Capitolo 20 - Luna

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1 ANNO PRIMA

27 Settembre

«A che ora hai detto che inizia il party?» domandai ad Ania, fingendo interesse.

Camminavamo verso l'entrata della metro gialla, in piazza del Duomo.

«Alle due!» urlò lei in pieno panico.

Guardai l'ora sul cellulare. Non amavo gli orologi, volevo essere libera persino dal tempo. Erano le tredici e quaranta. Non so se saremmo arrivate in tempo, avevo seri dubbi. Ma non dissi nulla.

Il mio sguardo fu rapito da un bel ragazzo, che mi passò accanto. Camminata decisa, sguardo intenso ed occhi blu, da far perdere la testa. Fisico impeccabile.

«Ma l'hai visto?» domandai ad Ania.

«Eh...chi?» mi rispose con la testa altrove.

«Come chi! Quel superfigo!!!» esclamai girandomi ed indicandolo. Da dietro era persino meglio.

«Ah bhe... di certo è un modello!» rispose lei rammaricata.

L'avevo presupposto anche io.

Entrammo in metropolitana e quando uscimmo, seguimmo tre ragazze con un vestito. Sperammo che andassero al party, ma poi ci accorgemmo che andavano dalla parte opposta.

Alle due in punto arrivammo al party.

«Questo sarebbe un party?» domandai ad Ania incredula.

Mi aveva trascinata fin qui con il presupposto di entrare in un capannone al cui interno ci sarebbe dovuto essere un rinfresco ed i Tokio Hotel in bella vista a rispondere alle domande dei Fan. Invece ci ritrovammo in mezzo alla strada con delle barriere in ferro a trattenere la calca di persone che pretendeva di entrare.

In quel momento odiai Ania. Perché mi ero fatta convincere? Poi vidi l'espressione del suo viso. Era delusa, le sue aspettative erano altre.

La presi per mano e la trascinai verso il muro di persone che ci copriva la visuale.

«Che fai?» mi domandò.

«Quello per cui siamo qui, vederli!» le sorrisi decisa.

Tra qualche spintone e parola di troppo, riuscimmo ad arrivare davanti l'ingresso del capannone, ma il grande portone restava chiuso. Oltre a non vedere, non avremmo neanche sentito nulla.

Ero schiacciata contro la transenna di ferro e le ragazze dietro spingevano. Stavo per sentirmi male e al culmine della rabbia e del nervosismo urlai a una delle bodyguard che era davanti a noi.

«Ci sono ragazze che stanno per morire soffocate per vedere sti maledetti Tokio Hotel, aprite almeno quel cazzo di portone!»

Lo ammetto ero esasperata e mi accorsi solo in quel momento che la bodyguard al quale avevo urlato probabilmente era più esasperata di me. Era un uomo alto e muscoloso con la testa rasata e un paio di Ray Ban a specchio. Non vedevo i suoi occhi, ma ero sicura che mi puntò. Mentre si avvicinava vedevo il riflesso del mio viso ingrandirsi sui suoi occhiali a specchio. Ero nei guai, merda.

«Hey Frank, stai tranquillo è una ragazzina!» esclamò un ragazzo tagliando la strada all'omone. Quello si fermò, ancora scuro in volto e dopo qualche secondo di esitazione gli fece cenno e se ne tornò al suo posto.

Sospirai e mi resi conto che avevo trattenuto il fiato, per la paura.

«La prossimo volta non ti verrò a salvare!» tuonò la bodyguard che mi aveva appena salvata dalle grinfie di Frank.

«Grazie, io non...» mi si ruppe la voce.

Io non avrei dovuto. Non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi per quanto ero dispiaciuta.

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