Capitolo 46 - Sonia

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Più lo guardo tenersi stretto tra le braccia mia figlia e più penso che sia un errore. Lui non è la persona che avrei desiderato al fianco di Luna. Ho pregato tutta la vita che non si trovasse nella mia stessa situazione ed ora eccola qua. La guardo negli occhi e capisco dal modo in cui i suoi occhi seguono Daniel, che ne è innamorata. Come posso essere stata così ceca?

Pensavo che Luna fosse migliore. Migliore di me.

18 ANNI PRIMA

Era l'estate della maturità. Mi ero appena diplomata e fra qualche giorno avrei compiuto diciannove anni.

I miei genitori, come tutti gli anni avevano affittato una casa al mare, nel Salento, per l'intero mese di Agosto. Mi aspettava un'estate perfetta, da trascorrere con gli amici d'infanzia e con mia sorella Serena che aveva sedici anni ed era la migliore amica. I capelli rossi ricci, che aveva preso da mio padre e gli occhi verdi come quelli di mamma, identici ai miei.

Finita l'estate sarei partita per andare a studiare in un università Inglese. Dopo tanti sacrifici, avevo vinto una borsa di studio. Il mio sogno era diventare un prestigioso Architetto.

Il primo giorno di mare rischiai quasi di affogare, mi salvarono due occhi dorati e una lingua arguta.

Quando riaprii gli occhi mi ritrovai davanti un ragazzo che mi guardava intensamente. Non era preoccupato per me, sembrava quasi mi stesse rimproverando. La fronte corrucciata, la bocca serrata. Lo trovai strano e buffo. Ero quasi morta e lui era arrabbiato.

«Grazie» accennai, con il sapore dell'acqua salata in bocca.

«Se non sai nuotare, dovresti evitare di spingerti a largo» accennò, serio.

«Io so nuotare!» esclamai schietta.

«Non mi sembra...» rispose compiaciuto.

I raggi del sole filtravano ai bordi del suo corpo, i capelli biondi e gli occhi gialli lo rendevano particolarmente bello. Era bello, da mozzare il fiato. Per qualche istante pensai che sarebbe potuto essere un angelo.

«Hai perso la lingua?» mi domandò.

«Sei proprio antipatico!»

«Questo è il ringraziamento per averti soccorsa?» mi fece l'occhiolino.

«Sei sempre così presuntuoso?»

«No, solo con le ragazzine che non conosco!» rispose ridendo.

Mio Dio. Aveva un sorriso fantastico. Mentre vibrava nel ridere, mi resi conto che era seduto a cavalcioni sopra di me. Si teneva a pochi millimetri di distanza dal mio corpo, perché era appoggiato con le mani sulla sabbia, ai lati delle mie spalle. La nostra pelle non si toccava, eppure ero in grado di sentire il suo calore. Il cuore iniziò ad accelerare impazzito.

Ero fregata.

«Comunque io sono Davide...» aggiunse.

Quell'estate mi innamorai per la prima volta. Un mese intenso, vissuto appieno tra alti e bassi. Davide non ero proprio quello che si può definire il bravo ragazzo. Aveva ventidue anni e viveva da solo da quando ne aveva sedici. Era orfano di madre ed il padre era un alcolizzato che non si tratteneva dal picchiarlo. Così era fuggito di casa appena aveva potuto e quell'estate si ritrovò a lavorare come cameriere in un Hotel poco distante.

Mi aveva raccontato le sue avventure in giro per l'Europa. Era stato in Germania, in Francia, in Irlanda e in tanti altri posti.

Era libero, come il vento.

Fu difficile lasciarlo. Ricordo ancora la sensazione di soffocare che mi svegliò nel sonno l'ultima notte prima di partire. La mattina dopo corsi in spiaggia per salutare un ultima volta quegli occhi dorati, ma non c'era traccia di Lui. Piansi per tutto il tragitto di ritorno. Non mi aveva mai detto dove abitava, conoscevo solo il suo nome, non avevo neanche una sua foto.

Serena mi consolò e mi rassicurò che con il tempo l'avrei dimenticato e sarebbe rimasto solo un bel ricordo.

Partii per l'Inghilterra e proprio quando iniziò ad essere un ricordo, scoprii di essere incinta.

Rinunciai alla borsa di studio e tornai a casa. Per quanto quel bambino fosse stato un imprevisto, non avrei rinunciato per nulla al mondo ad avere il frutto di quell'amore.

L'estate dopo tornai su quella stessa spiaggia, ma fu inutile. Non rividi mai più Davide.

La prima volta che vidi il figlio di Giorgio, fu come un tuffo nel passato. Daniel gli assomigliava così tanto, aveva negli occhi la stessa strafottenza che aveva il padre di mia figlia quando lo conobbi.

Gli avevo permesso di entrare nella vita di Luna, pensando che sarebbe stato diverso.

Ma la storia si ripete, non è forse così?



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