciò il collo. Stavo impazzendo. La voglia si espanse veloce in tutto il corpo, come una potente malattia.

Poi Giada mi baciò in bocca e non sentii nulla. Niente.

Fuggì dalle sue labbra, ma la sua bocca mi continuò a cercare.

Non posso. Basta!

«Fermati! Giada fermati!» urlai bloccandole le braccia.

«Cosa? Faccio io Daniel... non muoverti!» esclamò slacciandosi il push-up.

La spostai sul divano e mi alzai. Le tirai addosso la mia maglietta.

«Giada, non è così che deve essere!»

Si rannicchiò sul divano, come una bimba furiosa, alla quale hai appena tolto il giocattolo preferito.

«Io voglio che la mia prima volta sia con te!»

Cazzo! Ma che ho fatto?

«La prima volta deve essere con qualcuno che ti voglia bene...e per quanto io mi possa sforzare... non posso, perdonami!»

Iniziò a piangere.

Si aspettava che mi avvicinassi e la consolassi, ma non potevo.

Poco dopo si rivestì.

«Ti accompagno a casa?» gli domandai.

La matita nera aveva tracciato lunghe linee sul suo viso.

«No! Voglio andare in piazza!»

Mi sembrò strano, che in quelle condizioni, si sentisse di tornare in piazza dagli amici. Magari aveva solo bisogno di farsi consolare dalla migliore amica o di stare allegra, ma mi sbagliavo.

Avrei capito a mie spese, il perché di quella decisione.

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